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9° Incontro delle CEB del Brasile: La Festa dell’inclusione

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Lo scorso luglio, a São Luis do Maranhão (Brasile), si è tenuto il 9° Interecclesiale delle Comunità ecclesiali di base (CEB).  Ce lo racconta uno dei partecipanti.

La CEB ha la capacità di trasformare la chiesa gerarchica e di farla diventare la chiesa della comunione e il luogo del protagonismo concreto dei laici e delle donne.

È una grande sfida per le Comunità ecclesiali di base il riuscire a dare un’etica al mondo della comunicazione.

Le Comunità ecclesiali di base sentono l’importanza di conoscere meglio tutto il mondo religioso afro-brasiliano che è ricchissimo di riti, di simboli e contenuti della cultura negra.

Le CEB stanno facendo lievitare la chiesa della condivisione, dell’alterità, della differenza, della vita in abbondanza, del bene comune.


       Il grande incontro delle Comunità ecclesiali di base (CEB) - realizzato dal 15 al 19 luglio, a São Luis do Maranhão - è cominciato con una festa che ha dato il giusto tono al 9° Interecclesiale.  Sul palco non c’era solamente il vescovo di São Luis per dare il benvenuto a tutti i partecipanti delle tantissime Comunità ecclesiali di base del Brasile e anche ai rappresentanti delle CEB dell’America latina e dei Caraibi.  Al suo fianco c’era l’autorità religiosa delle popolazioni indigene (il “pajè”), la figura carismatica del popolo afro-brasiliano (la “madre del santo”), il pastore luterano, il senza terra, il disoccupato, il “favelado”, la donna, il bambino, il giovane, lo straniero. Insomma, il mondo si trovava su quel palco per affermare - chi danzando, chi parlando, chi cantando, chi benedicendo - che il grande evento delle CEB vuole essere la festa dell’inclusione, come ha proclamato con molta forza la coordinatrice dell’Interecclesiale, Lucineth Cordeiro Machado, nel discorso di apertura.

Il 9° Incontro aveva come tema “le CEB, vita e speranza nelle masse”. I lavori, suddivisi in sei sezioni, ci hanno portato a riflettere sul come essere oggi vita e speranza per le masse di persone che vivono nella miseria, nella povertà, nell’emarginazione sociale, nell’esclusione, oppure per quelle masse che si spostano a destra e a sinistra per incontrare “l’Assoluto” mediante le grandi processioni, feste, celebrazioni; o per quelle masse che vivono insoddisfatte nell’opulenza del capitalismo, nella borghesia dell’accumulazione.  La sfida per la Comunità ecclesiale di base è entrare nelle masse senza affievolire la sua forte proposta di vita comunitaria, della spiritualità della liberazione, di impegno e lotta per la trasformazione della realtà; cioè CEB che diventano davvero speranza e vita nuova per questo gigantesco Brasile impoverito, affamato di giustizia, di condivisione, di terra per tutti, di amore e di Dio.

L’ETICA NEI MEDIA

Ho partecipato alla sezione “cultura di massa”. Usando il metodo peculiare delle CEB  (vedere, giudicare, agire, revisionare e celebrare) si è visto che la cultura di massa è molto influenzata oggi dai mezzi di comunicazione sociale, che sono però nelle mani dei potenti. I media hanno la capacità di manipolare le masse e di portarle ad una cultura consumistica, edonista e neoliberalista che distrugge la cultura del bene comune, della giustizia e della condivisione.  In Brasile si nota subito come la televisione sia diffusissima.  Anche nelle  favelas, dove la vita è molto precaria, c’è il televisore.  C’è stata - ed esiste tuttora - una politica di fabbricazione di modelli a basso prezzo e di diffusione anche nei sotterranei della storia per riuscire a controllare il cervello delle masse.  Nella campagna elettorale si percepisce quanto potere abbiano i grandi mezzi di comunicazione e come riescano a plagiare le coscienze, non permettendo di scegliere il candidato che darebbe futuro al paese, ma dando continuità all'élite politica già al governo.  A Belèm, capitale dell’Amazzonia,  dove lavoro, la televisione ha fatto il suo ingresso, in questi giorni, anche su alcune linee di autobus della città.  Ho preso recentemente un autobus e mi sono trovato di fronte a due televisori, uno davanti e l’altro dietro.  E il proprietario dell’impresa di trasporto ha avuto addirittura il coraggio di aumentare il prezzo del biglietto.  Che contraddizione!  La gente non ha bisogno di un salotto per fare un pezzo di strada in città, ma di un servizio a buon prezzo per raggiungere il posto di lavoro, altrimenti il prezzo del viaggio toglie la metà dello stipendio.

