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I Missionari Saveriani e il recupero del convento

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Durante le vacanze scolastiche dell' estate 1957 il Seminario trasloca a miglior vita nel nuovo edificio di Mompiano. Il fatiscente convento venduto ai Missionari Saveriani viene subito preso in consegna insieme alla chiesa, concessa in "uso perpetuo", sempre restando la proprietà del Seminario.

Gli ultimi due sacerdoti ordinati in San Cristo il 3 marzo 1957 sono il futuro cardinale Giovanni Battista Re e mons. Serafino Corti. Designato il primo come vice-rettore del seminario di Botticino Sera, mons. Serafino resta vice-rettore di San Cristo e in tale qualità accoglie il nuovo rettore saveriano p. Tiberio Munari con il quale procede alla spartizione dei beni mobili.

La nuova casa missionaria accoglie in un primo momento la comunità dei fratelli coadiutori, l' anno seguente diventa Scuola apostolica con tre classi medie, più una preparatoria. Già nel maggio 1958 appaiono liberate dai muri le colonne del chiostro di entrata e quelle della loggetta al primo piano.

Scrive allora p. Tiberio Munari : "…vorrei farle vedere il chiostro accanto alla chiesa con le sue belle colonnine scoperte e in parte ricollocate…". Si parla anche di restauro dell' Ultima cena del Romanino nel refettorio con gli affreschi laterali dei profeti dello stesso e di due crocifissioni.

Nel 1962 si accenna agli affreschi dell'abside ai lati del crocifisso come pure al "Cristo nell'orto" nel chiostro vicino alla porta della sacrestia.

Del novembre 1974 è il restauro degli affreschi della contro facciata della chiesa e delle tre lunette del vestibolo antistante il refettorio per opera di Giuseppe Simoni e Ottemi della Rotta.

Il 14-10-1977 la scuola ENAIP di Botticino esegue i restauri dell' arco trionfale e gli archi del Martirio di S. Vincenzo e di S. Barbara alla parete sinistra.

Nel 1979 il restauratore Pier Paolo Cristiani di Verona ripulisce la Discesa della manna nel presbiterio e due anni dopo gli affreschi del portale, l' Annunciazione del Moretto e l' Adorazione dell' Eucaristia del Caylina.

Dal 1984 al 1986 è il turno degli affreschi della volta coi dodici Apostoli della volta per opera del restauratore Romeo Seccamani. Successivamente si passa nei chiostri, al consolidamento della facciata, al rifacimento dell'abside, alla revisione strutturale delle cappelle laterali e del vicino campanile.

Lo stesso Seccamani interverrà sulla parete sinistra con lo scoprimento della terza lunetta raffigurante S. Gerolamo a altri santi e nella successiva del Martirio di S. Margherita durante gli anni 1994-'95, lavori sovvenzionati dal Lions club femminile Capitolium che organizza regolarmente mostre dei fiori a metà maggio per la raccolta di fondi.

Anche il pavimento ottiene la sistemazione definitiva dell' impianto di riscaldamento e copertura in cotto (settembre 1997).

Il chiostrino di entrata si presenta nella struttura delle dodici colonne di stile tuscanico disposte su tre lati: con ogni probabilità è stato aggiunto dai Francescani nel '600. A nord è un'alta parete che termina nella gradevole loggetta dalle travi a vista, risalenti all' epoca della costruzione del convento, come pure le tavelle.

Sulla destra un portale incorniciato da pietre di lavorazione longobarda introduce al chiostro della chiesa, mentre a sinistra è la statua di S. Giuseppe, prima al centro del terzo chiostro quello della Regola). L 'impluvio acciottolato è rallegrato da una fontana a due piani terminante in un putto cui fanno corona tre alte palme.

Il portico sud del chiostrino svolge la funzione di passo carraio verso il vasto cortile-parcheggio interno. Questo spazio, cosi prezioso nel centro storico della città, è il risultato dalla demolizione di strutture aggiunte nell' Ottocento dal Seminario, di scarso valore architettonico e trovate in stato deplorevole, tali da portare alla decisione di una ipotetica demolizione per una costruzione nuova.

