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Nicaragua: Noi donne, le invisibili

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MO_2013-0346.jpg Non è frequente presentare la situazione di una nazione raccontando la vita delle donne, che pur ne costituiscono di solito la maggioranza della popolazione. È quanto prova a fare questo volume dell’Associazione Italia-Nicaragua (il cui ricavato va a progetti di solidarietà), attraversando gli ambienti dell’esistenza in cui “l’altra metà del cielo” sperimenta nel paese centroamericano l’oppressione e l’emancipazione, la violenza e la solidarietà, lo sfruttamento e la creatività.

Le società latinoamericane sono ancora brutalmente maschiliste”, ricorda Geraldina Colotti nella presentazione. In tutto il continente “il 75% delle donne si occupa delle attività domestiche senza alcuna retribuzione, mentre solo il 9% ha accesso alle attività agricole”. Il 32,8% delle donne tra i 16 e i 49 anni è vittima di gravi violenze fisiche a opera degli uomini di famiglia. Tale percentuale sale al 41% tra le donne che lavorano in ambiti familiari senza retribuzione, mentre si riduce al 10% tra quelle occupate fuori casa e con uno stipendio. A essere maggiormente colpite sono le più povere.

In Nicaragua quasi un terzo dei bambini nascono da ragazzine di età compresa tra gli undici e i quindici anni e le violenze sessuali sono la causa principale delle gravidanze nelle adolescenti.

Queste generano figli non desiderati e, in oltre un centinaio di casi l’anno, abbandonati in ospedali, luoghi pubblici e religiosi. È molto frequente che bambine vittime di abusi, magari da parte del padre o del patrigno, siano figlie di madri che hanno subito a loro volta la violenza. E se non hanno elaborato il trauma, non riescono a sostenere le figlie, chiedendo loro di tacere, perdonare, dimenticare, come loro hanno fatto a suo tempo, oppure, se non hanno mai raccontato la loro storia, nell’illusione di averla ormai superata, finiscono per vedere nella figlia un nemico che mette in pericolo la famiglia e soprattutto le obbligherebbe a mettere in discussione tutta la propria vita.

D’altro canto le violenze intrafamiliari restano spesso impunite, anche perché molti funzionari pubblici continuano a considerarle una faccenda privata. Tra le cause di tale violenza c’è la cultura estremamente maschilista legata al modello patriarcale, in crisi per la precaria situazione economica che lascia l’uomo senza lavoro e per il maggiore spazio che le donne vanno acquisendo nell’ambito pubblico.

Tra le mura domestiche, quindi, il maschio consuma una sorta di “vendetta” verso la donna per la frustrazione e il disorientamento legati alla perdita d’identità socioeconomica.

Secondo Monica Zalaquett, direttrice del Centro di prevenzione della violenza (Ceprev), “per i bambini si tratta di un vero e proprio furto della loro parte femminile, con la proibizione di esprimere sentimenti, affettività, emozioni. Una vera castrazione emozionale affinché cresca bien macho e questo ostacola l’empatia con la donna”. Ma di ciò oggi la società nicaraguese pare disposta a parlare e grande rilievo assumono esperienze come

quelle del Centro di orientamento familiare ed educazione sessualeXochilt acalt” di Malpaisillo, un’associazione femminile che, oltre a proporre alle donne programmi di alfabetizzazione, assistenza sanitaria e produzione, offrono agli uomini momenti di confronto finalizzati ala costruzione di un’identità maschile più sana. E la crescita del protagonismo economico, sociale e politico delle donne nel paese si è manifestata, per esempio, nelle recenti elezioni parlamentari, che hanno visto il maggioritario Fronte sandinista di liberazione nazionale (Fsln) eleggere 34 deputate su 62.

Ampio spazio, infine, il libro dedica alla controversa decisione del Parlamento – frutto di una sorta di “scambio politico” tra la gerarchia della Chiesa cattolica e i vertici del Fsln – di abrogare nel 2006 la norma del Codice penale, in vigore dal 1870, che consentiva alle donne di interrompere la gravidanza nel caso in cui almeno tre medici avessero certificato l’esistenza di un grave pericolo per la vita della madre.



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