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Vescovi missionari Saveriani al Concilio

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Tra i vescovi saveriani partecipanti al Concilio, due provenivano dalla Cina, espulsi dopo dura prigionia e umilianti processi popolari. Erano i vescovi Tissot e Bassi.

MONS. FAUSTINO TISSOT

Vescovo di Zhengzhou (Henan, Cina), mons. Tissot era succeduto a mons. Luigi Calza, pure saveriano, fondatore della missione deceduto per sfinimento nel 1944, durante la guerra giapponese. Nato in diocesi di Trento nel 1901, Tissot fu ordinato prete nel 1926 e subito partì per la Cina. Richiamato in Italia dopo qualche anno, fu maestro dei novizi e vicario generale con sede vacante (1944- 1946). Nel 1946, nominato vescovo di Zhengzhou, ripartì per la Cina. Due anni dopo, la zona della diocesi fu invasa dai comunisti e i missionari furono costretti a domicilio coatto, angariati continuamente dai fedelissimi di Mao. Di questo vescovo si può dire che, per la sua diocesi, più che esercitare l’apostolato, ha dovuto offrire la sua sofferenza. Nel novembre 1953 fu espulso dalla Cina, dopo un periodo di dura prigionia.

MONS. ASSUERO T. BASSI

Vescovo di Luoyang (Henan, Cina), territorio distaccato da Zhengzhou nel 1935, mons. Bassi era nato in provincia di Arezzo, nel 1887, e fu ordinato prete nel 1910, partendo nello stesso anno per la Cina, dove rimase 44 anni, fino a che, dopo penosa prigionia, fu espulso il 1° maggio 1954. Fu vescovo zelante e venerato dai cinesi.

MONS. DANTE BATTAGLIERIN

Nato a Burano (Ve) nel 1904, mons. Battaglierin entrò nell’Istituto da ragazzo. Fece parte del primo Noviziato canonico, del 1920, diretto da mons. Conforti, ed emise la professione religiosa nell’anno seguente. Appena ordinato prete nel 1926, partì per la Cina, dove rimase per qualche anno. Nel 1932 fu nominato consigliere generale ed ebbe in seguito vari compiti direttivi nell’Istituto in Italia. Nel 1953, guidò la prima spedizione di saveriani nel Bangladesh, dove fu vicario apostolico e poi, dal 1956, primo vescovo della città di Khulna, elevata a diocesi. Per il suo zelo e lo spirito organizzativo, la diocesi divenne fiorente di opere e poté contare su un buon numero di cristiani, nonostante il paese fosse quasi completamente musulmano.

MONS. RAIMONDO BERGAMIN

Nato a Piazzola sul Brenta (Pd), diocesi di Vicenza, nel 1910, mons. Bergamin entrò nell’Istituto nel 1924 e fu ordinato prete nel 1936. Partì per la Cina e vi rimase per 18 anni, fino al 1954, quando fu espulso. Nel 1958 andò missionario in Indonesia, nell’ isola di Sumatra. Divenne vescovo di Padang nel 1961, diocesi che si estendeva per 133mila Km2 , comprese le isole Mentawai. Ha riscosso la simpatia di tutti per la sua abnegazione e il suo spirito apostolico.

MONS. AUGUSTO AZZOLINI

Vescovo di Makeni, nella Sierra Leone (Africa occidentale), mons. Azzolini era nato a Parma nel 1908. Ordinato prete nel 1931, dopo vari compiti direttivi, nel 1950 partì per la Sierra Leone con altri tre saveriani a fondarvi una missione al nord del paese. Iniziò subito un gigantesco lavoro di carattere sociale, soprattutto con l’istituzione di scuole, con lo scopo di penetrare nell’ambiente musulmano e portarvi la testimonianza cristiana. L’erezione della diocesi nel 1962 fu il migliore riconoscimento del suo lavoro apostolico: mons. Azzolini ne fu il primo vescovo.

