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IL PROGETTO MISSIONARIO DI DIO TRA STORIA E NARRAZIONE

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Dal qualche anno ormai don Flavio Dalla Vecchia, biblista bresciano, firma la nostra rubrica “Parola e Missione”. Il “viaggio” biblico con lui è iniziato dai Profeti, nel 2011, passando attraverso i Libri sapienziali, nel 2012, e i Salmi, nel 2013. Quest’anno, 2014, continueremo il cammino con i Libri storici. Ringraziamo di cuore l’amico biblista, anche dalle pagine della rivista, per la preziosa guida offerta ai lettori e amici di “Missione Oggi”, alla scoperta del progetto missionario di Dio nell’Antico Testamento (AT o Primo Testamento), con duplice fedeltà: al testo biblico e al contesto dei lettori. (ndr)   

LA DISPOSIZIONE EBRAICA E QUELLA CRISTIANA

Nella prima parte della Bibbia, sia nella disposizione ebraica sia in quella cristiana, è presente una sequenza narrativa che parte dalla creazione e termina con la fine dei due regni d’Israele e di Giuda. Nei libri che vanno da Genesi a 2 Re si narra infatti come, dopo i primi passi dell’umanità, Dio si sceglie un popolo e lo accompagna.

Tra questi libri, i primi cinque godono da sempre di uno statuto speciale, in quanto libri di Mosè (Pentateuco o Torah di Mosè), mentre i successivi sono inseriti dalla tradizione cristiana tra i libri storici, ai quali appartengono, oltre ai libri che vanno da Giosuè a 2Re, anche altri testi che propongono una sequenza parallela, cioè Cronache, Esdra e Neemia, nei quali si sviluppa un arco temporale che va da Adamo alla ricostituzione della comunità ebraica in Gerusalemme e in Giuda, per opera di due guide che godevano del favore della corte persiana.

A questi libri, nella tradizione cristiana cattolica, ortodossa e riformata, si aggiungono Rut e Ester, mentre solo i cattolici e gli ortodossi includono sotto questa etichetta Tobia, Giuditta e 1-2 Maccabei. 

DIO MOTORE DELLA STORIA

Le vicende narrate nel Pentateuco si svolgono quasi del tutto fuori dalla Terra promessa e in esse risalta il coinvolgimento di YHWH, quale Dio d’Israele: si tratta di un coinvolgimento diretto, che lo vede protagonista degli eventi, facendone dunque il motore della storia.

Con Giosuè, lo scenario muta e gli avvenimenti si svolgono nella terra a lungo desiderata; nello stesso tempo le informazioni storiche sono assai più circostanziate, come si può ricavare dal raffronto con i racconti della permanenza in Egitto: in quel caso nessun nome di re o di funzionario importante è fornito, mentre nei libri storici sono menzionati diversi protagonisti della storia politica del Vicino Oriente antico, offrendo in tal modo ai lettori una collocazione precisa degli avvenimenti nel quadro della storia universale.

TRA STORIA E NARRAZIONE

Anche in questi libri risalta il coinvolgimento divino nelle vicende umane, ma con maggior e intensità rispetto ai libri precedenti si mettono in risalto le causalità storiche degli accadimenti, insistendo sulla responsabilità delle scelte umane, in particolare dei re, come si ricava dagli interventi diretti degli autori dei libri che vanno da Giosuè a 2Re nella presentazione delle vicende in occasione di una svolta storica decisiva tramite discorsi messi in bocca ai protagonisti (Gs 23;1Sam 12; 1Re 8) oppure tramite commenti diretti (2Re 17; 22-23).

Pur con uno stile diverso e con differenti preoccupazioni teologiche, anche i libri delle Cronache, Esdra e Neemia, 1-2 Maccabei consentono una precisa collocazione degli avvenimenti narrati entro un contesto storico e politico ben definito.

Lo stesso non si può affermare invece di libri come Rut, Ester, Tobia e Giuditta, nei quali lo sfondo storico risulta fittizio.

LIBRI CHE NARRANO LA STORIA

Nessun libro dell’AT designa il suo contenuto come “storia”, poiché sarebbe un anacronismo: il termine, infatti, è nato in Grecia; nello stesso tempo è indubbio che gran parte dei testi dei quali trattiamo si collochi nell’alveo della storiografia, che secondo la tradizione occidentale avrebbe avuto come padre Erodoto.

Ci si può chiedere se la qualifica “storici” dipenda dalla forma o dal contenuto dei libri in questione.

