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DALLE MENTAWAI: VISITA AL VILLAGGIO DI MATOTONAN

DALLE MENTAWAI: VISITA AL VILLAGGIO DI MATOTONAN
Vi scrivo una piccola esperienza vissuta nei giorni scorsi.

A causa di un imprevisto un padre non era riuscito a visitare la comunità di Matotonan di domenica. Per questo ci siamo accordati perché andassi io a celebrare la messa il martedì successivo. Programma: messa, battesimi, prime comunioni e matrimoni… Visti questi impegni, non si poteva rimandare ulteriormente!

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Il viaggio è, come al solito, abbastanza avventuroso. Barca a motore su per il fiume fino a Madobak. Poi pranzo al sacco (cartoccio con riso e pesce fritto), per poi camminare per altre due orette fino a destinazione. Alle Mentawai le condizioni di alcuni percorsi sono notevolmente migliorate negli ultimi tempi grazie alla pavimentazione in cemento.

Si tratta di stradette di due metri di larghezza, quanto basta per potervi passare in modo o a piedi senza affondare nel fango onnipresente da queste parti. In compenso, il cemento non è eterno, anzi ha vita abbastanza breve: le strade si usurano in fretta per la mancanza di un fondo solido, perdono consistenza, si creano buchi fangosi, le lastre di cemento si mettono di traverso ed intralciano il cammino. Inoltre, durante la stagione delle piogge, il cemento diventa viscido a causa dell’umidità molto forte, ed anche a piedi si rischia di scivolare, soprattutto in discesa.

In ogni modo, martedì il viaggio da Madobak a Matotonan è molto Tranquillo.

Piove, anche se non molto forte. Passo davanti alle case nei vari villaggi. La gente si stupisce a vedermi camminare da solo in quell’ambiente. Molti non mi conoscono ancora, perché sono ancora nuovo da queste parti. Si chiedono come mai questo turista straniero vada in giro sotto la pioggia, per giunta a piedi. Solo quando mi presento e dico di essere il prete, tutti finalmente ne capiscono il motivo.

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Arrivato in prossimità di Matotonan, una moto mi viene incontro. E’ un responsabile della comunità cristiana che mi accompagna nell’ultimo tratto, regalandomi un po’ di sollievo.

Dopo i convenevoli, un bicchiere di caffè (molto diluito), facciamo i preparativi per la messa, soprattutto quelli burocratici: bisogna controllare i dati dei battezzandi e dei candidati al matrimonio. Non tutto è chiaro ma… omnia parata, come si dice e quindi bisogna procedere.

La messa è iniziata dopo le 20.00. Predico sull’amore di Dio per tutti gli uomini.

Ci stiamo avvicinando al mistero del Natale, mistero della solidarietà di Dio con tutti noi.

Tutto funziona bene fino al momento dell’appello dei battezzandi. Sono in 43! Un buon numero. Mi sento quasi di concorrere con S. Francesco Saverio... Ma nasce subito il problema tecnico di metterli tutti in riga davanti all’altare. Il capo comunità chiama i catecumeni con i nomi di battesimo, ma questi, che non sono ancora battezzati, non sono abituati ad essere chiamati con nomi di santi. Lui chiama Giovanna, Paolo, Stefano… ma nessuno si muove. Gli suggerisco di fare l’appello con i loro nomi mentawaiani. Ma lui va avanti con il suo sistema. Dopo mezz’ora di procedure, non proprio conformi alla ieraticità liturgica, si arriva alla costituzione della nostra bella fila di battezzandi accompagnati da padrini e genitori. Una coppia si è pure aggiunta all’ultimo, chiedendo il battesimo lì in chiesa, visto che qualche minuto dopo dovrebbe anche sposarsi… Il capo comunità si era dimenticato di aggiungerli alla lista dei candidati.

Avranno fatto un po’ di preparazione? Mi faccio la domanda, ma mi accontento di non darmi una risposta…

Mi accingo ad iniziare il rito del battesimo, ormai un po’ innervosito da questa situazione complicata, quando mi accorgo che ormai i banchi si sono svuotati quasi completamente. Solo qualche persona vi rimane seduta. Tutta la cappella si è ormai riversata davanti, essendo tutti o candidati al battesimo, o parenti, o padrini e madrine… A saperlo prima… Bastava dire a tutti i presenti di farsi avanti, che avremmo fatto più in fretta!

Per il resto tutto bene. Tutti battezzati, tutti felici. E così anche per i matrimoni, alcuni di coppie con prole che solo ora hanno chiesto di regolarizzare il loro legame. Finiamo molto tardi. Stanchi ma contenti.

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C’è ancora qualche incombenza prima del riposo. Mi incontro ancora con i responsabili della comunità per sistemare gli ultimi dati incompleti di coloro che hanno ricevuto i sacramenti. Non è un’impresa facile perché i miei collaboratori non sono abituati ai dettagli burocratici. Alcuni di loro non sono evidentemente abituati a leggere e a scrivere. Cerco di comprendere le loro incolpevoli difficoltà e di non perdere la pazienza. Ci riesco solo parzialmente... Finalmente, all’1.30 posso andare a dormire, di gusto, sotto la mia zanzariera.

Il giorno dopo, verso le 8, saluto tutti per ritornare a Siberut dove si sta tenendo un altro incontro al quale è bene che io partecipi. Un giovane mi riaccompagna in moto fino a Madobak, dove ero arrivato in barca il giorno precedente. Siamo a metà strada. Lì scendo dalla moto, un po’ provato dalla lotta con i buchi della strada. A quel punto penso di dare qualche soldo al mio accompagnatore per pagarsi le sigarette, in segno di ringraziamento, ma lui rifiuta l’offerta. La cosa mi stupisce un po’. Non sempre succede così. Ma apprezzo il gesto. Ci scambiamo uno sguardo di intesa che, più di tante parole, dichiara che né io né lui stiamo cercando un interesse personale.

Mi incammino verso Siberut. C’è ancora un po’ di strada da fare.
Ma cammino spedito, felice di aver potuto fare la mia parte per servire le persone di Matotonan e ancor di più per aver ricevuto questo delicato gesto di amore disinteressato.
 
A presto.
  • Muara Siberut, 03/12/2015
  • Matteo Rebecchi.

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Pubblicato
20 Agosto 2017
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