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Dio tra Simboli, Fedi e Leggi

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Lo spazio delle religioni in una società laica e pluralista

CONVEGNO 2005 - PRESENTAZIONE

Benvenuti e benvenute a questo convegno! È nostra abitudine per i convegni di Missione Oggi scegliere una tematica che appassiona e che provochi riflessioni. Lo scopo di questa giornata è quindi dare attenzione al tema della laicità guardato da punti di vista diversi e soprattuto da varie religioni. È il prof. Lawrence Sullivan che ci farà riflettere dalla prospettiva di storico delle religioni. Poi Mauro Castagnaro guiderà la tavola rotonda sulla sfida della laicità nell'Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Abbiamo invitato per l'occasione tre ospiti, nostri amici, ad aprire una discussione, che speriamo poi di poter continuare durante l'anno attraverso la rivista stessa. Infine daremo la parola a Barbara Randazzo, docente all'Università di Milano, per ascoltare le sue osservazioni sulle possibili concretizzazioni nella situazione italiana. Insomma un lungo e intenso percorso che farà scaturire domande e riflessioni. Vorrei inziare con alcune definizioni della laicità, sulle quali poi le altre relazioni costruiranno. All'uscita dal liceo francese di Roma, una studentessa, intervistata sulla legge appena promulgata in Francia, ha offerta una risposta che mi sembra alquanto significativa: 

"Voi in Italia avete il cristianesimo, noi in Francia abbiamo la laicità". Secondo questa ragazza la laicità in Francia è vissuta come una religione. Ma se la laicità fosse una fede, una religione che rivaleggia con altre fedi, allora avrebbe anch'essa una forma di culto con le sue liturgie, i suoi libri sacri e le sue abitudini etiche. Mi pare che l'uomo laico non sia uno che crede poco o che non crede, non esiste una scuola filosofica o religiosa laica, una Chiesa laica alla quale gli immigrati sono chiamati a conformarsi. La laicità non è una fede.

CHE COSA E’ LA LAICITA’?

Il dizionario Larousse definisce la laicità come "un sistema che esclude le Chiese dall'esercizio del potere politico e amministrativo e in particolare dall'organizzazione dell'insegnamento". È questa una definizione della laicità, diremmo, alla francese. In altre parole, si potrebbe dire che solo la separazione permette la coabitazione, la pacificazione è ottenuta col silenzio sulle convizioni filosofiche e religiose.

La seguente è invece la definizione della laicità cosiddetta "aperta": il rispetto delle credenze di tutti arricchito col dialogo fra tutti. Un passo in avanti: dalla diversità tollerata alla diversità augurata. Ci sono anche altre definizioni a seconda degli epiteti che si mettono accanto alla parola laicità: laicità pluralista, laicità militante, laicità autentica… Mi pare che gli elementi fondamentali siano tre: separazione del religioso dal politico, intesa sui valori comuni e uguaglianza di tutti i cittadini. Paradossalmente la laicità ha successo solo se non diventa religione, se non entra in concorrenza con le altre fedi, quindi rispettando il credo di ciascuno e imponendo regole comuni a tutti. Non mi dice di trasformare la mia fede in un qualcosa da mettere appeso su un muro in alcuni luoghi pubblici, scuole, uffici ospedali. Ecco allora la prima domanda: come credente e come individuo devo rinunciare a un pezzetto della mia libertà personale perché venga protetta la libertà di tutti gli altri con cui vivo? La maggioranza dei Paesi in Europa è giunta a questo traguardo, cioè alla separazione dello spirituale dal temporale, il religioso da alcuni spazi pubblici

Nel dicembre 1993 ci fu un articolo apparso nel Le Monde dal titolo: L'État peut-il encore être laïque? L'autore Odon Vallet si domandava se fosse stata possibile una laicità intesa sempre come separazione tra Stato e Chiesa. Era un po’ pessimista nell'osservare le tendenze di quel tempo.

Nel mondo solo cinque Paesi hanno scritto della laicità nelle loro costituzioni: la Francia (1905), il Messico (1917), la Turchia (a partire dal 1923), l'India nel 1947 e il Giappone nel 1946, "sotto pressione degli americani". Ma c'è un ritorno del religioso in tutti questi Paesi. Ecco la sua conclusione: "In questo periodo di disgrazie, di aids, nel bel mezzo di riaggiustamenti ideologici e cambiamenti strategici, le religioni offrono ai governanti dei punti stabili e valori fissi, secondo la diagnosi espressa da Emile Zola, un secolo fa, nel suo romanzo Nana: "I grandi disordini portano alle grandi devozioni". E con l'11 settembre i disordini si sono ampliati e moltiplicati.

