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CINDY, TURI E LE MADRI DI PIAZZA DI MAGGIO.

Cindy Sheenan è diventata il nuovo simbolo dell'“altra America”, quella pacifista e della disobbedienza civile, quando ha deciso di trasformare in protesta la sua tragedia personale. Suo figlio Casey è stato ucciso l'anno scorso a Sadr City, in Iraq. Lei la scorsa estate è andata a piazzarsi davanti al ranch del presidente George Bush a Crawford, in Texas, prima da sola, poi con altre madri di soldati morti in guerra, aspettando invano per settimane di potergli porre una semplice domanda: “Perché i nostri figli vanno a morire in Iraq?”.

Alla fine è stata arrestata davanti alla Casa Bianca per un sit-in non autorizzato, non prima di aver ridato vitalità al movimento statunitense contro la guerra, che è tornato a riempire le strade di Washington per opporsi alla “inutile morte di decine di migliaia di iracheni e di americani (sia in Iraq sia qui negli Stati Uniti), i quali sarebbero vivi se non fosse per i criminali che siedono e lavorano alla Casa Bianca”, come ha detto peace mom (“mamma pace”), così l'hanno soprannominata i media, mentre la portavano via in manette.

Difficile non pensare ad altre madri, prima di tutto a quelle della Piazza di Maggio, las locas (“le pazze”, come le chiamavano spregiativamente i soldati) che nel 1977, quando ancora la dittatura argentina era al suo auge, appoggiata da Washington, dove Kissinger la portava a esempio della “Dottrina della sicurezza nazionale”, e gradita a Mosca, cui vendeva il proprio grano, e nel Paese tutti facevano finta o si sforzavano di non sapere, cominciarono a ritrovarsi tutti i giovedì davanti alla Casa Rosada per chiedere che fine avessero fatto i loro figli desaparecidos.

Donne comuni, spesso semplici casalinghe, che il dramma familiare ha mutato in tenaci e lucide lottatrici per la verità e il rispetto dei diritti umani, pioniere della lotta per la democrazia che avrebbe condotto alla fine del regime militare. Esse, all'inizio forse inconsapevolmente, hanno riaperto la strada al ritorno della democrazia incontrandosi, mettendo in comune la loro sofferenza individuale e facendone una forza collettiva, nonviolenta, ma incrollabile, al servizio della giustizia. Pronte anche a pagarne il prezzo, come dimostra il riconoscimento avvenuto di recente, del cadavere di Azucena Villaflor, la fondatrice delle Madri, sequestrata nel dicembre 1977 e poi sepolta come NN nel cimitero di General Lavalle, dopo che il suo corpo senza vita era stato portato sulla spiaggia dal mare. Era stata lei, cui era scomparso il figlio Nestor, a riunire le prime quattordici madri solo “per sedersi e parlare”.

Cindy e Azucena hanno fatto del proprio dolore privato la leva per un'azione politica, in cui si sono messe in gioco in prima persona, disposte a pagare dei costi per avere verità e pace.

Lo ha fatto anche Turi Vaccaro, pacifista siciliano, attivissimo negli anni '80 nella lotta contro i missili a Comiso, che il 9 agosto, 60° anniversario dell'attacco nucleare a Nagasaki, è entrato nella base militare di Woensdrecht, nei Paesi Bassi, e con un martello portato da Assisi (a sottolineare il legame ideale e spirituale col messaggio di San Francesco) ha messo fuori uso due bombardieri F16, predisposti per portare bombe atomiche. Ora è in prigione.

Cindy, Azucena e Turi: storie diverse, uguale la scelta di assumersi una responsabilità personale, di agire a partire da sé, dalla propria sofferenza, dalla propria etica.



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