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CONGO RD / STATO DI ASSEDIO PER NORD-KIVU E ITURI

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Il presidente Felix Tshisekedi ha decretato lo “stato d’assedio” in due Province dell’Est del paese: Nord-Kivu e Ituri. Infatti, in quest’area la violenza è aumentata a tal punto che ogni giorno si registrano episodi gravi. Dall’inizio del 2021 si contano ormai più di 300 vittime civili. Tra queste anche l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, con la sua scorta. Sono un centinaio i gruppi armati coinvolti in questa violenza. Alcuni si sono dichiarati appartenenti all’Isis (Stato islamico), come le Adf/Mtm (Forze democratiche alleate/Madinat Tawhid wa-I-Muwahidin), che fanno parlare di sé per l’efferatezza e la brutalità con cui trattano le vittime, facendo letteralmente a pezzi i loro corpi. Si attribuisce a loro anche la morte dell’imam Cheikh Ali Amin, responsabile dei musulmani di Beni, nel Nord-Kivu, considerato un uomo di pace. È stato ucciso in pieno giorno, nella sua moschea, da un sicario.

Ma anche le Fardc (Forze armate del Congo RD) si sono macchiate di gravi crimini, denunciati da Ong di difesa dei diritti umani e da associazioni della società civile. Alcuni alti ufficiali sono accusati di collusione con i ribelli e di privilegiare i propri affari anziché la difesa della popolazione inerme. L’ultima lettera aperta dei vescovi congolesi al presidente Tshisekedi ha evidenziato, ancora una volta, le incongruenze, l’inefficacia e persino i compromessi del dispositivo militare governativo nella zona. Si è parlato anche di alti ufficiali che intascano i salari della truppa obbligando i militari a praticare l’estorsione presso la popolazione. Associazioni della società civile ma anche organismi dell’Onu, come l’Ufficio che monitora le violazioni dei diritti umani (Bnucdh), accusano i militari regolari del 35 per cento delle violazioni commesse nel mese di febbraio 2021 e del 49 per cento di quelle commesse in gennaio 2021. 

Da alcune settimane la popolazione, allo stremo, si è mobilitata per manifestare contro l’inerzia delle truppe dell’Onu. Le manifestazioni sono state duramente represse dalle forze dell’ordine nazionali. La repressione più brutale è stata nei confronti degli studenti che protestavano da una settimana chiedendo al presidente un’azione concreta. Ripresa dai social e ritrasmessa in rete la brutalità della repressione ha scosso talmente l’opinione pubblica da spingere Tshisekedi a prendere una misura estrema per tentare di fermare la violenza: sostituire le amministrazioni civili con quelle militari. Cosa che non è stata accolta in modo unanime da tutti. Infatti, molte Ong di difesa dei diritti umani e associazioni della società civile temono che la militarizzazione porti all’isolamento dal resto del paese. Il movimento popolare Lucha (Lutte pour le changement), che ha organizzato le proteste di queste ultime settimane, sospetta che, sotto amministrazione militare, queste Province diventino zone “senza diritti”. L’esercito, infatti, avrà ampi poteri, come quello di perquisire le case ad ogni ora del giorno e della notte, oppure di limitare gli spostamenti, la stampa e le riunioni. Persino la giustizia sarà diretta da militari. Si capisce allora perché la popolazione nutra più sospetti che soddisfazione nei confronti di tali misure.

L’ordinanza presidenziale, firmata il 3 maggio, è entrata in vigore il 6 maggio e avrà la durata di un mese rinnovabile dal neo governo pro Tshisekedi. I Rapporti dell’Onu e di alcune Ong umanitarie stimano che circa 27 milioni di congolesi (un abitante su tre) stiano affrontando l’insicurezza alimentare più grave al mondo, con 7 milioni di persone ad un passo dalla catastrofe. Le Province più colpite sono sicuramente quelle dell’Est (Ituri, Nord e Sud-Kivu, Tanganyika), ma anche quella del Kasai centrale, dove donne e bambini stanno pagando il prezzo più alto. Se a questo si aggiunge l’emergenza sanitaria da Covid-19, si capisce l’estrema gravità della situazione.



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