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Salmo 94: Missione, Annuncio della Giustizia di Dio

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La testimonianza che la Bibbia offre su Dio non è uniforme né univoca. Pur insistendo sulla bontà della creazione divina (un universo ordinato), si riconosce che in molti casi i processi dell’universo non si dimostrano ordinati e positivi, anzi fanno affiorare il dubbio sulla bontà del principio che ne sta a fondamento. Una veloce scorsa alle domande rivolte a Dio nella Bibbia mostra che spesso non ci si trova solo di fronte a una richiesta di informazione, ma ad aperti rimproveri rivolti a YHWH, che non ha fatto per Israele ciò che questi legittimamente si attendeva.


DI FRONTE ALL’INGIUSTIZIA

Il salmista si chiede: fino a quando? (Sal 6,4; 13,2-3; 35,17; 62,4) e questo al fine di mobilitare Dio ad agire di fronte a un pericolo o a un’ingiustizia; perché? (Sal 10,1; 22,2; 43,3; 44,24-25), quasi accusandolo di non aver mantenuto fede alla sua promessa di essere presente accanto al suo fedele; dove sei? (Sal 42,4;79,10; 89,50): in gioco c’è ancora la fedeltà di Dio, che non è qui nella circostanza angosciosa che si sta sperimentando. Domande che nascono quando Israele sperimenta un’ingiustizia insopportabile.

IL GRIDO DELL’INNOCENTE

Diversi Salmi, in particolare le suppliche, contengono espressioni che sembrano stridere con alcuni precetti evangelici, specialmente quando la richiesta a Dio include il linguaggio della vendetta o della ritorsione violenta.

La liturgia attuale in genere omette le frasi di questo tenore e anche alcuni salmi che sono totalmente caratterizzati da simili prospettive. Eppure in molti casi, proprio attraverso questi testi ci è possibile sentire quel grido che l’umanità provata innalza al suo Creatore: il grido del sangue di Abele (Gen 4,10), cioè dell’innocente trucidato, e quello del popolo oppresso da schiavitù e ingiustizia (Es 2,23). Un esempio assai efficace è proposto nel Sal 94.

VERSO UN DIO GIUSTO

Già l’appellativo “vendicatore” con cui si apre la supplica, sembra stridere con affermazioni di Gesù che esortano al perdono dei nemici e con il suo stesso comportamento. Non è, tuttavia, possibile cogliere appieno il senso di questo testo se non lo si legge alla luce della rivelazione che Dio ha fatto di sé, allorché ha debellato la potenza del Faraone in Egitto e in particolare alla luce della presentazione che ha fatto di sé al Sinai, al centro della quale sta la solenne affermazione di Es 34,6-7: «Il Signore passò davanti a Mosè proclamando: “ll Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione”».

La bontà divina non è mai separata dalla distanza radicale tra Dio e il male e soprattutto dal fatto che YHWH è il giudice, cioè il garante del buon ordinamento dell’universo.

La nozione di vendetta non è qui da leggere quale ritorsione o quale espressione di rancoroso accanirsi verso i nemici, bensì proprio quale espressione della fede nel fatto che Dio non è, come pensano i malfattori (cfr. v. 7), indifferente all’ingiustizia che imperversa nel mondo.

CHE NON ABBANDONA LA SUA CREATURA

In tal modo il messaggio del Salmo va letto in relazione a due referenti. Anzitutto, è un messaggio rivolto a chi è convinto che non esista un principio di giustizia che regge il mondo, quindi si illude di poter agire impunemente. A costoro il salmista manifesta la sua fede: non prospetta la sua vendetta personale, ma il fatto che ogni essere umano deve rispondere a Dio della sua condotta.

Solo chi agisce secondo giustizia può presentarsi a testa alta davanti al suo Creatore e non temere il castigo.

Anche il giusto sa che la vita non sempre è positiva, ma egli non interpreta le situazioni negative come una sorta di fallimento o come motivo per accusare Dio: in esse egli scopre la pedagogia di Dio che lo rende consapevole dei doveri che scaturiscono dal patto che vincola la creatura al Creatore, il quale “non abbandona la sua eredità”.

PERCHÉ STA DALLA PARTE DELLA GIUSTIZIA

Inoltre, il messaggio è rivolto al giusto, quale invito a considerare la fedeltà di Dio (v. 18); Dio non si dimostra fedele perché preserva dal male, ma perché sta dalla parte della giustizia, la promuove, la garantisce e la ristabilisce. E questo vale anche per i discepoli del Signore Gesù, i quali pure rischiano di temere che il prevalere del male sia il segno dell’abbandono di Dio e del fatto che il mondo sia retto dal mistero dell’iniquità.

Ecco perché l’Apocalisse ci fa sentire la voce delle «anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso, che gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue contro gli abitanti della terra?”» (Ap 6,9-10).

MISSIONARI DI UN DIO DI VENDETTA?

Le affermazioni del Salmo non sono dunque da leggere solo come desiderio di rivalsa da parte di chi è umiliato dalla vita, ma come attestazione di quel dialogo che aiuta il credente a proporsi al mondo non come il restauratore di un ordine o l’attivista di una rivoluzione sociale, ma come colui che prende sul serio la beatitudine con la quale Gesù identifica i suoi discepoli con coloro che hanno fame e sete della giustizia, fame e sete che possono anche portare a essere perseguitati per la giustizia.

Il credente non è né l’esecutore del giudizio di Dio, né il portavoce di un giustiziere, bensì colui che offre al mondo il messaggio che scaturisce dal Vangelo e che si esprime nell’attuazione dell’esortazione dell’apostolo delle genti: “Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo.

Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm 12,17-21).

 



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