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PAPA FRANCESCO DICHIARA VENERABILE SR. DINAROSA, UCCISA DALL’EBOLA IN CONGO RD

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Erano in prima linea nell’assistere i malati nell’ospedale di Kikwit, in Congo RD, lontane dai riflettori e dalla fama, quattro bergamasche e due bresciane. Fra aprile e maggio 1995, una dopo l’altra sono morte, contagiate dall’allora semisconosciuto virus Ebola, dal nome dell’affluente del fiume Congo-Zaire. Fra le vittime la bresciana Teresina Belleri, sr. Dinarosa, di Cailina di Villa Carcina, dov’era nata l’11 maggio 1936 conoscendo anche la povertà della guerra e la paura dei bombardamenti. Dopo aver lavorato alla Bossini di Lumezzane (una fabbrica di bulloni), nel 1957 entrò nella Congregazione delle Suore delle Poverelle all’Istituto Palazzolo di Bergamo, prendendo il nome di Dinarosa. Svolse la sua attività come infermiera professionale dapprima per cinque anni a Cagliari in un ospedale che curava forme tubercolari. Donna concreta di poche parole, sempre sorridente e di un’allegria contagiosa, covava in sé il desiderio di andare in missione. 

Nel 1966 fu inviata in Congo RD, a Mosango, dove rimase per ben 17 anni, dedicandosi ai lebbrosi e agli ammalati di tubercolosi. Nel 1984 fu trasferita a Kikwit, dove si prodigò instancabilmente tra lebbrosi e malati di Aids fino al 1995, nel grande ospedale (450 posti letto per circa 1200 malati), in un contesto di continue crisi politiche, disordini e saccheggi. Nell’aprile 1995 ci furono i primi casi di Ebola (un virus altamente contagioso che provoca una febbre emorragica) e gli operatori sanitari di Kikwit (che durante un intervento chirurgico erano stati in contatto con un malato grave), morirono nel giro di due settimane. Dopo la morte per Ebola della consorella Floralba Rondi, sr. Dinarosa si diede sempre più da fare. Alla sorella di sr. Floralba, che le raccomandava di fare attenzione, rispose: “Ma io sono qui a servire i poveri; il Padre eterno mi aiuterà”. Ben presto cominciò a non sentirsi bene ed il 14 maggio morì. Un esempio di carità sconvolgente, se messo a confronto con le paure che oggi viviamo a causa del Covid. 

A Kikwit morirono 240 persone, fra le quali 60 operatori sanitari. Sei suore infermiere, nonostante il rischio, decisero di restare in mezzo a un popolo già tragicamente colpito, ma il virus fu loro fatale. Con la sua vita sr. Dinarosa ha incarnato la Chiesa che, d’accordo con papa Francesco, “si fa ospedale da campo” ed accoglie gli ultimi. La “fase diocesana” del processo di canonizzazione, per l’accertamento dell’eroicità delle virtù di sr. Dinarosa e delle sue cinque consorelle decedute a causa dell’Ebola, si è svolta nella diocesi di Kikwit nel 2013-2014 ed è stata integrata da un’inchiesta rogatoriale compiuta nella diocesi di Bergamo. Le spoglie di tutte e sei le religiose (definite “martiri della carità” dal vescovo di Bergamo, Francesco Beschi) riposano davanti alla cattedrale di Kikwit, per espressa richiesta del relativo vescovo emerito, Edouard Mununu Kasiala. Papa Francesco, ricevendo il 20 febbraio 2021 in udienza il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione del decreto riguardante anche la causa di beatificazione della religiosa originaria di Cailina (dove le Suore Poverelle avevano aperto una casa nel 1912, chiusa soltanto l’anno scorso). Ora sr. Dinarosa è venerabile, ultimo passo prima della beatificazione, e a lei è intitolata anche la nostra Unità Pastorale (Cailina-Carcina-Cogozzo-Villa).



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