L’Interecclesiale, mediante la riflessione che si è svolta in tanti sottogruppi, ci ha fatto capire che il problema non sono i media come strumenti di comunicazione, ma come vengono usati questi veicoli oggi.  Una delle conclusioni è che non stanno facendo un servizio a favore delle masse per toglierle dalla situazione di impoverimento e di esclusione, ma sono asserviti ai grandi del sistema neoliberalista.  Infatti, il grido dei “senza” (chiamato così perché è il grido dei senza terra, dei senza lavoro, dei senza tetto), sceso in piazza nel giorno nazionale della lotta, lo scorso 25 luglio, ha organizzato una manifestazione anche a Belèm.  Un punto forte è stata la sosta davanti al palazzo del “Liberale” (una potente famiglia dello stato del Parà che domina i mezzi di comunicazione con il suo giornale, il suo canale televisivo), denunciando che è un gruppo a servizio dei potenti del Parà.

Un’altra conclusione importante dell’Interecclesiale è che le CEB devono usare questi mezzi per parlare oggi alle masse, ma devono preoccuparsi anche che i media trasmettano un messaggio di liberazione e di trasformazione della società.  È stata unanime la proposta di rafforzare l’iniziativa delle radio comunitarie, che sono nate in questi anni attraverso l’impegno delle Comunità ecclesiali di base, dei Movimenti popolari, delle cooperative e dei sindacati.  Infatti la diffusione capillare delle radio comunitarie, come veicolo di comunicazione popolare, è stato uno degli impegni assunto dall’Assemblea del 9° Interecclesiale.

Si è parlato anche dell’importanza di riuscire ed entrare nei grandi mezzi di comunicazione per introdurre l’etica nei media, in sintonia con l’ultimo incontro dei vescovi brasiliani che hanno parlato di etica nella comunicazione.  È una grande sfida per le Comunità ecclesiali di base il riuscire a dare un’etica al mondo della comunicazione, che dovrebbe essere a servizio di una cultura di pace, di giustizia e del bene comune.

LA CULTURA DELLA VITA

Il teologo Frei Betto, uno dei grandi sostenitori delle CEB, ha introdotto il suo discorso spiegando che “cultura” è tutto quello che la gente fa per avere una migliore qualità della vita. Ha sottolineato che tutti abbiamo una cultura e non solo coloro che hanno frequentato l’Università. Ha continuato affermando che esistono culture parallele e differenti e tutti siamo colti, ma la società ingiusta privilegia la cultura intellettuale a scapito della cultura manuale dei piccoli.  Frei Betto ha inoltre sostenuto che esiste una cultura dominante, quella dei ricchi e potenti, che fa di tutto per entrare nella testa dei piccoli.

“In una società disuguale la testa del piccolo diventa hotel del grande, ospita la testa dei potenti”: queste parole di Betto evidenziano il fatto che abbiamo nella nostra testa molta cultura dei grandi. Citando il discorso del papa sulla comunicazione, il teologo ha denunciato che i media presentano molti valori occidentali spacciandoli per valori cristiani, quando in verità sono valori a favore del capitale e del guadagno. Parlando di Gesù, Betto ha sottolineato che era un uomo cosciente di avere cultura, ma non era quella della classe dominante.  Per questo si è scontrato con la cultura di quel tempo che era una cultura della legge. Mentre la cultura di Gesù era quella a favore della vita.

