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SAMUELE E DAVIDE / LA SCELTA DEL PIÙ PICCOLO

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L'ultimo episodio dedicato al giudice/profeta Samuele dal libro che porta il suo nome si colora di grande tensione drammatica. Samuele è vecchio e la sua leadership è stata ormai soppiantata dall'inaugurazione della monarchia (da lui subita dopo forti resistenze), ma la sua autorità morale e religiosa non ha perso mordente. La sua leadership politica aveva avuto un inizio brillante (cfr. 1Sam 7). Ma, diventato vecchio, il popolo continuamente minacciato dalle pressioni dei nemici confinanti non vide più in lui una guida sicura per affrontare i rischi di avventure belliche (1Sam 8).

Da qui la scelta divina di porre a capo del popolo un uomo che già per la sua prestanza fisica poteva infondere sicurezza negli israeliti (cfr. 1Sam 9,2; 10,23). La vicenda del primo re d'Israele culmina, però, in un fallimento: il re è scelto dal popolo per conformarsi alle altre nazioni (cfr. 1Sam 8,5), tuttavia si esige da lui adesione alla volontà divina, perché Dio rimane il vero re del popolo e il re terreno è solo un suo fiduciario, cui il vero Re ha affidato la guida del suo gregge. Proprio in questo ha fallito Saul.

PROTAGONISTA CONTROVOGLIA

Il capitolo 16 del primo libro di Samuele inizia con un'affermazione divina che suona come un rimprovero per Samuele: il rigetto di Saul è opera di Dio e a questo il profeta deve conformarsi. Eppure Samuele è affranto, perché nonostante la sua contrarietà nei confronti dell'istituzione della monarchia, egli è consapevole che il suo popolo, nel momento in cui il suo re è rigettato da Dio, è esposto in balia dei suoi nemici e solo un atto di clemenza divino potrà ridare speranza.

Dio lo sorprende in queste riflessioni e gli chiede di diventare, anche controvoglia, protagonista dell'attuazione della sua volontà, com’era già avvenuto in occasione della designazione del primo re: Dio ha già scelto il successore di Saul e toccherà proprio a Samuele ungere il designato. Alla proposta divina Samuele oppone un garbato rifiuto (v. 2), sottolineando la difficoltà di una simile impresa. La presenza di un altro re designato in Israele non potrà che causare l'insorgere di divisioni insanabili nel popolo che sfoceranno in una lotta civile: questa è con molta probabilità la vera causa della resistenza del veggente.

SAMUELE OBBEDISCE ALLA VOLONTÀ DIVINA

L'esitazione di Samuele non frena tuttavia l'intenzione divina, al punto che Dio gli suggerisce di utilizzare come copertura del suo viaggio a Betlemme il compimento di un rito sacrificale che fornirà al profeta l'occasione propizia per eseguire il comando divino. L'ordine divino iniziale insiste sulla scelta divina caduta tra i figli di Iesse (v. 1), ma ora l'ordine si fa più perentorio e vincola il veggente alla volontà divina: “Io ti indicherò quello che dovrai fare e tu ungerai colui che ti dirò” (v. 3).

Quale segnale darà Dio affinché Samuele possa riconoscere chi è designato? Dio sollecita il suo profeta e nello stesso tempo lo lascia all'oscuro circa la persona del designato.

Nonostante l'esitazione iniziale, Samuele si è, però, messo in viaggio (v. 4), ripete esattamente le parole suggeritegli da Dio per coprire la vera finalità della sua venuta e predispone la presenza di Iesse e dei suoi figli al sacrificio (v. 5). Non è casuale una simile insistenza sulla puntuale obbedienza del veggente: la sua decisione per Dio rimane salda e incrollabile, nonostante gli eventi tragici di cui è spettatore.

IN UN DIALOGO DRAMMATICO

Lo sviluppo successivo del racconto approfondisce un altro aspetto della relazione tra Dio e il suo veggente, perché con il v. 6 muta il punto di vista: dopo che i figli sono entrati, Samuele "vede" Eliab e da questa visione scaturisce un dialogo con Dio. Proprio la scelta del punto di vista di Samuele da parte del narratore suscita una domanda anche nel lettore: perché Samuele ritiene di avere davanti a sé il probabile designato? È Dio stesso che, con un garbato rimprovero, mostra a Samuele l'inadeguatezza del suo punto di vista (v. 7).