MONS. DANILO CATARZI

Vescovo di Uvira nel Congo orientale, presso il lago Tanganika, mons. Catarzi era nato a Pistoia nel 1918. Entrato nell’Istituto nel 1934, fu ordinato prete nel 1943. Conseguì la licenza in filosofia e la laurea in teologia presso la Pontificia Università Urbaniana a Roma, insegnò nel liceo dell’Istituto fino al 1958, quando partì per il Congo, con il primo gruppo di saveriani. Fu eletto primo vescovo di Uvira nel 1962. Egli si trovò ad agire in tempi di rivoluzioni interne, che costarono la vita anche a tre missionari saveriani e a un abbé della diocesi. Una delle sue iniziative più meritevoli fu l’istituzione delle comunità ecclesiali di base, denominate Comunità cristiane viventi.

MONS. GIANNI GAZZA

Mons. Gazza è l’ultimo vescovo saveriano, consacrato durante il Concilio. Nato a Parma nel 1924, entrò nell’Istituto nel 1939, fu ordinato prete nel 1949 e partì per il Brasile nel 1957. Fu eletto vescovo di Abaeté do Tocantins, nel nord del Brasile, il 12 novembre 1962, a 38 anni, e consacrato nel santuario di Aparecida l’8 dicembre dello stesso anno. In quel giorno a Roma si chiudeva la prima Sessione del Concilio. Mons. Gazza partecipò al Concilio dal secondo periodo, nel 1963.

Nel 1965 si trattò del decreto sull’attività missionaria della Chiesa, Ad gentes. I prelati dell’America latina formarono un gruppo di studio che suggerì alcune modifiche al n. 6 del testo. Ritenevano che dovessero essere considerate “missioni” anche quelle zone in cui la gente era stata battezzata, ma era mancata una sufficiente evangelizzazione; inoltre, per il Brasile, dove si trovavano territori di missione in senso stretto, ma soggetti a dicasteri diversi da Propaganda Fide, si voleva che tali dicasteri dovessero tenere rapporti stretti con il dicastero missionario di Propaganda. Mons. Gazza fu pregato di presentare l’interpellanza, cosa che egli fece con molta chiarezza e convinzione. L’Assemblea trovò giuste le interpellanze e decise di inserire una nota al n. 6 del decreto.

Mons. Gazza non solo fu il presentatore dell’interpellanza, ma anche colui che suscitò il problema. Infatti, nella sua prima visita pastorale ebbe a constatare che gli abitanti di quella zona amazzonica erano battezzati, ma era mancata l’evangelizzazione e la catechesi. “Tra il battesimo di questa gente e il minimo indispensabile di vita cristiana, cosciente e vissuta, c’è un gran vuoto. Noi siamo qui per colmare questo vuoto enorme. Non si tratta di piantarela Chiesa, ma di edificarla. La plantatio c’è stata, ma è rimasta e si è fermata alle fondamenta dell’edificio. Ora bisogna rivedere queste fondamenta esposte alle intemperie del tempo, liberarle dalle infiltrazioni, consolidarle dove occorra, ripulirle soprattutto dalle incrostazioni spurie dell’atavismo e della tradizione [...] (G. Gazza, Diari della visita pastorale).


Furono sette i vescovi saveriani al Concilio Vaticano II: uno per ciascuna circoscrizione missionaria, affidata all’Istituto. Si era nell’epoca in cui vigeva l’jus commissionis, una prassi giuridica per cui veniva affidato a un Ordine o a un Istituto religioso un territorio da evangelizzare. In realtà, oltre a quei sette territori nei quali vigeva tale prassi, ce n’era uno dove lavoravano i missionari saveriani, che non era rappresentato da essi in Concilio. Era il Giappone, nel quale la gerarchia ecclesiastica con vescovi locali era già costituita: i saveriani vi esercitavano l’apostolato con una particolare convenzione, che anticipava quanto avrebbe stabilito il Concilio Vaticano II (cfr. Ad gentes 30. 32; A. Luca, Conventiones inter locorum Ordinarios et Instituta missionalia in Iaponia, in “Commentarium pro Religiosis et missionariis”, Roma 1967, fasc. 2, pp. 194-201).



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