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ESTER / FIGURA DELLA MISSIONE NELLA PERSECUZIONE

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La vicenda di Ester è ambientata alla corte persiana. Il testo ebraico si apre con il ripudio della regina Vasti per aver disobbedito all'ordine impartitole dal re Assuero di comparire in pubblico. A seguito del ripudio entrano in scena i due protagonisti: Mardocheo, un giudeo deportato a Babilonia, e sua figlia adottiva Ester.

Con prontezza di spirito, Mardocheo sfrutta a suo favore la situazione di crisi sorta con l'allontanamento di Vasti, riesce a introdurre Ester nell'harem del re ed ella ottiene il favore del re e diventa regina. Nel frattempo due fatti segnano la sorte di Mardocheo.

VIVERE DA CREDENTI IN ESILIO

Mardocheo riesce a sventare un complotto ordito contro il re persiano, ma un suo nemico, Aman, diventa primo ministro. Poiché Mardocheo rifiuta di salutare il rivale con la prostrazione, secondo lo stile orientale, Aman ottiene l'autorizzazione regia per attuare un pogrom nei confronti di Mardocheo e del suo popolo.

A questo punto interviene Ester che, convinta da suo padre adottivo, si reca dal re per intercedere a favore del suo popolo. Con abile temporeggiare si conquista il favore del re e mette sotto accusa il primo ministro, al punto da ottenerne la condanna a morte. I giudei sono perciò autorizzati dal re a opporsi agli assalitori e a punire i loro nemici nel giorno fissato da Aman per attuare il pogrom contro di loro. Questo giorno sarà commemorato annualmente con grande gioia nella festa di Purim.

Leggendo Ester, se ci si limita alle sole parti conservate in ebraico, si prova un certo disagio nei confronti dei valori che in esso sembrano veicolati, anche perché tutto culmina nella vendetta dei giudei. La tensione che regge il racconto è centrata sul conflitto sorto tra due funzionari della corte persiana.

Apparentemente le motivazioni del conflitto si collocano entro le meschinità che attorniano ogni struttura di potere, in cui la carriera e il profitto possono diventare l’unica ragione di ogni iniziativa, ingenerando sospetti, invidie, gelosie, corruzione e delitti. Il narratore è tuttavia attento a caratterizzare personaggi e questo permette di cogliere le diverse concezioni del potere che entrano in gioco.

SENZA RINNEGARE LA PROPRIA IDENTITÀ

Da un lato vi è l’ambizioso Aman, che è giunto ai vertici della gerarchia ed esige da tutti onore e rispetto. Non si dice come egli sia giunto a ottenere il favore del re; subito però si fornisce un esempio di come egli concepisca il suo potere: non è il governante preoccupato del benessere dei sudditi dell'impero, ma del proprio onore e della propria dignità.

Il rifiuto di un sottoposto di accordargli gli onori dovuti è da lui visto come il germe di una possibile erosione del suo potere; siccome inoltre l’atteggiamento del funzionario giudeo potrebbe essere il sintomo di un’opposizione che gli può derivare da un intero popolo (si veda 3,4), decide di programmare addirittura un pogrom.

Il tratto che maggiormente risalta nella figura di Mardocheo è l’affermazione della sua identità etnica: egli ha ingiunto alla cugina di non rivelare le sue origini, ma di fronte all'ordine che gli impone di onorare un “nemico” del suo popolo, non teme di smascherarsi (3,4). Non è soltanto questione di perdere la faccia: si tratta di decidere quale prezzo valga la perdita della propria identità.

Mardocheo è disposto, come ogni giudeo, a scendere a compromessi con la corte, perché il suo popolo possa godere di un giusto benessere; egli tuttavia rifiuta di svendere la propria identità, di rinnegare le proprie origini, sottomettendosi a uno che incarna in sé tutta l’ostilità che il suo popolo ha incontrato lungo la storia.

MENTRE LA MISSIONE DI ESTER

Ester è presentata all’inizio come un personaggio passivo: il suo ingresso nell'harem è deciso dal cugino così come il suo comportamento in quel luogo è da lui suggerito; anche il suo ornamento al momento di essere introdotta dal re dipende dalle indicazioni di un altro (cfr. 2,15). Quando, però, è posta di fronte alle responsabilità che la sua nuova condizione le impone nei confronti del suo popolo non indietreggia (cfr. 4,13-16).