Infine, il teologo non ha avuto paura di affermare che il neoliberalismo crea nella testa della gente una cultura di morte perché genera la competitività, l’accumulazione, il lucro e l’esclusione.  Le CEB sono invece a favore del Vangelo che è una cultura della vita perché annuncia la solidarietà, la condivisione, il servizio e l’inclusione.

Sull’agire - che riguarda la terza parte del metodo di riflessione e di ricerca delle CEB - le varie sezioni hanno sottolineato l’importanza dei mezzi di comunicazione di massa della cultura cristiana, quali le celebrazioni, le processioni, il teatro liturgico, i momenti forti come la Pasqua o il Natale, i pellegrinaggi. Ad esempio alla grande processione del “Cirio” di Belèm, durante la festa della Madonna di Nazarè, partecipano ogni anno più di un milione di persone della capitale e delle altre città del nostro stato.  È una delle maggiori processioni del mondo cattolico. Questa realtà che fa parte del cattolicesimo popolare, ha un’influenza rilevante a livello di comunicazione. Si tratta quindi di rivalorizzare le tradizioni popolari con i propri simboli, e anche tutte quelle espressioni popolari che caratterizzano la vita delle masse. “Le CEB si situano nel cuore del cattolicesimo popolare.  Sono spazi dove le tradizioni si rinnovano, e dalle vecchie radici germinano nuovi rami con fiori vistosi e frutti saporiti per i nostri tempi”, afferma il documento finale di São Luis.

Frei Betto, terminando la sua relazione, ha dichiarato che “la porta della ragione del nostro popolo è il cuore e la chiave della ragione è la religione”. Infatti la gente ama e applaude coloro che sanno parlare al loro cuore.  E allora le CEB non possono prescindere da questi elementi per essere oggi lievito nelle masse.

LA PAROLA AGLI INDIOS

In sintonia con questo impegno, le Comunità ecclesiali di base sentono l’importanza di scoprire e conoscere meglio tutto il mondo religioso afro-brasiliano che è ricchissimo di riti, di espressioni, di simboli e di contenuti della cultura negra.  Per questo la “madre del santo”, figura carismatica del mondo religioso afro-brasiliano, era presente e aveva un posto non marginale, ma accanto al vescovo, al pastore e al “pajè” indigeno.

Continuando il cammino aperto dall’8° Interecclesiale che aveva come tema “il popolo di Dio che rinasce dalle culture oppresse”, le CEB si impegnano a valorizzare la cultura negra, tanto torturata da quella dei dominatori europei, e ad essere luogo di espressione dei riti afro-brasiliani che rappresentano una grande forza vitale del popolo negro.

Gli indios partecipanti hanno riconosciuto l’importanza delle CEB come luoghi dove tutti gli esclusi possono trovare finalmente una casa e possono sentire solidarietà e appoggio alla propria lotta. Il 9° Incontro ha voluto fare in modo che gli indios, generalmente senza voce, potessero parlare. Sono stati molto applauditi i discorsi che hanno fatto alle due Assemblee generali.

La parola di Pinà, rappresentante dell’etnia Tembè, è stato un forte appello:

“Le CEB devono continuare a difendere i diritti degli esclusi, devono accompagnare le nostre lotte e camminare con noi nella vita quotidiana, devono guardarci non attraverso la religione, ma mediante la realtà del nostro popolo. Le CEB devono aiutarci nella nostra lotta affinché il nostro paese non tratti l’indio come un mendicante da bruciare (fatto accaduto a Brasilia), ma abbia più rispetto del cane del latifondista, più valore dell’erba del fazendeiro, e ci consideri un essere umano che ha più valore del bestiame del latifondista.  Le Comunità ecclesiali di base devono conoscere la cultura indigena e aiutarci a mantenerla difendendola, devono rispettare la religione che noi abbiamo, come noi rispettiamo la vostra religione”.  Pinà ha concluso il discorso con queste parole: “Voi siete il nostro appoggio e noi siamo la vera cultura brasiliana”.  Un altro impegno dell’Interecclesiale è quindi la lotta per la demarcazione delle terre indigene, per la difesa delle loro culture e per la preservazione della natura.

