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POPOLI INDIGENI, QUILOMBOLA E SETTORI POPOLARI

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Situazione 2014 e prospettive 2015.

Nel 2014 abbiamo vissuto periodi di molta incertezza, sfide ai diritti individuali, collettivi, e molte attese rispetto al futuro.

Sono state molte le manifestazioni contro il Governo brasiliano per le sue scelte politiche, economiche e per il Campionato mondiale di calcio. Le critiche sono dovute alla sottomissione del paese agli interessi delle grandi corporazioni economiche, finanziarie, delle grandi imprese di costruzioni e della Fifa. Oltre a ciò, la gente ha protestato energicamente anche contro la corruzione, ormai pratica quasi usuale negli organi e imprese pubbliche.

Sono stati investiti miliardi di euro di fondi pubblici nelle grandi opere – per esempio negli stadi di calcio –, di cui non beneficeranno le fasce più povere della popolazione. Inoltre i Governi (federale, statali e municipali), per contenere le critiche e le proteste, hanno promosso azioni repressive, come la rimozione di famiglie dalle loro abitazioni, la persecuzione dei clochard, scatenando un processo di criminalizzazione e demonizzazione delle proteste di quanti non concordavano con il Governo.

Si è creato in Brasile un clima di “sicurezza nell’insicurezza”!

I dibattiti elettorali del 2014 hanno messo a nudo le opzioni economiche e gli interessi politici in ballo. Le forze della destra reazionaria – detentrice e alleata del grande capitale – si sono unite attorno a tre candidature: Dilma Rousseff, Aécio Neves e Eduardo Campos (poi morto in un incidente aereo e sostituito da Marina Silva).

Durante la campagna, i temi più dibattuti riguardavano la continuità del modello di gestione del Governo federale (centrale), esibendo come asse aggregante il “progresso economico a tutti i costi” con l’intento di beneficiare i settori del grande capitale (sistema finanziario, bancario), assicurando lo sfruttamento delle risorse disponibili nell’ambiente, specialmente minerarie, l’acqua e la terra (imprese minerarie, macro-edilizia, agribusiness e produzione di energia). Per quanto riguarda le politiche governative assistenziali, dobbiamo ammettere che sono entrate nei dibattiti elettorali come temi laterali, per intercettare il consenso e l’adesione dell’elettorato più povero.

Le richieste degli indios e dei quilombolas, specialmente la demarcazione delle loro aree, sono state relegate ai margini dei dibattiti, considerate controproducenti per ottenere consensi (voti). Eccezion fatta per la propaganda dei candidati alla Camera – statale e federale –, dove deputati razzisti ed anti-indigeni hanno usato parte dello spazio televisivo e radio per pubblicizzare il loro impegno – se eletti – contro la demarcazione delle aeree indigene.

Il saldo elettorale è stato estremamente negativo in termini di prospettive e progresso degli indios e quilombolas.

La composizione del Parlamento (Camera dei Deputati, Senato e deputati statali) ha consolidato gruppi che, storicamente, attuano contro i diritti degli indios, quilombolas, dei lavoratori e dei contadini e che assumono posizioni intolleranti con i segmenti della società che lottano per la libertà d’espressione, di orientamento sessuale e di genere (per esempio il gruppo dei latifondisti, degli evangelici e dei poliziotti).

Con la rielezione della presidente Dilma Rousseff si è rafforzata, in ambito nazionale, l’alleanza tra la “destra e la sinistra”, ossia, si sono uniti alla base di sostegno del governo partiti politici con i loro schemi estremamente avidi e vincolati alle strutture di corruzione, che penetrano gli organismi pubblici. A partire da questa alleanza non si intravvedono possibilità di cambiamenti strutturali per quanto riguarda le politiche effettive dell’educazione, sanità, generazione di posti di lavoro, reddito e non si possono attendere riforme come quella politica, tributaria, giuridica ed agraria.

Il nuovo Governo – rieletto – aumenterà, grazie a questa alleanza, il pericoloso servilismo nei confronti dell’agribusiness. La nomina della senatrice Katia Abreu al Ministero dell’Agricoltura, denuncia l’opzione di “governare con e per i nemici”. Questo settore – agro-pastorizio – è storicamente responsabile per la depredazione delle risorse naturali (devastazione delle foreste e inquinamento delle fonti d’acqua, per esempio) e, in molti casi, sfrutta la manodopera, sottomettendo i lavoratori a condizioni analoghe alla schiavitù. Non dobbiamo dimenticarci che molti latifondisti “proprietari di grandi fattorie”, hanno acquisito le proprietà attraverso la “forza bruta”, scacciando famiglie di contadini, minacciando ed assassinando leader comunitari, comprando immense estensioni di terra a prezzi irrisori, promovendo lo spoglio delle proprietà o ricevendo terre, a prezzo simbolico, da organi governativi, com’è il caso (reso noto dalla stampa) delle “proprietà” dei famigliari del ministro dell’Agricoltura Katia Abreu.

