Est della RD Congo: diecimila morti d’ipocrisia
Il massacro di sette persone a Maboya, vicino a Beni e Butembo, il 20 ottobre 2022, è stato solo l’ennesimo di una serie iniziata nel 2014 e che ha colpito le province del Nord Kivu e dell’Ituri, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Cosa sta succedendo in questa regione verdeggiante, ricca di acqua, foreste e minerali? Don Aurélien Kambale Rukwata, Direttore della Commissione diocesana Giustizia e Pace della diocesi di Butembo-Beni, ha risposto con franchezza alle nostre domande. (25.10.2022)
Cos’è successo il 20 ottobre 2022 a Maboya?
Nella notte tra il 19 e il 20 ottobre 2022, più precisamente tra l’una di notte e le cinque del mattino, dei presunti ribelli ADF-Nalu sono entrati nel villaggio di Maboya, situato sulla strada Butembo-Beni, a 25 km da queste due grandi città.
Entrando nell’agglomerato, hanno iniziato a saccheggiare e vandalizzare le persone. Hanno preso sotto controllo la piccola stazione di polizia che si trova in questo villaggio, hanno incendiato le piccole farmacie, perché apparentemente avevano bisogno di medicine, quindi si sono diretti al Centro sanitario di riferimento di Maboya, una struttura sanitaria appartenente all’Ufficio diocesano delle opere sanitarie (BDOM) e diretta dalle Piccole Sorelle della Presentazione di Maria al Tempio (PSP in acronimo), una congregazione diocesana.
Arrivati lì, hanno incendiato il Centro sanitario, saccheggiato la farmacia e sparato alla suora medico responsabile di questo Centro, che si stava preparando a operare una donna di taglio cesareo. La suora è stata uccisa, e bruciata nell’incendio dell’ospedale: di lei abbiamo trovato solo ossa carbonizzate. Altre sei persone sono rimaste uccise, il che porta a sette il numero degli uccisi durante quest’incursione delle ADF. Delle costruzioni dell’ospedale sono state completamente bruciate, oltre a dei negozi. I banditi si sono poi ritirati nella boscaglia senza alcuna controffensiva da parte delle forze di polizia e dell’esercito.
Qual è la situazione securitaria nella vostra diocesi di Béni-Butembo e in tutta la Provincia del Nord-Kivu?
Questo massacro riflette quanto sta accadendo nella nostra diocesi di Butembo-Beni dall’ottobre 2014 fino ad oggi: le ADF attaccano e uccidono le popolazioni, bruciando le loro case, i mezzi di trasporto sulle strade e anche le merci. Questa situazione ha causato ad oggi più di diecimila morti nella regione e nella nostra diocesi, senza che si sia ancora trovata una soluzione.
Da dove viene tutto questo terrore?
Non è un conflitto tribale: non c’è nessuna comunità che combatte contro un’altra. Si tratta piuttosto di un gruppo terroristico chiamato ADF (Alleanza delle Forze Democratiche), unito al Nalu (Esercito Nazionale per la Liberazione dell’Uganda), che attacca popolazioni pacifiche per ucciderle. Non è un movimento congolese: viene dall’Uganda e ha trovato rifugio in territorio congolese, per cercar di riconquistare il potere che ha perso nel suo Paese.
Perché si comportino così, non lo sappiamo. Potrebbero essere alla ricerca di terre, perché di fatto i loro atti terroristici stanno allontanando le persone dalle loro terre: la gente non ha più accesso ai propri campi, quando la loro attività principale è l’agricoltura e l’allevamento, prima ancora che il commercio. Fuggendo queste atrocità, le popolazioni abbandonano il loro villaggio, i loro campi, e vengono a rifugiarsi in contesti che considerano più sicuri: i grandi agglomerati, come le città di Oicha, di Beni e Butembo.
Si parla di radici complesse di questa situazione…
Le sue radici sono complesse, perché questo movimento si è alleato anche con altri gruppi armati locali, per interessi che partecipano a quella che viene chiamata la «dinamica del conflitto nella foresta».