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Era qui nel 1800 un ulteriore chiostro asimmetrico ad uso del SEMINARIO sempre a corto di spazio. Chiamarlo chiostro non rende onore alla verità: si trattava invero di una corte rustica attorno alla quale stavano porticati con accesso ad ambienti scolastici e uffici. Più oltre verso la collina erano le cucine e lavanderie e altri servizi confinanti con l' orto e la bassa corte; la portineria attuale si allungava fino all' estremo confine sud, occupata da aule.

Si trattava dunque di una aggiunta in materiale povero, non paragonabile alla bianca pietra di Botticino dei chiostri regolari e ben disegnati del Cinquecento. Le mappe ottocentesche mostrano ancora la planimetria di questi allargamenti, ma solo le foto rendono conto della scarsa qualità architettonica, della povertà e del degrado del laterizio. La loro demolizione si era resa necessaria e urgente per risanare la casa e dare luce e accessibilità alla parte migliore interna del complesso. A tale scopo erano stati incaricati dalla Diocesi l' ing. Antonio Lechi e l' architetto Montini in vista di un seminario rinnovato. Questi stesero un progetto di massima che fu poi accantonato in seguito alla decisione di trasfersi a Mompiano.

Con la vendita del 1957 gli stessi tecnici vengono jncaricati dai Missionari Saveriani per condurre in porto l' operazione, ripartendo dagli antichi progetti.

Al presente il cortile dà a sud sul panorama della città, ad est è occupato dalla attuale portineria (indicata in antico come distilleria dell'acquavite), a nord è limitato dalla "manica lunga" del convento e ad ovest si apre verso la collina della Madonna in continuità con l'edificio moderno addossato all'ortaglia con il castello.


  Il chiostro della chiesa mostra sui tre lati del piano superiore le colonnine ormai liberate dai muri che avevano ospitato le camere dei professori e la infermeria; il quarto lato a ovest è senza loggiato e mostra le finestre delle "stanze dei Superiori" dentro la cornice di archi dipinti. Il piano inferiore presenta il giro completo delle colonne di marmo botticino con capitelli a foglie grasse che sostengono archi a tutto sesto.

Il restauro delle volte nella zona norda ha rivelato una gradita e singolare sorpresa sopra la porta murata recante il bassorilievo del Volto di Cristo. Dopo la descialbatura la crociera ha mostrato le linee di una rara MERIDIANA di tipo catottrico, ora funzionante in seguito al restauro pittorico e la ricollocazione della barra e relativo specchietto (2001). Mostra le ore del giorno, le linee dei mesi con i segni dello zodiaco e i cartigli in latino inneggianti al sole e alla luna. In Italia essa ha un unico riscontro in quella del monastero dell'Annunziata di Piancogno, e a Roma in quelle di palazzo Spada e della chiesa di Trinità dei Monti.
 

Catottrico un termine dal greco Katoptriko = dello specchio che nella Fisica Ottica sta per sistemi che utilizzano superfici riflettenti. Pertanto per meridiana catottrica si intende quel orologio solare che non si serve di un gnomone o barra , ma della riflessione solare su una superficie per mezzo di uno specchio, uno strumento arcaico di difficile esecuzione ma d' incantevole suggestione.

Questo esemplare con quello del convento dell' Annunziata di Piancogno è opera di fra' Domenico francescano operante verso la metà del Settecento. Il manufatto è stato liberato e restaurato nella parte pittorica con l' intervento della OIKIA di Silvano Ventura e il sostegno dell' AIS Associazione Italiana Sommeliers e Banco di Brescia nel 2001, risultando un' opera di magnifica fattura e ricca di informazione nel campo della gnomonica.

Il disegno riportato allo splendore iniziale presenta le indicazioni delle Ore Italiche di colore grigio calcolate da 1 a 24 come negli orologi antichi (ad es. quello di piazza della Loggia). A queste furono aggiunte in epoca napoleonica quelle Francesi di colore rosso calcolate da 1 a 12, in uso con i nostri orologi.

Da notare che sul meridiano di Brescia alle ore 12, la linea rossa non passa sul centro della crocera come di dovere ma  lievemente a sinistra, a causa del leggero errore di disassamento all'origine della fondazione del chiostro.