LA LAICITA' IN EUROPA

Di 25 Stati europei: sette conoscono un regime di "religione di Stato": Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia (luteranesimo), Grecia (Chiesa ortodossa), la Gran Bretagna (anglicanesimo), Malta (cattolicesimo). sette professano la separazione delle Chiese dallo Stato: Ungheria, Lettonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e la Francia che l'ha scritto nella sua Costituzione. Quindici Paesi hanno firmato accordi bilaterali con la Santa Sede: Austria, Spagna, Francia (per la provincia Alsazia-Mosella), Italia, Portogallo, Lussemburgo, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Germania (14 dei 16 länder hanno firmato un accordo con la Santa Sede).

LA LAICITA' NEGLI STATI UNITI E IRAN

Un caso a parte sono gli Stati Uniti dove la Costituzione postula One Nation Under God e In God we trust…. Quando l'anno scorso un californiano ha cercato di togliere le parole "One Nation Under God" dal giuramento di fedeltà alla nazione, c'è stato un subbuglio: 90 per cento degli americani ha voluto tenere la frase. Questa sottomissione a Dio è confermata dal primo emendamento della Costituzione: il Congresso non approverà leggi che instaurino qualsiasi religione o ne vietino il libero esercizio. Infatti la religione impregna tutta la vita pubblica: 82 per cento degli statunitensi si considera religioso e 44 per cento segue un culto domenicale. Il presidente eletto presta giuramento sulla Bibbia. Il Senato pratica una preghiera quotidiana. Ma non sovvenziona nessuna impresa gestita dalle chiese.

Un altro Paese interessante nel mondo islamico mi sembra l'Iran dove c'è stata una laicità dura, imposta e antidemocratica nel 1920 e poi nel 1960, prima di essere spazzata via dalla rivoluzione islamica.

L'Iran non è un Paese laico, ma sempre più numerosi sono gli iraniani, compresi i religiosi, che vorrebbero una separazione fra religione e Stato. Si accorgono che la religione ha molto da perdere in questa alleanza strumentalizzata dai politici. Non sappiamo come si comporteranno per il futuro. La laicità mi appare come un'utopia con un orizzonte molto attraente che consisterebbe in questo: istituzioni e cultura che propongono un'arte di vivere insieme sullo stesso territorio condividendo a fondo le stesse concezioni dell'esistenza, quindi arricchendosi gli uni gli altri con questa pluralità. È un'utopia nata dalla modernità, dalla secolarizzazione, infatti mette in evidenza un principio fondamentale: ogni individuo, aquistando la priorità sul tutto collettivo, è da considerare un soggetto libero, autonomo e indipendente, dotato di tutti i diritti inalienabili, compreso quello della propria religione.

ALTRE DEFINIZIONI DI LAICITA'

Dal mondo cristiano. Il documento del Concilio Vaticano II Dignitatis Humanae e poi Gaudium et Spes descrivono molto bene la libertà religiosa che è poi la sorella gemella della laicità: la caratteristica dello Stato non è nell'escludere, nell'impedire la visibilità delle religioni, ma nel fare emergere questa libertà del credere. Allora l'unico limite al suo esercizio può essere la violazione dei diritti umani fondamentali, nessuna libertà neanche quella religiosa è incondizionata. La seguente è la definizione invece del Consiglio delle Chiese cristiane di Francia: "Compito della laicità non è quello di costituire degli spazi svuotati dal religioso, ma offrire uno spazio in cui tutti, credenti e non credenti, possano trattare di ciò che è accettabile e di ciò che non lo è, delle differenze da rispettare e delle derive da impedire, e questo nell'ascolto reciproco senza far tacere le convinzioni e le motivazioni degli uni e degli altri, ma senza scontri ne propaganda", così è scritto nella lettera che il Consiglio ha inviato al presidente Chirac.

Vorrei concludere con una definizione di Giovanni Paolo II: "La laicità non è altro che il rispetto di tutte le fedi da parte dello Stato, che ne assicura il libero esercizio delle attività culturali, spirituali e caritative delle comunità di credenti. In una società pluralista, la laicità è un luogo di comunicazione tra le diverse tradizioni spirituali e la nazione" (Discorso al Corpo Diplomatico, gennaio 2004).

Allora c'è o non c'è la laicità in Italia? O c'è solo il cristianesimo? È ciò che cercheremo in questa giornata aiutati da altri relatori.

NICOLA COLASUONNO.



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