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MISSIONE COME SALVEZZA DEGLI ESSERI UMANI E DEL CREATO

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Concludiamo con questo articolo le riflessioni sul libro della Sapienza di don Luca, che ci ha accompagnato per due anni; mentre lo ringraziamo di cuore per il lavoro di biblista e parroco, che alcuni amici e lettori di Missione Oggi hanno sperimentato anche personalmente a san Romolo a Bivigliano (Fi), gli facciamo i complimenti per l’ultima opera che ha dato alla luce, un mega commentario alla Sapienza in lingua tedesca, di ben 560 pagine: L. Mazzinghi, Weisheit, Kohlhammer 2018. (n.d.r.)

Il capitolo finale (Sap 19) contiene l’ultima delle sette antitesi che hanno caratterizzato la terza parte del libro, ovvero i capitoli 10-19, nei quali il saggio ebreo propone una sua personale riflessione sugli eventi dell’esodo di Israele dall’Egitto, resi attuali per gli ebrei del suo tempo. In questi dieci capitoli viene descritta l’azione del Signore Dio d’Israele, che si serve degli elementi del cosmo per salvare il suo popolo e punire gli egiziani. All’inizio dell’ultimo capitolo, in Sap 19,1-9, è in particolare il mare l’elemento del cosmo attraverso il quale gli israeliti si salvano, gli egiziani, invece, vi annegano: “mentre il tuo popolo faceva l’esperienza di un viaggio sorprendente, quelli invece [gli egiziani] trovavano una morte strana” (Sap 19,5).

IL PASSAGGIO DEL MARE: SCHIAVITÙ E LIBERTÀ

Il libro si chiude in questo modo ricordando il momento centrale dell’esodo, ovvero di quella storia di liberazione che è alla base dell’esperienza di Israele: un popolo ridotto in schiavitù, considerato come straniero e nemico, inseguito nel deserto per esservi sterminato, ma alla fine salvato e liberato da Dio.

L’esercito egiziano annega nel mare (Sap 19,1-6): si tratta di un testo senz’altro duro, ma con inquietanti risvolti di attualità. Si pensi all’attuale governo italiano che di fatto abbandona nel mare migliaia di persone colpevoli solo di vivere una vita di miseria, che per di più costruisce il proprio consenso sulla sofferenza e sulla pelle dei poveri, che chiude i porti di un mare che è da sempre luogo di incontro di popoli e culture, che si allinea senza vergogna ai venti di isolazionismo egoista e nazionalismo miope che oggi soffiano attraverso l’Europa. Come nel caso degli egiziani dell’esodo, descritti in Sap 19,1-6, c’è il rischio concreto che il carnefice si accorga troppo tardi di essere diventato lui stesso la vittima; vittima però della sua stessa violenza. Dall’altra parte del mare ci sono invece gli israeliti; essi vengono descritti dalla Sapienza non in preda ad atteggiamenti di vendetta o violenza, ma semplicemente nell’atto di lodare Dio per l’inattesa salvezza ricevuta; il testo del v. 9 è molto poetico:

“Essi furono come cavalli condotti al pascolo e saltarono come agnelli, lodando te, Signore, il loro liberatore”.

UNA STORIA DI DIRITTI NEGATI

Più avanti, nel corso dello stesso capitolo 19, gli egiziani vengono paragonati ai cattivissimi abitanti di Sodoma, quei personaggi cioè che secondo il racconto della Genesi (Gen 19) volevano usare violenza ai due messaggeri divini giunti nella città a visitare Lot, il nipote di Abramo.

Secondo il testo di Sap 19,13-18, gli egiziani sono da considerarsi ben peggiori degli abitanti di Sodoma; essi, infatti, “dopo aver accolto festosamente gli stranieri, quando già partecipavano ai loro diritti, li maltrattarono con terribili fatiche” (19,16). L’autore della Sapienza ha qui in mente la lotta degli ebrei del suo tempo per ottenere la pienezza dei diritti civili nella città che li ospitava, Alessandria d’Egitto, diritti che tuttavia venivano loro negati dai governanti di quella città, i romani.

La riflessione sull’episodio biblico degli abitanti di Sodoma vuol far comprendere ai lettori della Sapienza che negare i diritti civili agli ebrei, perché considerati come stranieri, è ben peggio che usare loro violenza fisica, come fecero gli abitanti di Sodoma con i messaggeri divini. La Sapienza riflette appunto la lotta degli ebrei del I sec. a.C. che non accettavano di essere considerati stranieri nella città di Alessandria, nella quale vivevano e lavoravano da ormai molto tempo. Un problema vecchio di duemila anni, ma con evidenti risvolti di attualità.