Le linee delle ore si intersecano con quelle dei MESI. Il primo vicino al filo dell' arco esterno è 21 giugno (solstizio estivo), l' ultimo è 21 dicembre (solstizio invernale) visibile verso la parete. Tra questi estremi si pongono gli altri mesi con i relativi simboli zodiacali. Non sono indicati i tempi intermedi come le mezze ore o i quarto d' ora, ma possono essere calcalcolati a occhio: certamente non abbiamo la precisione dei nostri orologi, oggi anche al quarzo, resta però il fascino della luce che si sposta dando il senso del tempo che passa.Le linee dei mesi sono sei perché è prevista l'"andata e il ritorno".

cartigli delle città stanno sulla linea di fondo, quella che segna il 21 dicembre. Sulla linea mediana le ore 12 corrispondono al cartiglio di Brescia, da qui si dipartono a est e ovest le altre località come Isole Canarie tra cui l' Isola del Ferro, Gerusalemme, La Mecca, Lisbona, Indie Orientali ecc… è quindi possibile sapere l' ora della Mecca o di Mosca ecc…. quando a Brescia sono le 12 o viceversa.

L' abilità del francescano si dimostra nel calcolo della posizione dello specchietto la cui luce riflettente deve seguire il tracciato delle ore e dei mesi sulla superficie concava delle quattro vele della volta. Notevole infine l' interesse del frate per località non "cattoliche", come la Mecca, ciò che depone a favore del suo universalismo.

Una vicina placca spiega il significato delle varie linee colorate, della quali a noi interessano quelle in rosso aggiunte dopo la rivoluzione francese e sempre in vigore.

Nello spazio libero sottostante flottano tre cartigli con scritte in latino inneggianti alla luce solare. Quello di centro recita:   Per diem sol non uret te neque luna per noctem.

( di giorno il sole non ti brucia, tanto meno la luna di notte, dal salmo 120) - Gli altri due dicono - Reddo coelestia coelo - (restituisco al cielo le cose del cielo = ciò che gli appartiene) - e infine - Lux ea horologi comparat - (la luce solare si accompagna alle ore dell' orologio = le ore solari corrispondono a quelle dell' orologio).

In un ambiente religioso la meridiana si presta ad una lettura mistica o spirituale. Il soffitto della volta rappresenta la contemplazione del Cielo, dove si riflette la luce del sole che è l' Amore di Dio incarnato in Gesù  Sole Invitto che vince le tenebre del male. Egli ci guida verso la luce piena ogni ora della giornata.

Il restauro è stato eseguito dall' ing. Giacomo Agnelli di Brescia, che ha proceduto a recuperare la complessa operazione del frate francescano  riposizionando la barra e lo specchietto. L'opera però dava segni di imprecisione che l'ingegnere non ebbe il tempo di correggere a causa di decesso sopravvenuto.

Il lavoro è stato riveduto e corretto dall'ing. Bigi Simone e dal progettista elettronico Gussago Alberto nel 2013, quando si avvidero che la causa della imprecisone stava nella barra con lo specchio messa troppo in basso in coincidenza con il tirante. Quando si provvide ad innalzarla secondo calcoli le cose andarono a posto, confortati in questo da una vecchia foto anteriore al restauro visibile nel chiostrino d'entrata o della fontana, dove si mostra la barra nella posizione esatta.

La ricerca storica e la documentazione, portate avanti dal tecnico elettronico Gussago Alberto con la guida turistica Lanfredi Mariagrazia, approda alla scoperta  in quel di Lombardia dell' ormai sicuro esecutore delle due meridiane bresciane, il frate minore riformato Joseph Maria Tosetti, secondo quanto apparso sul quotidiano BRESCIA OGGI in un articolo del 4 agosto 2015. Da documenti d'archivio risulta che il Tosetti è nato nel 1699 a Castagnola di Lugano col nome di Francesco Antonio e deceduto nel 1781 nel convento di santa Maria della Pace di Alzano Lombardo. Dalle cronache del tempo veniamo a sapere che tale era la sua bravura da essere chiamato in tutti i conventi riformati della provincia di Brescia e di Bergamo, dove tra l'altro avrebbe lasciato almeno altre cinque meridiane catottriche tra le conosciute, al momento non visibili. Molto eloquente il necroclogio conservato nell' archivio del  convento provinciale dell'Ordine di Milano: "fino a tarda età infaticabile artefice e inventore di orologi solari in quasi tutti i conventi della provincia", provincia ecclesiastica allora comprensiva di Brescia e Bergamo. C' è da pensare che il numero delle meridiane da lui eseguite fosse molto di più delle sette qui citate, tenuto conto del suo impegno accanito.

