Qui si parla di Lazzari e di epuloni, ossia, di noi
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Epuloni e lazzari oggi
La parabola del ricco e di Lazzaro fu raccontata da Gesù “per i farisei che amavano il denaro … e si beffavano di lui” (Lc 16,14). Ma non ci sarà un messaggio anche per noi oggi?
Cominciamo mettendoci al nostro posto. Per esempio, noi siamo il ricco o Lazzaro?
Chi di noi non ha un vestito decente da mettere addosso tutti i giorni? Può non essere porpora e lino, ma è sufficiente per le finalità richieste a un vestito. Vogliamo fare una visita al nostro guardaroba?
Chi di noi non ha in dispensa il necessario per mangiare tre volte al giorno e il denaro per il supermercato? Se non facciamo splendidi banchetti non sarà per evitare il colesterolo o la glicemia? Vogliamo fare una visita al nostro frigorifero?
E Lazzaro? C’è qualche Lazzaro in mezzo a noi? “Qualche” Lazzaro? L’epulone della parabola fu condannato perché ‘non vide’ il mendicante alla sua porta. O, se lo vide, non gli diede attenzione, mise un abisso in mezzo…
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La forbice tra ricchi e poveri è sempre più ampia.
Il divario tra ricchi e poveri nel mondo, già enorme, è in aumento. Pochissime persone possiedono tantissimo, mentre tantissime altre non hanno quasi nulla o proprio nulla.
È tempo di riconoscere l’intrinseca violenza di un sistema che produce enormi distanze sociali, dividendo il mondo tra pochi ricchi sempre più ricchi e tanti poveri sempre più poveri.
L’istruzione, la sanità e altri servizi pubblici essenziali di qualità sono diventati un lusso che solo i più ricchi possono permettersi.
Prima che sia troppo tardi, chiudiamo l’abisso.
È inevitabile la scusa: “Io non posso farci nulla. Il problema è più grande di me”.
L'incapacità di ognuno di risolvere i problemi del mondo non può essere una scusa per non fare nulla. “Se non puoi dar da mangiare a un centinaio di persone, dallo almeno ad una”. (Madre Teresa)
Tu che stai leggendo queste righe, non potresti offrire il pranzo ad una persona che non ha da mangiare, oggi? O pagare il supermercato ad una famiglia di disoccupati? O tassarti per mandare una offerta alla Caritas o a qualche entità beneficente che fa mediazione tra noi e il terzo mondo? Ce ne sono molte. Non ricorrere alla scusa di chi non vuole fare nulla: “Non mi fido!”
Chi pensa che nessuno di noi abbia nessun obbligo nei confronti dei poveri della Terra ragiona così:
«Che garanzie ho che quello che darò non finisca nelle mani delle persone sbagliate? Di politici corrotti per esempio?».
Attualmente ci sono grandi organizzazioni assolutamente affidabili in grado di assicurare che i nostri soldi arrivino davvero a chi ne ha più bisogno.
In ogni caso, sempre puoi fare la tua carità direttamente a chi sai che ha bisogno (un vicino, un parente…) In questo caso fai la tua elemosina sorridendo, guardando negli occhi e stringendo la mano. Il povero ha bisogno sì del tuo denaro, ma ancor più della tua amicizia.
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Fallo sapere ai fratelli
Il ricco ha un momento di sensibilità (solo verso i familiari, purtroppo!): Avvisare i fratelli!
Viviamo in una società che sta diventando cattiva. Si vorrebbe scoraggiare la solidarietà verso i poveri, demonizzando l’elemosina e squalificando le persone di buon cuore. In ogni caso, aiutare persone o famiglie bisognose o sostenere iniziative nobili sarà sempre un fatto meritorio.
E questo va ricordato ed elogiato con estrema chiarezza. Sarebbe il colmo del cinismo se si cercasse di convincere i poveri a sopportare pazientemente la loro povertà perché Dio li ripagherebbe abbondantemente nell'altra vita.
Vale ricordare la tradizione della Chiesa:
Tommaso D’Aquino: «Quello che un uomo ha in più appartiene per diritto naturale a chi è povero per il suo sostentamento, il pane che avanza è di chi ha fame e i vestiti in più sono di chi non ha da coprirsi».
«Se ciascuno si accontentasse del necessario e donasse ai poveri il superfluo, non vi sarebbero né ricchi né poveri.» (S. Basilio Magno)
«All’affamato spetta il pane che si spreca nella tua casa. Allo scalzo spettano le scarpe che ammuffiscono sotto il tuo letto. Al nudo spettano le vesti che sono nel tuo armadio. Al misero spetta il denaro che si svaluta nelle tue casseforti. E le opere di carità che voi non compite, sono altrettante ingiustizie che voi commettete!» (S. Giovanni Crisostomo)
«Ma se possiamo aiutare anche solo un bambino a vivere una vita normale rinunciando a un vestito o a cambiare un paio di scarpe, perché non farlo?». (Richard Horton)
Quel poco — o tanto — che si è fatto finora ha dato grandi risultati (La mortalità infantile dal 1990 a oggi si è dimezzata).
«Ma perché dovrei essere proprio io con tutta la gente che c’è al mondo a occuparmi dei bambini che muoiono?»
La televisione ci mostra immagini di uomini, donne, bambini scheletrici, con il corpo pieno di piaghe, coperti di mosche… Quelle foto ci fanno ribrezzo. Eppure sono di persone come noi, che esistono in questo momento, in questo nostro mondo…
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Non aspettare i miracoli
Finché ci saranno nel mondo dei Lazzari, nessun “epulone” potrà lecitamente mangiare lautamente e vestirsi splendidamente.
Più di un miliardo di seguaci di Gesù permettono che ogni giorno migliaia di bambini muoiano nelle numerose forme di miseria che sarebbero facilmente eliminabili.
E non è per mancanza di miracoli… Quando Gesù risuscitò Lazzaro di Betania (Gv 12,10-11) mostrò il miracolo, ma non per questo i giudei credettero in lui.
Se tutti facessero tutto quello che possono fare, di fame, malaria e Aids nei Paesi poveri non morirebbe più nessuno. Questo è il miracolo che il mondo si aspetta dai cristiani.
Savio Corinaldesi
L’animale
Ieri ho visto un animale Accanto ai cassettoni nel cortile Cercando cibo tra i rifiuti. Quando trovava qualcosa, non esaminava, non annusava, ingoiava con voracità. L’animale non era un cane, non era un gatto, non era un ratto. L’animale, mio Dio, era un uomo. (Manuel Bandeira)
L‘animale
Ieri ho visto un uomo in un’auto di lusso Con i finestrini chiusi per non essere disturbato Dal bambino che, al semaforo, gli chiedeva qualche spicciolo.
Nel ristorante bevve e mangiò quanto di meglio c’era a disposizione E pagò con la carta di credito, affrettandosi per non ascoltare la donna con un bambino in braccio che gli chiedeva l’elemosina.
In casa, con meno della metà di quello che aveva speso al ristorante, pagò un mese di stipendio della domestica, poi dormì un sonno tranquillo.
Quello non è un uomo, mio Dio, Quello è un animale. (Autore sconosciuto)