Quanto alla forma, si assiste in tutti alla prevalenza della narrazione – sebbene in alcuni casi essa sia ridotta all’ossatura delle genealogie –, ma si tratta di differenti tipi di narrazione, talvolta caratterizzanti un intero libro, altre volte limitati a sezioni o paragrafi degli stessi. Si possono individuare, infatti: saghe, leggende, racconti popolari, novelle, memorie, annali, liste amministrative, racconti di guerra, canti di vittoria, testamenti politici, brevi biografie.

Da ciò consegue che forse una migliore definizione di queste opere sarebbe non tanto libri storici, bensì libri che narrano la storia, mettendo dunque in primo piano la dimensione narrativa dei testi.

COME RISPOSTA CREDENTE ALL’INVITO DI DIO

L’approccio prevalente a questi libri, in epoca moderna, ha avuto come scopo di chiarire la relazione tra i libri biblici e il passato di cui parlano.

Ciò ha richiesto un’indagine che tenesse conto anche di altre fonti per determinare la qualità dell’informazione storica; nello stesso tempo lo sforzo teso a ricostruire gli avvenimenti nella loro effettiva attuazione è spesso andato a scapito della presa di coscienza che la scelta degli autori di offrire delle narrazioni non era solo in funzione di una ricostruzione del passato: essa era la risposta credente all’invito di Dio che sollecitava a fare del cammino storico con il suo popolo il luogo preminente della sua rivelazione.

Egli nella liberazione dall’Egitto si rivela come colui che prende posizione tra oppresso e oppressore; nel dono della terra offre al suo popolo uno spazio concreto in cui costruirsi come comunità fondata sulla giustizia; di fronte ai fallimenti del popolo, non esita a punire, ma nello stesso tempo, tramite i suoi profeti, aiuta a comprendere quali sono le scelte che potranno condurre a una rinnovata esperienza della benedizione divina.

PER COMPRENDERE LA STORIA UNIVERSALE

Scorrendo i libri storici, il lettore passa, per ciò, dall’inizio del tempo alla considerazione delle varie epoche della storia, per giunger e nelle immagini profetiche addirittura alla conclusione o al compimento del tempo; la cornice crono- logica trasforma racconti episodici in momenti di uno sviluppo storico successivo.

La storia narrata, sebbene si concentri in gran parte su singoli eventi e personaggi, ha dunque la pretesa di essere la storia, cioè la chiave per comprendere la storia universale.

La narrazione – e la messa per iscritto della storia – diventa una necessità, affinché il popolo non venga meno alla fedeltà al suo Dio e lo stesso Dio non sia ridotto a uno dei tanti dèi, come dichiara il Sal 78.

SALMO 78:

1 Ascolta, popolo mio, la mia legge, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.

3 Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato

non lo terremo nascosto ai nostri figli, raccontando alla generazione futura

le azioni gloriose e potenti del Signore e le meraviglie che egli ha compiuto.

4 Ha stabilito un insegnamento in Giacobbe, ha posto una legge in Israele,

che ha comandato ai nostri padri di far conoscere ai loro figli,

6 perché la conosca la generazione futura, i figli che nasceranno.

Essi poi si alzeranno a raccontarlo ai loro figli,

7 perché ripongano in Dio la loro fiducia

e non dimentichino le opere di Dio,

ma custodiscano i suoi comandi.

Come mostra il v. 7, si racconta il passato per sollecitare una memoria che motiva un agire, il quale attesta la fedeltà a Colui che in quella storia si è rivelato (o è stato riconosciuto) come il vero motore degli eventi.

Il racconto si attua anche tramite la lettura di quanto è stato messo per iscritto, come emerge dalle occasioni in cui si mette in rilievo il ruolo del libro (cfr. Es 24; Dt 34; Gs 24,25-26; 2Re 22; Esd 8,1-18).

Nei momenti decisivi ci si ricollega al passato, tramite il racconto o tramite la lettura, e ciò consente al popolo (o al lettore che oggi si confronta con la narrazione degli eventi) di comprendere il momento storico che si sta vivendo nei suoi rischi e potenzialità;

il popolo e il lettore sono posti così di fronte alla scelta fondamentale che si esprime nell’adesione all’alleanza,

come bene illustrano i cc. 9-10 di Neemia, nei quali si narra come i figli d’Israele ritornati dall’esilio si impegnarono a “camminare nella legge di Dio, data per mezzo di Mosè, servo di Dio” (10,30), dopo aver confessato i loro peccati e quelli dei loro padri con una lunga preghiera nella quale si ripercorrono gli episodi salienti della vicenda del popolo da Abramo fino alla situazione in cui versava la comunità (Ne 9,2-37).



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