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Luz María Longoria Gama, Madre del Concilio

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Avevo sentito parlare di lei, avevo letto qualcosa sulla sua partecipazione al Vaticano II nel libro di Adriana Valerio sulle ventitrè uditrici al Concilio e desideravo grandemente invitarla al Convegno su Teologhe rileggono il Vaticano II, organizzato dal Coordinamento teologhe italiane per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’inizio di un evento che, per la Chiesa tutta, ma in particolare per le donne, ha significato un passaggio epocale. Le ho telefonato in Messico.

Vivace, con i suoi 88 anni, mi ha detto che aveva già saputo del convegno e aveva espresso a suo figlio (uno dei suoi 14 figli!) il desiderio di prendervi parte, ma mi ha anche fatto capire la sua incertezza, vista l’età. Alla fine, ha deciso di venire. Per sicurezza, però, aveva accettato di registrare prima un breve filmato con una sua intervista. “Non si sa mai”, diceva.


FRAMMENTI DI UNA “GRANDE STORIA”

Per noi teologhe, che volevamo rileggere il Vaticano II, la presenza di Luz María è stata un’esperienza importante: la sua figura, prima ancora della sua comunicazione. Ha fatto precedere il suo arrivo da un dossier realizzato con la collaborazione delle teologhe messicane perché, come nel caso del Concilio, sentiva di non venire a Roma soltanto a suo nome. Ha partecipato, insieme a una delle sue figlie che l’ha accompagnata, a tutte le fasi del convegno, sempre attenta, con la sua cuffia della traduzione simultanea, alle diverse relazioni e ai dibattiti.

Alla fine le abbiamo riservato uno spazio ampio per una testimonianza che andava ad aggiungersi a quelle di altri che il Concilio lo avevano vissuto dall’interno. Luz María ha raccontato frammenti di una “grande storia”. Perché, nonostante sia stata molto circoscritta e, soprattutto, presto prudentemente archiviata, la partecipazione delle donne alle ultime sessioni del Vaticano II è stata una pagina di “grande storia”. Ha infatti segnato una svolta profonda a cui, a cinquant’anni di distanza, hanno potuto agganciare la loro proposta di rilettura di quel Concilio in prospettiva di genere più di duecento teologhe cattoliche venute a Roma da tutto il mondo.

Se oggi si parla addirittura di attribuire alle donne il titolo cardinalizio, se i nomi che cominciano a essere fatti sono di teologhe, tutto questo avviene anche perché, proprio a partire dal Vaticano II, la Chiesa cattolica, ormai forse finalmente stanca del suo atavico monosessismo, ha cominciato ad aprire le porte anche alle donne.

AL CONCILIO COME COPPIA

In realtà, diversamente da altre, Luz María ha partecipato soltanto all’ultima sessione del Concilio. A essere invitato era stato suo marito José Álvarez Icaza Manero che, giustamente, aveva preteso che l’invito fosse esteso anche a sua moglie dato che, dopo aver fatto crescere i loro tanti figli, lei lo aveva affiancato nel ruolo di presidenza del Movimiento familiar cristiano messicano che riuniva ben 14mila famiglie.

Riuscire a far sentire la propria voce, come espressione del pensiero e, soprattutto, dell’esperienza di tante coppie di tutto il mondo di cui, proprio in vista della loro partecipazione al Concilio, José e Luz María si erano messi all’ascolto non è stato facile: arrivavano di fronte ai padri conciliari dopo aver raccolto decine di migliaia di indicazioni in 36 paesi del mondo sull’esperienza familiare e sulle attese delle famiglie cattoliche rispetto al Concilio.

Ha ricordato divertita Luz María che, in particolare nei confronti delle donne, alcuni padri conciliari avevano tenuto sempre un atteggiamento ostile, evitando ogni contatto con loro, fosse anche soltanto un educato segno di saluto. La consegna del silenzio, poi, imponeva al piccolo gruppo delle donne di cercare altre strade.

A ROMA UNA “CASA FAMIGLIA” ECUMENICA

Luz María e suo marito hanno percorso a Roma una strada privilegiata, prendendo in affitto un appartamento. Così, insieme a due dei loro figli, hanno creato una “casa famiglia” che permetteva ai coniugi Álvarez Icaza di invitare a cena vescovi e cardinali, religiosi e laici di tutte le confessioni cristiane per riflettere, discutere, elaborare proposte. Aggirare il monito paolino che tanta fortuna ha avuto nella storia della Chiesa Mulieres taceant e che era stato posto come condizione per la presenza in aula di alcune donne è stato dunque possibile, ci ha raccontato Luz María che insieme al suo José arrivava a Roma carica di un’esperienza ecclesiale forte.

Per questo ricordava la pretesa di confinare le donne nel silenzio con un sorriso condiscendente, ma anche leggermente malizioso. Tra l’altro, già durante il Concilio, proprio grazie al sostegno anche economico dei coniugi Álvarez Icaza, venne creato in Messico un Centro nazionale dei media per la Chiesa che, sulla spinta del decreto conciliare sui mezzi di comunicazione Inter Mirifica, divenne importante strumento in mano all’episcopato messicano, oltre che per la diffusione delle idee del Concilio, anche per il sostegno alla crescita democratica del paese.

UNA PRESENZA NON DECORATIVA

La presenza di Luz María al Concilio non è stata dunque puramente decorativa, e la sua testimonianza pacata e insieme vigorosa ce ne ha dato ulteriore riprova. Cercare, riconoscere, ascoltare i testimoni: con i suoi ottantotto anni e un amore profondo per la Chiesa, “Luzma” ci ha raccontato un Concilio che non è stato un avvenimento circoscritto nel tempo ma che, a cinquant’anni di distanza, fa sentire con forza che tutti, uomini e donne, chierici e laici, siamo chiamati a un’appartenenza ecclesiale impegnativa ed esigente.



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