L’OPZIONE PER GLI ESCLUSI

Oltre che del dialogo interreligioso, le CEB si sentono parte integrante del cammino ecumenico.  Infatti, varie chiese protestanti hanno partecipato all’Interecclesiale.  Nella celebrazione di apertura, il pastore Andrea ha evidenziato che si sente parte del cammino delle CEB.  Nella celebrazione finale, la lettura del Vangelo è stata riservata alla pastora della chiesa luterana.  Sono segni concreti di come la Comunità ecclesiale di base vuole vivere davvero l’ecumenismo.   La rappresentante della chiesa luterana del nostro stato del Parà ha chiesto, durante l’incontro riservato alle varie regioni del Brasile, di poter partecipare al cammino delle CEB del nostro regionale perché si sente in sintonia con questo nuovo modo di essere chiesa ecumenica.   Per noi è stato un motivo di grande gioia.

Ma il 9° Interecclesiale si è sviluppato soprattutto attorno al gravissimo problema dell’esclusione sociale, visto dalla prospettiva degli indios, dei negri, degli impoveriti, degli oppressi, dei senza voce e approfondito dalla dimensione socio-economica, ecumenica e interreligiosa.  Il fenomeno dell’esclusione sociale sta creando le masse dei “senza”: senza terra, senza lavoro, senza casa, senza cibo, senza educazione, senza salute, senza vita.  Per questa ragione, le CEB camminano insieme con i vari movimenti che stanno rivendicando i diritti di questo popolo dei “senza”. La CEB ha percepito che la grande causa dell’esclusione è il neoliberalismo e l’Interecclesiale ha dichiarato la sua ferma opposizione a questo sistema selvaggio.  L’impegno fondamentale del 9° Interecclesiale è appunto quello di costruire cammini nuovi per debellarlo. 

Questo impegno è sentito non solo dalle CEB del Brasile, ma anche da quelle dell’America latina.  Infatti, i rappresentanti degli altri paesi latinoamericani e caraibici hanno chiesto di realizzare localmente il “Grido degli esclusi” (manifestazione promossa dalla pastorale sociale brasiliana nel giorno dell’indipendenza del Brasile) nel 1999.  La proposta è stata accettata all’unanimità dall’Interecclesiale.

L’opzione fondamentale per i poveri, scelta propria delle CEB in sintonia con i grandi incontri dei vescovi latinoamericani di Medellin, Puebla e Santo Domingo, è stata non solo riconfermata, ma ha guadagnato anche un’altra connotazione: l’opzione fondamentale per gli esclusi.  E questa può essere definita la caratteristica fondamentale dell’evento.  Le CEB hanno fatto l’opzione per gli esclusi, accettando la sfida di diventare il luogo per accogliere tutti quelli che sono chiamati oggi i “senza”.  In quella piazza di São Luis, dove si è celebrata l’apertura e la chiusura dell’Interecclesiale, si è sancita la guerra contro il neoliberalismo perché è la struttura mondiale di esclusione e si è proclamato il manifesto dell’inclusione per poter trasformare il futuro della realtà sociale.

LA CHIESA DELL’ALTERITÀ

Concludendo, si può affermare che le CEB sono veramente un nuovo modo di essere chiesa oggi. Vediamo perché. È forte la tendenza delle CEB di coniugare la fede con la vita, ossia il Vangelo che entra nella vita della gente e diventa fermento di un quotidiano che realizza finalmente i grandi valori del Regno di Dio, che sono valori pienamente umani: la giustizia, la pace, la condivisione. L’impegno contro la cultura di morte del neoliberalismo è infatti espressione dello sposalizio tra il rito e la vita che si realizza nella Comunità ecclesiale di base.

La CEB ha la capacità di trasformare la chiesa piramidale e gerarchica, ancora troppo presente nella storia del cattolicesimo, e farla diventare la chiesa della comunione e il luogo del protagonismo concreto dei laici e delle donne, come ha dimostrato l’Interecclesiale dove i vescovi si perdevano in mezzo agli altri, senza però svuotare il loro ruolo sacramentale.