In basso a destra sul muretto dell' intercolumnio sono sistemate alcune lastre tombali; una in particolare merita attenzione per i versi celebrativi della virtù della defunta:


MORTE NITENT MORES
CUPIS ERGO CANDIDUS ESSE
A BLANCA MORA DISCE
NITORE MORI

vale a dire "Con la morte rifulgono le virtù - desidera dunque essere senza macchia - impara dalla Bianca Mora - e muori nello purezza", intendendo per Bianca la defunta sposata in Mora. A partire da questo contrasto Bianca e Mora (nel senso morale) viene fatto invito a prendere l' esempio dalla morta per impegnarsi a vivere con onestà e morire con la coscienza pulita.

Potrebbe riferirsi alla nobile Bianca Martinengo del ramo Villagana vissuta nell' Ottocento, molto sensibile al problema della povertà. Di comune accordo con la sorella Caterina fece donazioni alla Casa di Dio, all' orfanotrofio femminile e all' ospedale. La lapide di S. Cristo la ricorderebbe come benefattrice di aiuti ai chierici poveri del Seminario di S. Cristo.

   Attorno alla porta della sacrestia una Ultima cena di fra' Benedetto ricopre un affresco quattrocentesco e si pone angolare con il Gesù nell'orto, notevole per la presenza di un bellissimo angelo che mostra i segni della passione a Gesù nell' 0rto degli Ulivi.


Il terzo chiostro si raggiungeva in passato per un androne che costituisce ora la sacrestia della cappella interna. In questo ambiente le pareti nascondono affreschi (un Gesù deriso e una possibile Visita di Maria a S.Elisabetta) che attendono di essere riportati alla luce attorno al portale marmoreo recante la scritta ORATORIUM S. HIERONYMI, ancora una dedica al santo eremita traduttore della Vulgata latina e patrono di questi religiosi detti anche Chierici di S. Gerolamo.

La cappella ha il soffitto voltato, in passato decorato a girali, rami e frutta di scarso interesse artistico quindi non restaurati: è il luogo di preghiera della comunità religiosa saveriana. Una grandiosa tavola-icona a fondo oro, ingrandimento della Trinità di Rublev opera di Noli don Luigi, fa da sfondo a un altare in legno a motivi lavorati a candelabre firmato Poisa 1970. Allo angolo destro è l' artistico tabernacolo in ferro battuto, una sfera tra i rami di olivo, opera del saveriano P. Antonio Fogliani. Dall' altra parte una statua lignea della Madonna firmata Ferdinando Perathoner - Ortisei.

Ora si accede al terzo chiostro dal cortile in funzione parcheggio per un androne affrescato dal Marone sul tema della Manna, le Nozze degli invitati a nozze e il Sacrificio di Isacco. Subito a sinistra un portale introduce al Refettorio del Convento, attualmente Sala di Conferenze della capacità di 100 posti a sedere con possibilità di proiezione. E' un vasto ambiente dal soffitto a vele, illustrato sulla parete di fondo da un affresco raffigurante la pregevole Ultima Cena del Romanino fissata nel momento in cui Gesù dice agli Apostoli: "Uno di voi mi tradirà" con il smarrimento che ne consegue e l' agitazione dei presenti raggruppati a tre secondo lo schema classico di Leonardo, del resto qui non fedelmente rispettato. Dello stesso Romanino sono i profeti negli archi laterali irrimediabilmente rovinati dalle muffe; chiude sul fondo una Deposizione tra due donatori (opera del Ferramola? ) sopra un lavabo in pietra locale e dentro la parete di sinistra la scaletta in cotto che porta al pulpito della lettura spirituale.

