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Il quotidiano Avvenire in data 18/10 ha riportato unl’inchiesta con Damien Boyer, regista francese del film  “Sacerdoce”, Sacerdozio. Da internet leggo l’apprezzamento che il film sta riportando nella Francia secolarizzata. “Sacerdoce”, insieme con “Die grosse stille” (Il grande silenzio) di Philip Groning e “Des hommes et des dieux” (Degli uomini e degli dei – distribuito in Italia con il titolo riduttivo: Uomini di Dio) di Xavier Beauvois, sono la testimonianza del richiamo che, in questa epoca super-secolarizzata, rimane vivo nel profondo del cuore dell’uomo europeo, al punto che si può riconoscere nel fenomeno della secolarizzazione l’attuarsi di un nuovo battesimo del cristianesimo tradizionale e delle sue chiese, in primis della chiesa cattolica da cui è tratta la trama dei tre film suddetti. Del battesimo è autore lo Spirito.

La secolarizzazione ha ridotto la partecipazione dei fedeli ai riti e alle precettate consuetudini della chiesa ma, nel mentre, dal fondo profondo del secolo ecco vibrare la voce di cui i suddetti film sono la eco. E’ la voce dell’anelito al mistero puro dell’esistenza che vibra dalla mente e dal cuore dell’essere umano. Il laico tale anelito lo lascia vibrare nel silenzio, in un silenzio che si fonde nell’immensità del reale. Le istituzioni  religiose, lo stesso anelito lo saturano subito con i loro dogmi, precetti e consuetudini.

La crisi del cristianesimo sta forse proprio qui: nel non lasciare vibrare nel silenzio l’anelito dell’uomo moderno giunto a conoscere l’incommensurabilità del cosmo, il quale non china più il capo a formule che, per risultare vere, debbano ridurre la realtà alla dimensione che le fa apparire vere. I nostri antenati, per continuare a sentirsi al centro dell’universo, non applaudirono alle scoperte di Copernico e di Galileo. “Eppur si muove!”

Il regista Damien Boyer, che nel film “Sacerdoce” narra la testimonianza di cinque sacerdoti francesi, è protestante, quindi carico di diffidenza verso i ministri della vecchia chiesa non riformata. Nell’intervista afferma: “Ho cercato delle figure che mi sembrassero autentiche e che fossero disponibili a raccontarsi fino in fondo. Come in confessionale, solo che stavolta loro sarebbero stati dall’altra parte rispetto a dove generalmente stanno. Sono stato con loro, li ho seguiti, ho cercato di instaurare un rapporto vero, di fiducia, per due anni ... Dopo aver conosciuto i miei sacerdoti mi sento più vicino a loro di quanto pensassi all’inizio, anche riguardo la scelta del celibato. Il celibato è molto difficile da capire per una persona comune ... è una scelta certamente impegnativa, può generare sofferenze, però quante sofferenze vivono anche le persone sposate! I sacerdoti hanno una paternità spirituale, figli e figlie... Ho trovato più problematico un altro aspetto: i sacerdoti sono persone che donano la vita agli altri per portarli a Dio. Ma in un paese come la Francia capita facilmente di incontrare indifferenza ...”.

Cercando l’autenticità religiosa, il regista tedesco Philip Groning per sei mesi si è immerso fisicamente e psicologicamente nella vita dei monaci della Grande Chartreuse sulle Alpi della Provenza; il regista francese Xavier Beauvois, nel rappresentare la drammatica uccisione dei sette monaci benedettini di Tibhrine, Algeria, si è immerso nei sentimenti della loro umanità animata dalla fede: non il martirio per il martirio, ma la vita in pace con il popolo algerino. La morte fu inflitta da una mano violenta, e la comunità
mussulmana locale pianse la perdita dei suoi amici cristiani. E Damien Broyer, il regista protestante, “Ho lavorato in modo pienamente libero e ho solo cercato di capire. Questo film mi ha dilatato il cuore”.

Oggi, la laicità autenticamente laica dell’Europa cerca la religiosità autenticamente religiosa. E la religiosità autenticamente religiosa dell’Europa cerca la laicità autenticamente laica.

Anche le frasi di pensatori notoriamente atei offrono a me sacerdote un autentico sostegno, rimanendo io sacerdote e il laico se-dicente ateo rimanendo al suo posto. Ho letto ultimamente l’ultima opera di Fiedrich Nietszsche, la sua autobiografia a cui egli ha dato il titolo: “Ecce homo”.

“In tutti gli abissi io porto con me la benedizione del mio Sì”. Quel “Sì” a me prete è l’Amen della via che ho scelto. Quel “Sì” mi benedice!
“E’ notte: ora parlano più forte le fontane zampillanti. E anche l’anima mia è una fontana zampillante”.
“E come potrei sopportare di essere uomo, se l’uomo non fosse anche poeta e solutore di enigmi e redentore della causalità?”. (Da F. Nietzsche, Ecce homo, Adelphi p. 99, p. 108, p. 109).

In queste frasi dell’ateo Nietzsche l’afflato dello Spirito. Occorre percepire la benedizione del “Sì” della propria scelta di vita per non accasciarsi lungo il cammino; occorre il buio della notte per sentire le parole delle fontane zampillanti, ossia nello spogliamento e nella povertà gustare la conoscenza delle cose veramente essenziali e non perdersi dietro fantasmagorie; occorre la vena della poesia e dell’arte per conoscere la bellezza della vita e non ristagnare nei lamenti. Occorre il soffio dello Spirito!

IMG 20230822 WA0017Il numero dei sacerdoti si è ridotto; i sacerdoti giovani sono una rara grazia. Per di più, sopraffatti da tanti impegni, non pochi sacerdoti giovani o di mezza età hanno il volto pallido. Possono anche consegnare la loro libera creatività a gruppi schematizza tori della via cristiana per sentirsi sicuri. A loro il bell’esempio di tanti sacerdoti anziani che in bicicletta vanno da una chiesa all’altra di Milano per prestare il servizio liturgico. Anche a novant’anni attendono al confessionale.

Nella casa madre della mia congregazione sono raccolti una cinquantina di missionari anziani e infermi. Si aiutano l’un l’altro e si raccontano le esperienze missionarie, ma anche le battute che fanno ridere. Vedo tutto questo in questi pochi giorni che sto
trascorrendo con loro. Nella notte degli anni avanzati (alcuni non ci vedono più, altri non ci sentono più) sono fontane zampillanti.

Termino con un tocco giulivo della mia esperienza al confessionale. Ascoltando i peccati che il penitente mi confessa, colgo sempre un aspetto ammirevole che il penitente stesso ignora di avere. A quella grazia che ha condotto il penitente in chiesa e al confessionale faccio un inchino, e facendo leva sul tocco dello Spirito che è già nel penitente, con lui, con lei, pellegriniamo il sentiero della risurrezione. E’ il granello di senape che germoglia. Il sorriso del penitente che lascia il confessionale è la benedizione del mio “Sì” detto
all’ordinazione sacerdotale. Eppure sono peccatore, vero peccatore. La mia notte, ma nella notte le fontane zampillanti parlano più forte.

Un sacerdote non peccatore ignorerebbe questa fantasia dello spirito.



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