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L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE DELL’INDONESIA.

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UN EVENTO DI DEMOCRAZIA MATURA

Abbiamo tirato un sospiro di sollievo! Dopo giorni, anzi mesi di tensione e di preoccupazione…

Le votazioni per il nuovo presidente si sono svolte in ordine, senza incidenti di rilievo, il 9 luglio scorso. È stato un segno di grande maturità democratica da parte di tutto il popolo indonesiano. Quasi 190 milioni di cittadini erano iscritti a votare e di questi certamente più del 75% ha esercitato il diritto di voto ossia si sono riversati sui quasi 480mila seggi elettorali, sparsi in un territorio di quasi 2 milioni di Km2: nel giro di 6 ore tutto si è compiuto ordinatamente! Addirittura dopo un paio di ore, con varie agenzie di conteggio celere, già si sapeva il risultato del voto in questa memorabile data.

Ma ciò che più ci ha rallegrato è stato appunto l’esito di questo voto.

Jokowi e Jusuf Kalla sono stati eletti come Presidente e Vice presidente dell’Indonesia per i prossimi 5 anni (saranno installati a Ottobre). Jokowi ha umili origini: ha fatto di tutto da giovane, è stato sfrattato alcune volte da casa, ma è riuscito a diventare governatore di Solo, una città importante di Giava Centrale; anzi, dopo il primo turno è stato rieletto con una grandissima maggioranza di voti. Si è presentato come governatore a Jakarta ed è stato eletto anche qui con una chiara maggioranza di voti, nonostante molte resistenze, criticato come era dai partiti conservatori e dai settori più chiusi dei partiti musulmani (il suo vice governatore è un cristiano, di origine cinese!). Durante i quasi 2 anni di guida della Capitale, ha messo in movimento una impressionante mole di iniziative di rinnovamento della città.

I passati 3 mesi di campagna elettorale, sono stati pieni di tensione. Attorno a Prabowo, candidato alternativo a Jokowi, si era costituita una coalizione di partiti e di personaggi che ricordava i tempi bui dell’ex dittatore Suharto. Dei partiti che sostenevano Prabowo difatti vari erano stati pesantemente “toccati” dalla Commissione per l’eliminazione della corruzione mentre altri esprimevano le aspettative fondamentaliste dei gruppi musulmani più chiusi. La difesa o la ricerca di una posizione di potere sembrava il collante di quella coalizione.

Da questo punto di vista è stato esemplare e quasi patetico il contributo del secondo partito dell’Indonesia, il Golkar, guidato da un industriale molto discusso, Bakrie, possessore di una nota tv, il quale poco prima della chiusura delle alleanze si è recato dal capo del PDI-P (partito che aveva vinto le elezioni amministrative e che esprimeva come suo candidato a presidente proprio Jokowi) e siccome non ha avuto assicurazioni sul suo futuro, è corso da Prabowo il quale è stato contento di ricevere il contributo dei suoi voti, in cambio di una posizione di primo piano nel futuro eventuale governo da lui guidato. Si è venduto in maniera così plateale, senza vergogna…

Ma lo stesso candidato presidente, Prabowo, non era affatto rassicurante. Si tratta di un ex militare, parente di Suharto, che durante i disordini del 1998 a Jakarta, essendo allora comandante delle forze speciali dell’esercito, aveva fatto sparire una ventina di attivisti pro-democratici, dei quali ancor oggi non si sa che fine hanno fatto. Tra l’altro per questa sua iniziativa era stato dimesso dall’esercito. Le paure della campagna elettorale sono sorte per la forte propaganda di questa coalizione, sostenuta (secondo le analisi di molti osservatori) da uno sporco gioco di denaro oltre che dalla propaganda della tv di Bakrie (insieme ad altre 4-5 con essa collegate) e dalla diffusione di notizie false su Jokowi. La coalizione di Prabowo sulla carta avrebbe dovuto vincere facilmente l’elezione poiché 3 mesi fa i partiti che lo sostenevano, nelle elezioni amministrative avevano inviato al Parlamento la stragrande maggioranza dei deputati. Invece è risultato che la gente, col suo fiuto e intuito politico, non ha seguito le indicazioni dei partiti ed ha votato per Jokowi, anche se con un margine di soli 5-6 punti percentuali (ci sono tuttavia alcune contestazioni poiché delle 12 agenzie di conto celere dei risultati, 4 [quelle controllate dai sostenitori di Prabowo] lo danno come vincente. Fra un paio di settimane arriverà la risposta definitiva dell’Ufficio centrale elettorale).

Questa votazione era decisiva per lo sviluppo dell’Indonesia per i prossimi anni. 

La eventuale vittoria di Prabowo avrebbe significato un ritorno all’era del dittatore Suharto sia dal punto di vista politico come culturale, con la messa a tacere delle rivendicazioni per la difesa dei diritti umani, delle minoranze religiose, della lotta alla corruzione e quindi con la inevitabile crescita della polarizzazione tra la popolazione. Con Jokowi si può sperare un ritorno ai valori fondamentali della Costituzione e cioè il Pancasila, l’unione nella pluralità, la partecipazione popolare, dal basso, nelle decisioni importanti della vita del paese, con una amministrazione “che ha voglia di fare” a servizio dei cittadini, affrontando i problemi concreti e risolvendoli.

Questa vittoria è un salto enorme verso la democrazia!

  • FRANCESCO MARINI.
  • Jakarta, 11 luglio 2014.


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