Passando al contiguo chiostro si resta coinvolti dal ritmo degli archi a ferro di cavallo sostenuti dalle colonne a capitelli di foglie grasse. Non si conosce il nome del progettista di questo e del precedente claustro, ma si può ritenere della cerchia di Bernardino da Martinengo, impresario operante dal 1480 al 1490 nel convento del Carmine, una fabbrica enorme che ha già visto presentare analogie con il S. Cristo a proposito del portale.

Il lato meridionale presenta da una parte una Crocifissione di grande equilibrio e fattura che ricorda nella composizione quella della chiesa di S. Giovanni Battista in Edolo databile 1542, per cui potrebbe essere di Paolo da Caylina il Giovane. Purtroppo l' affresco è deteriorato, in passato malamente ritoccato, il restauro in corso marzo 2016 potrebbe riservare sorprese. Dall' altra parte sull'arco di una porta è l'affresco strappato, ormai illeggibile, detto della Regola, da cui questo chiostro prende nome: esso fa intravedere la figura del papa in trono che porge il libro delle Costituzioni al gesuata inginocchiato, e con l'altra mano indica il locale di sotto come per dire: " O la Regola, o la prigione". In effetti la struttura penitenziale è tuttora presente, indicata dalla finestrella con grata accecata e diventata ora luogo di passaggio. Nelle vicinanze due pietre di epoca longobarda o carolingia, di cui una è un frammento del nodo barbarico o gordiano, sono state murate nella parete.

Il lato nord con le grandi vetrate è occupato dalla Libreria dei Popoli ora chiusa al pubblico.

Questa parete conserva ancora dentro il muro i resti del convento preesistente di S. PIETRO IN RIPA, sono i pilastri ottogonali in cotto di epoca comunale.

Dicono le fonti bresciane del tempo che l' 8 giugno del 1172, Galdino arcivescovo di Milano e il cardinal Oddone, legato pontificio, avvertivano di aver saputo da fonti sicure " veridicorum relatione "che la Chiesa di S. Pietro Minore a Brescia, nel luogo detto Ripa, a causa di eretici che vi abitavano, dal vescovo Manfredo bone memorie, "divino fuisse omnino privatam officio et habitatione clericorum penitus destitutam", che fu privata della celebrazione dei sacramenti e decaduta da casa religiosa. Sembra di capire che il vescovo dovette lanciare l'interdetto contro i religiosi accusati di eresia.

Se Arnaldo da Brescia era canonico regolare agostiniano e abate in San Pietro in Ripa nel 1132 - come infatti dice Giovanni di Salisbury nel suo latino "habitu canonicus regularis…fuerat abbas apud Brixiam" - si deve pensare alla sua permanenza in questo luogo, dal quale è stato allontanato in seguito alla condanna di Manfredo.

Di conseguenza la comunità agostiniana fu smembrata e nel 1178 il monastero venne posto sotto la diretta protezione della S. Sede col censo di 6 denari milanesi. Dicono le cronache che la canonica di S. Pietro in Ripa fu affidata a una "priorissa" delle Canonichesse di S. Agostino, assistite religiosamente dai canonici del vicino S. Pietro in Oliveto o da altri sacerdoti "cattolici". Si pensava che le religiose avrebbero dato meno problemi.

Ancora nel 1172 però il vescovo Raimondo riconsacra San Pietro in Ripa perché contaminato in precedenza da alcuni catari. Non conosciamo la estensione di questa struttura claustrale. Nel '500 si parla di una cappella di S. Pietro in Ripa nel colle soprastante, ma viene detto che la chiesa era diventata "vacante, semidistrutta, rovinata" per cui verrà ricordata con una santella. Il convento invece aveva sicuramente un piano superiore, come risulta dai pilastri in cotto ancora presenti al secondo piano della struttura attuale.

Il piano superiore del chiostro offre la successione completa delle colonnine: raddoppiate rispetto alle inferiori conferiscono leggerezza al chiostro. Durante il Seminario erano state tolte, mantenendo quelle del lato sud: sui tre lati liberi correva una terrazza ornata di grandi vasi. Si è voluto ripristinare l'aspetto originario delle colonnine utilizzando la pietra tenera dei Colli Berici, di più facile lavorazione, procurata dal missionario vicentino p. Martini Vittorino. Il risultato è di tutto rispetto: solo l'occhio informato si accorge della diversità. Le vetrate sono state aggiunte negli anni 1980.