La CEB è detentrice di una forte profezia perché realizza già quel sogno di Dio che è presente nella Bibbia: vedere l’umanità che convive nella pace e nella giustizia, superando le barriere culturali, sociali, religiose e anche ecclesiali. I nostri amici delle altre chiese, delle altre religioni o delle varie categorie sociali ci hanno fatto percepire che la CEB è una casa universale dove tutti possono vivere una vita in abbondanza. In questo nuovo modo di essere chiesa oggi, i nostri amici delle altre chiese cristiane si riconoscono e si sentono parte, come pure i fratelli delle altre religioni.

Infine le CEB si trovano alla sequela del Dio di Gesù Cristo che è il Dio della vita e, celebrando il Vangelo della vita, si sforzano con sudore e sacrificio di combattere quella cultura di morte che sta massacrando masse e popoli interi. Così realizzano la grande festa dell’inclusione.

Anche i vescovi presenti all’Interecclesiale hanno voluto esprimere la loro gioia per la forza e vitalità delle CEB attraverso una lettera.  Ecco uno stralcio: “Partecipando a questo incontro, vogliamo testimoniare con semplicità e gioia la nostra fiducia profonda a questa forma di essere chiesa. Esprimiamo la nostra gratitudine, rispetto e stima per l’esempio di fede e di coraggio di molti membri delle CEB.  Da più di 30 anni, esse costituiscono i ‘semi di speranza’ della chiesa cattolica, secondo le parole di Paolo VI e di Giovanni Paolo II”. Il sogno delle Comunità ecclesiali di base non si è dunque spento, ma è diventato vita quotidiana della gente.  E, assumendo il dinamismo della storia umana, si sta realizzando secondo i ritmi di vita e di crescita dell’umanità.

L’Interecclesiale mi ha fatto constatare che Dio continua a visitare il suo popolo. Quanti segni della presenza di Dio nelle tantissime Comunità ecclesiali di base sparse nella “patria grande”, come si amava chiamare il nostro continente durante l’incontro! E allora le CEB stanno facendo lievitare la chiesa della condivisione, dell’alterità, della differenza, della vita in abbondanza, del bene comune, preparando la “patria grande” e la “patria mondiale” a vivere domani la grande festa dell’inclusione.

  • ADRIANO SELLA
  • Missionario saveriano assistente delle CEB della Regione del Nord II.

UN MESSAGGIO DI LIBERAZIONE

Qual è il cammino? Si sono chieste le CEB.  Importante è il contenuto che deve essere trasmesso attraverso la grande ricchezza di simbolismo, di pratiche religiose e di modi di comunicazione del cattolicesimo popolare. Si è sottolineato che deve essere un messaggio di liberazione da tutte le forme di esclusione e di oppressione. 

Un contenuto che esiga l’impegno per la trasformazione della società, realizzando il Regno di Dio di giustizia e di pace in mezzo a noi, già adesso.  Infatti, uno degli obiettivi fondamentali delle CEB è condurre le masse del cattolicesimo popolare a imparare a leggere la Bibbia nella vita quotidiana, metodo che genera l’impegno di trasformazione della realtà nella vita della gente.

A.S.


IL NEOLIBERISMO È SUICIDA

Il vescovo Pedro Casaldaliga mi ha confessato personalmente che il neoliberalismo è omicida e anche suicida.  Ha avuto il coraggio di dichiararlo in pubblico durante la celebrazione dei martiri dell’America latina.  Celebrazione per fare memoria di tutte quelle persone che sono state assassinate a causa del loro impegno a favore della liberazione e della giustizia, compagni di viaggio delle CEB.

Il documento finale di São Luis - scritto in forma di lettera e votato dall’Assemblea generale - invita tutti ad assumere questo impegno, dicendo: “Nella lotta contro il sistema neoliberalista, le CEB chiedono ai fratelli vescovi, sacerdoti, pastori, relatori e relatrici e ai movimenti apostolici un appoggio più forte nel cammino, specialmente negli impegni concreti e nelle azioni alternative nell’area sociale e politica”.                                                                                                       

A.S.

 



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