Dio parla di aspetto e di statura imponente e il lettore sa che appunto tali caratteristiche determinarono la scelta del primo re (1Sam 9,2; 10,23). In questo, infatti, consiste il probabile abbaglio preso da Samuele: Dio gli aveva detto “ungerai colui che ti dirò” (v. 3) ed egli pensa ora che il segno della predilezione divina sia costituito dall'aspetto e dalle qualità fisiche (il re dev'essere un valido condottiero). Dio rigetta dunque il punto di vista prettamente umano assunto da Samuele:

la scelta divina non è guidata dall'impressione che suscita una statura imponente o un corpo ben fatto.

OLTRE OGNI LOGICA E CALCOLO

Samuele è in questo caso il veggente (cfr. 1Sam 9,9.11.18.19) che però nel momento cruciale non sa vedere con gli occhi di Dio; non solo: egli passa ora dalla riluttanza precedente alla precipitazione (ha fretta di assolvere il pericoloso compito affidatogli da Dio?). Possiamo dunque affermare che Samuele dà l'impressione di non riuscire più a stare al passo con Dio, segno forse di una missione che sta per volgere ormai al suo epilogo. “Non ciò che l'uomo vede: l'uomo vede l’apparenza, il Signore vede il cuore” (v. 7).

In gioco non è però solo l'oggetto della visione, ma la qualità della stessa. L'occhio di Samuele rappresenta una prospettiva umana, totalmente inadeguata a cogliere dove cade la scelta divina, la quale sorprende sempre gli esseri umani, perché svincolata paradossalmente da ogni logica o calcolo: si pensi a Giacobbe, a Giuseppe, a Gedeone. Si tratta della libera scelta divina che, svincolata da ogni parametro puramente umano di convenienza, realizza la sua volontà di salvezza nei confronti del popolo.

DOVE DIO SCEGLIE IL PIÙ PICCOLO

Samuele ora non interpella più Dio, lasciando a Lui di indicare il prescelto (vv. 8-10). Ma le sorprese per Samuele non finiscono: tutti i figli di Iesse presenti al sacrificio sono passati in rassegna, ma il Signore non ha scelto nessuno. Non leggiamo tuttavia alcuno sconcerto nelle parole che Samuele rivolge a Iesse (v. 11): la parola del Signore era stata chiara, dunque non tutti i figli sono presenti al sacrificio. “Rimane ancora il più piccolo” (v.11).

Come in tanti altri racconti tradizionali, la soluzione al problema cade sulla persona meno considerata e addirittura priva dei requisiti per accedere all'ambito decisionale (un po' come la favola di Cenerentola). Iesse dimostra qui il precedente punto di vista di Samuele: perché indugiare ancora nel compiere il rito, dato che l'unico assente non può certamente essere oggetto della scelta divina? Ora però Samuele ha capito il modo di agire di Dio e indica che cosa si deve fare per assecondarlo.

Due indicazioni caratterizzano la scelta divina: David è pastore, una professione che in tutto il Vicino Oriente antico aveva assunto un grande valore simbolico per indicare il ruolo del sovrano nei confronti del suo popolo (si veda Ez 34, ma pure Gv 10). Vi è però un'altra indicazione, che risalta al momento del suo apparire: “era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto” (v. 12). Nessuna qualità interiore di Davide è qui indicata: lo sguardo di Samuele coglie anche nell'esteriorità di Davide la bontà della scelta divina, bastava soltanto la pazienza di attendere l'ordine divino promesso.

Ora Samuele può vedere con Dio e realizzare la sua volontà senza alcun timore (v. 13).

PER APRIRE IL SUO POPOLO ALLA SPERANZA

Seguendo il percorso narrativo abbiamo potuto dunque accedere con Samuele al punto di vista di Dio: non è solo un ribaltamento delle prospettive umane, ma un invito a lasciarsi guidare da Dio nel superare le contraddizioni che la vita pone innanzi. Si parte dalla delusione di un uomo per culminare nella discesa dello spirito del Signore sul suo eletto, il segno che ancora egli opera attraverso i suoi chiamati a favore del suo popolo.

Il fallimento umano non induce Dio a demordere, quanto piuttosto eccita il suo amore a ricercare, attraverso vie sovente incomprese, ciò che è bene per i suoi fedeli.

Come il vecchio Samuele, anche il lettore odierno può trovarsi a fronteggiare situazioni fallimentari, ma come lui è invitato a lasciare risuonare nella sua vita la parola che indica il tragitto da percorrere e ad accogliere coloro ai quali Dio affida l'attuazione della sua volontà, aprendo in tal modo alla speranza.



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