Si può occultare la propria identità al fine di realizzare un rapporto sereno con chi è diverso, oppure per non subire emarginazioni da parte di un potere assoluto, ma se tale silenzio diventa complicità con un crimine e addirittura collusione con chi vuol distruggere la propria origine, allora nessun prezzo è eccessivo.

Nelle parole di Mardocheo a Ester (4,7-14) ci è trasmessa una visione del ruolo di quei giudei che in epoche diverse sono giunti ai vertici degli imperi man mano succedutisi sullo scenario della storia: essi non sono dei privilegiati, ma sono lì per consentire ai loro fratelli e alle loro sorelle di vivere in pace. Non è il loro vantaggio personale che deve prevalere, ma la sorte e il benessere del loro popolo.

ILLUMINA LA NOTTE DEL POTERE CIECO

Nel racconto il re Assuero assurge a simbolo del potere: come questo è cieco, condizionabile, fruibile secondo le circostanze, manipolabile. Spetta ad altri volgere verso la giustizia e il bene i suoi pronunciamenti: egli non vede, le sue conoscenze sono filtrate, anche la sua memoria ha bisogno di costanti sollecitazioni.

Il potere non muta nelle sue attitudini, solo le sue decisioni mutano e ciò è possibile perché attorno a lui si avvicendano persone diverse che orientano i suoi pronunciamenti.

Perciò è importante per i giudei non stare lontani da chi come Assuero incarna il potere: proprio dalla fiducia che il re ripone nei loro rappresentanti a corte, proprio dalle possibilità di movimento e di suggerimento che egli consente a loro scaturisce l’opportunità per il popolo di vivere con tranquillità sotto il dominio straniero.

SIMBOLO DELLA PASQUA RINNOVATA

L’assenza totale della menzione del nome divino nel testo ebraico di Ester ha disorientato non pochi lettori del libro e già la versione greca attesta un deciso sforzo di rileggere religiosamente la vicenda contenuta nel libro.

Un aspetto del racconto può, però, aiutare a comprendere il significato del silenzio riguardo a Dio: al centro della preoccupazione del libro sta la sorte di un popolo ed è questa a spingere i due protagonisti giudei ad agire. In 6,13 i consiglieri di Aman e la moglie gli dicono: “Se Mardocheo, di fronte al quale tu hai cominciato a decadere, è della stirpe dei giudei, tu non potrai nulla contro di lui, anzi soccomberai del tutto davanti a lui”.

Questa affermazione rappresenta un’esplicita ammissione del valore di questo popolo: che cosa tuttavia rende questo popolo così sicuro?

In realtà il racconto esposto nel libro non è semplicemente un fatto di cronaca, ma un evento tipico: i giudei della diaspora sono sempre in balia di potenti che spesso decidono della loro sorte sulla base dei propri interessi.

Anche il giudeo che confida nel Signore della storia può perciò sentirsi spesso abbandonato a se stesso e temere di dover soccombere irrimediabilmente.

Egli sa però che nel suo popolo esistono membri che possono liberarlo dalla sciagura, se come Mardocheo ed Ester sanno assumersi le loro responsabilità. Questo non garantisce del tutto di fronte alla sofferenza, ma rende la storia aperta alla possibilità della salvezza: esortando Ester ad agire, Mardocheo sottolinea che la sua collocazione alla reggia non è casuale (cfr. 4,14); non si appella a Dio, ma le fa presente che spetta a lei riconoscere il valore delle circostanze e il suo ruolo di fronte a queste.

FIGURA DELLA MISSIONE CRISTIANA

Anche il cristiano è oggi chiamato a preservare la sua identità nella diaspora di un mondo globalizzato; anch’egli è chiamato a prendere coscienza della sua responsabilità di fronte alle nuove crisi: può cercare rifugio in una chiusura settaria o in compromessi talvolta meschini, ma se comprende che la storia non è solo un succedersi casuale, può mettersi dalla parte di chi è oppresso e stimolare le società in cui è chiamato a vivere

e operare affinché non prevalgano le ambizioni o le aspirazioni di pochi ma la giustizia e la difesa della dignità di ogni essere umano.



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