Le previsioni per i popoli indigeni e quilombolas sono desolanti, anche perché la tendenza del governo brasiliano è programmare la sua politica mirando a favorire i settori del mercato, dell’economia e dello sfruttamento delle risorse naturali. In funzione di questo scenario, i precetti costituzionali, le norme ed i trattati internazionali, specialmente per quanto riguarda la consultazione prioritaria che dev’essere fatta agli indios, non saranno, a quanto pare, rispettati in nome di qualcosa che si predica “di interesse comune”, ma che non genera il “bene comune”.

I popoli e le comunità tradizionali rimarranno un “problema” (e che aumenterà le violenze fisiche e morali contro le comunità ed i loro leader) per il governo.

Quanto affermiamo è apparso chiaro nel discorso d’inizio del secondo mandato pronunciato il 1º gennaio dalla Presidente della Repubblica quando, in modo premeditato, gli indios sono stati ignorati. La problematica indigena, tema di dispute avvenute negli ultimi anni, non è stata citata in nessun momento dalla Responsabile dell’Esecutivo. Il giorno successivo all’intronizzazione della Presidente, il nuovo ministro dell’Agricoltura, senatrice Kátia Abreu, intervistata dal quotidiano Folha de São Paulo, ha attaccato le demarcazioni delle aree indigene, lasciando chiaro che i suoi sforzi saranno concentrati, dentro il governo, per rendere nulli i diritti costituzionali dei popoli indigeni e quilombolas.

Nell’ambito del Potere Legislativo, il settore dell’agribusiness cercherà d’imporre, nel 2015, i suoi progetti di legge e i suoi emendamenti alla Costituzione Federale con l’intento di sotterrare le vie legali per la demarcazione delle aree indigene nel Brasile. Di più, secondo questi settori legati all’oligarchia agraria nazionale, anche le aree indigene già demarcate saranno revocate. Tra le proposte pericolose che transitano, attualmente, in Parlamento, troviamo la PEC (Proposta di Emendamento Costituzionale) 215/2000, il PLC (Progetto di Legge Complementare) 227/2012, ed il progetto del Senatore Romero Jucá – 231 – che pretende anche alterare il paragrafo 6 dell’articolo 231 della Costituzione Federale che definisce i diritti dei popoli indigeni.

É, quindi, in questo contesto che devono essere pensate le strategie per l’anno appena iniziato. Non possiamo nascondere il fatto che il tradizionalismo, l’autoritarismo ed il fondamentalismo si sono rafforzati in politica, mostrando chiaramente, in modo preoccupante, l’affiorare dei preconcetti contro le persone di colore, genere, sesso, poveri ed indios.

É anche necessario ricordare che, negli ultimi mesi dello scorso anno è aumentata la violenza contro i popoli indigeni.

Oltre alla criminalizzazione praticata dalle forze repressive dello Stato, si sono anche intensificate le violazioni ai diritti fondamentali dei popoli indigeni, specialmente violazioni alla vita (uccisioni, torture, minacce di morte), invasioni e depredazione delle loro aree.

Siccome le demarcazioni delle aree indigene saranno tema di dibattiti e dispute, la tendenza è che i conflitti aumentino. I popoli indigeni ed i quilombolas devono prepararsi per affrontare queste avversità articolando le loro rivendicazioni assieme ad altri settori della società organizzata, dei movimenti sociali, specialmente quelli che sono impegnati nella difesa delle aree, della sanità gratuita e di qualità, educazione, lavoro e cittadinanza. Gli indios dovranno stare attenti anche alla proposta del governo che vuole privatizzare l’assistenza sanitaria ed in questo modo, beneficiare imprese che potranno, con i fondi pubblici della sanità indigena, far  miliardi a palate.

Le rivendicazioni e manifestazioni portate avanti dagli indios e quilombolas alla fine del 2014 contro la PEC 215/2000 sono esempi che mostrano che non si può lasciare la garanzia dei diritti costituzionali esclusivamente nelle mani di politici o governanti. Nonostante la violenta repressione, i leader indigeni hanno ottenuto una straordinaria vittoria contro la PEC. E questa vittoria si deve all’instancabile mobilizzazione degli indios e alla convinzione che, attraverso la lotta e l’unione – anche spirituale – è possibile superare ostacoli che, a volte, appaiono invincibili.

(*Quilombola sono comunità – quilombo – formate da discendenti di schiavi che abitano in aree occupate da secoli).

  • Traduzione a cura di p. DIEGO GIUSEPPE PELIZZARI sx
  • Cimi-Sul Paraná, gennaio 2015


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