L'Amazzonia è stata nelle ultime settimane e starà nelle prossime, sulle prime pagine dei giornali. Nella memoria del mio computer ho scoperto un testo di 20 anni fa che può essere riletto con interesse anche oggi...
Durante un dibattito in una università degli Stati Uniti nel novembre dell’anno 2000, uno studente chiese all’ex governatore del Distretto Federale, Cristovam Buarque, cosa ne pensasse della internazionalizazione dell’Amazzonia. Il ragazzo introdusse la sua domanda dicendo che si attendeva la risposta di un umanista e non di un brasiliano.
Cristovam Buarque rispose:
"Certo, come brasiliano parlerei contro l’internazionalizzazione dell’Amazzonia. È vero che i nostri governi non hanno curato con la dovuta attenzione questo patrimonio, ma è pur sempre vero che esso appartiene a noi.
Come umanista, avvertendo il rischio del degrado ambientale che corre l’Amazzonia, posso immaginare la sua internazionalizzazione, come posso immaginare l’internazionalizzazione di tutto ciò che è della massima importanza per l’umanità.
Se l’Amazzonia, dal punto di vista di un’etica umanista, deve essere internazionalizzata, internazionalizziamo pure le riserve di petrolio in tutto il mondo. Il petrolio è importante per l’umanità tanto quanto l’Amazzonia per il nostro futuro. Ciononostante, i padroni di queste riserve credono di avere il diritto di aumentare o diminuire l’estrazione del greggio e di aumentarne e abbassarne i prezzi.
Allo stesso modo dovrebbe essere internazionalizzato il capitale finanziario dei paesi ricchi. Se l’Amazzonia è una risorsa per tutta l’umanità, non la si dovrebbe bruciare solo per la volontà di uno o due padroni del mondo.
Bruciare l’Amazzonia è grave tanto quanto la disoccupazione provocata da coloro che speculano sulla globalizzazione. Non possiamo permettere che le riserve finanziarie servano per bruciare paesi interi per i capricci della speculazione.
Così, prima ancora che l’Amazzonia, mi piacerebbe vedere internazionalizzati tutti i grandi musei del mondo. Il Louvre non può essere proprietà solo della Francia. Ogni museo del mondo custodisce le cose più belle prodotte dall’ingegno umano. Non si può permettere che questo patrimonio culturale, come il patrimonio naturale dell’Amazzonia, sia manipolato o distrutto solo per il piacere di un padrone o di un paese.
Poco tempo fa, un ricco giapponese decise di far seppellire con il suo corpo, un quadro di un grande autore. Il quadro invece, avrebbe dovuto essere internazionalizzato.
In questi giorni le Nazioni Unite stanno organizzando il Forum del Millennio, ma i presidenti di alcuni paesi incontrarono gravi difficoltà per parteciparvi, a motivo di ostacoli incontrati alla frontiera degli Stati Uniti. Nuova York, sede delle Nazioni Unite, dovrebbe per questo essere internazionalizzata. Almeno Manhattan dovrebbe appartenere a tutta l’umanità.
Così Parigi, Venezia, Roma, Londra, Rio de Janeiro, Brasilia… Ogni città, con le sue bellezze specifiche e la propria storia, dovrebbe appartenere a tutto il mondo.
Se gli Stati Uniti vogliono internazionalizzare l’Amazzonia per non correre il rischio di abbandonarla in mano ai brasiliani, internazionalizziamo pure tutti i suoi arsenali nucleari. Basti pensare al fatto che gli Stati Uniti hanno dimostrato di esser capaci di usare queste armi, provocando distruzioni mille volte superiori rispetto ai deplorevoli incendi nei boschi brasiliani.
Nei loro discorsi, gli attuali candidati alla Presidenza degli Stati Uniti hanno promosso l’idea di internazionalizzare le riserve forestali del mondo in cambio del condono dei debiti. Cominciamo a usare questo condono per fare in modo che ogni bambino nel mondo abbia la possibilità di mangiare e di studiare.
Internazionalizziamo i bambini trattandoli, indipendentemente dal paese in cui sono nati, come un Patrimonio che merita l’interesse di tutto il mondo. Molto più di quanto lo meriti l’Amazzonia. Quando i governanti cominceranno a trattare i bambini poveri del mondo come Patrimonio dell’Umanità, quando non permetteranno che lavorino invece di studiare, che muoiano invece di vivere, come umanista difenderò l’internazionalizzazione del mondo; mafinché il mondo mi tratta da brasiliano, lotterò perché l’Amazzonia sia nostra e solo nostra!”