LA CREAZIONE AL SERVIZIO DELLA SALVEZZA

Ma c’è di più: nel riflettere sull’episodio del passaggio del mare l’autore della Sapienza osserva che questo avvenimento è un segno che Dio è in grado di agire sul creato:

“L’intera creazione, infatti, veniva modellata di nuovo, come all’origine, nei suoi propri elementi, ubbidendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati incolumi” (19,6).

La creazione non è dunque semplicemente il palcoscenico sul quale si svolge la storia della salvezza; il cosmo intero è piuttosto un protagonista attivo della salvezza offerta da Dio agli esseri umani. Il Dio della Bibbia, infatti, non si interessa soltanto dell’umanità, ma dell’intero universo. La salvezza del popolo di Israele che passa attraverso il mare diviene segno di una salvezza più ampia, che coinvolge l’intero cosmo. Il v. 18 descrive tale salvezza come una ritrovata armonia degli elementi:

“Gli elementi, infatti, si accordavano tra loro, come sull’arpa certe note cambiano il nome del ritmo, mantenendo sempre lo stesso suono” (Sap 19,18).

Nella sua enciclica Laudato Si’, dedicata alla salvaguardia del creato, papa Francesco osserva più volte come il problema ecologico debba essere strettamente legato al problema economico e sociale; la salvezza del creato passa così attraverso la salvezza degli esseri umani dalla violenza e dall’ingiustizia, e viceversa l’attenzione nei confronti degli esseri umani non deve far diminuire quella nei confronti di ogni creatura. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale – scrive Francesco –, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (LS 139).

L’autore della Sapienza lo aveva già intuito. Dio salva il suo popolo facendolo passare attraverso le acque del mare, ma questo è solo il preludio a una salvezza più grande, che coinvolge appunto l’intero creato. Ciò che attende l’universo non è tanto la rovina, la caduta in un buco nero senza spazio e senza tempo; è una nuova armonia, una melodia unica e inaspettata.

Certo, il testo della Sapienza appare oggi utopico; ma questo è in realtà il caso di gran parte della Bibbia. Si tratta di quell’utopia fondata, per il credente, sull’amore di Dio, un’utopia che costituisce il vero motore della storia. Oggi – pensiamo in particolare al mondo occidentale – la storia appare immobile, o peggio sembra regredire verso forme di vera e propria barbarie, di egoismi di parte, di chiusure nazionalistiche. Si è perduta in gran parte la capacità di pensare il futuro e di immaginarlo come migliore; l’omologazione al pensiero unico – il liberalismo economico e il dominio del denaro – rende l’umanità incapace di sperare; come gli ebrei nel deserto, l’umanità ama la propria prigionia ed ha terrore della libertà. Il libro della Sapienza tiene ancora aperta questa porta. In questo modo, come gli israeliti al momento del passaggio del mare, anche noi possiamo sperare di diventare “spettatori di meravigliosi prodigi” (Sap 19,8).

IN OGNI TEMPO E IN OGNI LUOGO: UN CONGEDO

Al termine di un libro non sempre facile, ma certamente attuale, benché ormai vecchio di più di duemila anni, il saggio che lo ha scritto chiude la sua riflessione sulla creazione e salvezza con un breve testo di lode: “In ogni modo, o Signore, hai reso grande il tuo popolo e lo hai glorificato, e non hai trascurato di assisterlo in ogni tempo e in ogni luogo” (Sap 19,22). Il Dio della Bibbia si è fatto dunque conoscere nel corso della storia (“in ogni tempo”), ma anche si è reso presente nella sua creazione (“in ogni luogo”).

A tratti la Sapienza mostra anche il volto di un Dio severo, che punisce e persino causa la morte, come proprio nel testo del capitolo 19 accade agli egiziani che annegano nel mare (si veda ancora 19,1-6). Ma pur senza arrivare a proclamare, come nel Nuovo Testamento, che Dio è amore (cfr. 1Gv 4,7-8), l’autore della Sapienza sa bene che il Dio di Israele ama non solo gli esseri umani, ma ogni elemento della sua creazione. Vale così la pena di rileggere, alla fine del nostro percorso attraverso il libro della Sapienza, un testo che abbiamo avuto già modo di approfondire e che può ben servirci da conclusione:

“Tu ami infatti tutto ciò che esiste e non disprezzi nulla di quello che hai fatto: se tu avessi odiato qualche cosa non l’avresti creata. Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, o Sovrano, amico della vita. Il tuo spirito incorruttibile, infatti, è in tutte le cose” (Sap 11,24.26; 12,1).



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