In questo ambiente al riparo delle intemperie trovano posto tre affreschi strappati dalla vecchia scala del chiostro della chiesa: si tratta di un Crocifissione, e di altri due dello stesso soggetto Gesù alla colonna, caso non raro di affresco sovrapposto.

Il Cristo alla colonna più recente presenta caratteristiche simili al Cristo flagellato alla colonna della scomparsa chiesa di SS. Ippolito e Cassiano, opera di Paolo da Caylina il Giovane. La posizione del Cristo legato alla colonna presenta la stessa inclinazione come pure l' espressione del volto nella contrazione del dolore. Allo stesso autore si potrebbe attribuire la vicina Crocifissione che stava sulle pareti della scala da cui è stata strappata insieme agli altri due: un affresco molto deteriorato oggi difficilmente apprezzabile. Il Caylina potrebbe anche essersi ispirato al Martirio di S. Sebastiano del 1487 del Foppa sia nella impostazione dell' arco classico, che nella figura di  Cristo che ricalca lo schema del Sebastiano.

Il sottostante affresco picchettato si è rivelato di grande intensità: presenta un Cristo alla colonna dal corpo sommariamente disegnato in uno spazio indefinito, ma con volto ben curato nei lineamenti illuminati da occhi di toccante espressività e commozione, definito il Cristo delle lacrime. E' sorprendente l' analogia di questa pittura con il volto del Cristo risorto che domina l'arco santo della Cappella esterna della Chiesa del Carmine, detta anche "cappella parva" o del cimitero. "Dai manoscritti di G. B. Guarganti (secolo XVII) si ricava…la notizia (ivi ripetuta più volte) che la decorazione è opera di fra Giovanni Maria di Brescia, eseguita intorno al 1490; pertanto questi affreschi costituiscono saggio completo del suo stile…con aderenze ai moduli e alle predilezioni tonali - coloristiche di V. Foppa". (P. V. Begni Redona). Questo particolare degli occhi ben definiti, specchio dell' anima, si ritrova anche negli affreschi dello stesso pittore nella chiesa di S. Felice del Benaco, seconda cappella a sinistra Madonna in trono con S. Alberto e S. Angelo. Se la suddetta somiglianza regge, possiamo attribuire il nostro Cristo alla colonna a questo pittore dallo stile foppesco qualche volta confuso con il confratello fra Girolamo da Brescia, suo discepolo e autore della Pietà presente in chiesa.


    Davanti a questo Cristo alla colonna termina l' itinerario artistico-religioso iniziato ai piedi della scalinata della chiesa che porta questo nome. Si trova qui riassunta una larga parte della storia di Brescia nelle sue vicende artistiche, con pittori e artisti che vanno dal Quattrocento all' Ottocento. Il tempo ha fatto perdere e disperdere molte sue opere con corale rincrescimento, ma il desiderio di riportarla al suo primitivo splendore è stato vivo più che mai.

Grazie agli apporti di singoli, di gruppi come le signore del Capitolium, di banche come la Cariplo e la Banca San Paolo, del Comune, la Provincia e del contributo regionale Frisl, è stato possibile avviare un progetto di recupero totale e definitivo, affidato alla cure della Scuola Regionale di restauro ENAIP di Botticino, per cui si è potuto presentarla all'ammirazione dei fedeli in occasione dell'anniversario dei suoi cinquecento anni di Consacrazione, cioè nel 2001…! nella grande processione del Corpus Domini che, come si usava in passato, prendeva origine da questo luogo dedicato all' Eucaristia per raggiungere la Chiesa Cattedrale. Così dopo la celebrazione dei solenni Vespri della Festa il corteo ha preso il via accompagnato dagli stendardi delle associazioni seguendo l' itinerario di via dei Musei e via G. Mazzini fino al Duomo Nuovo nel rito presieduto dal vescovo Mons. Giulio Sanguineti.

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