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Amare e lasciarsi amare incondizionatamente. Esperienza di GINEVRA TACCAGNI IN RDC.

Amare e lasciarsi amare incondizionatamente.  Esperienza di GINEVRA TACCAGNI IN RDC.

Amare e lasciarsi amare incondizionatamente.

Esperienza di GINEVRA TACCAGNI IN RDC.

Come sottolineato nell’articolo https://www.saveriani.it/gestione/comunita/desio-modifica, 6 giovani hanno fatto l’esperienza missionaria nella R.D.Congo, precisamente nelle missioni saveriane di Goma e Bukavu dal 15 luglio al 15 agosto. L’esperienza di Ginevra, una dei 6, tocca e fa interrogare due aspetti fondamentali: il primo è l’amore o meglio il sentirsi amati, accolti, voluto bene. Il secondo è l’umanità (Ubuntu) che non può che metterci nella condizione di prendere posizione quando un nostro simile è umiliato, disprezzato; quando la sua dignità è calpestata. La missione quindi è sentirsi profondamente e intimamente amati da Dio e da fratelli e allo stesso tempo sentirsi spinti da questo amore per abbracciare, sorridere, stare, rimanere con i fratelli e sorelle qualunque sia la loro appartenenza, tendenza, ideologia. (Emmanuel Adili)

(di GINEVRA TACCAGNI, di Desio)

Ci vorrebbe una vita intera per parlare dell’esperienza vissuta in Congo, ormai quasi un mese fa. Si fa fatica a capire, qui, ma il tempo là sembra scorrere diversamente: ogni tanto mi sembra di aver passato tutta la mia esistenza nel Kivu, ogni tanto neanche un battito di ciglia.

Non faccio che parlare d’altro con amici, parenti, conoscenti curiosi, ma c’è sempre una parte di me che ha quasi paura ad addentrarsi in quelle emozioni così forti, ora che sono tornata alla mia routine quotidiana.

Tanti mi hanno detto che per andare così lontano serve coraggio; non sono del tutto d’accordo. Ci vuole molto più coraggio a tornare. Il primo impatto con il Congo è stato inevitabilmente quello con il mio gruppo: sei ragazzi e ragazze di diverse età e provenienze, con diverse storie e sogni in tasca, accomunati solo dalla curiosità di scoprire qualcosa di nuovo. Così lontano da casa, ogni tanto ti manca qualcuno che sappia effettivamente chi sei; ma l’esperienza più bella è scoprirsi insieme e insieme imparare dove mettere i piedi, diventando così non solo compagni di viaggio, ma veri e propri complici, custodi di sensazioni talmente forti che difficilmente si riescono a spiegare a parole.

Abituarsi ad un ambiente così diverso, così distante dal nostro può sembrare la sfida più difficile… e lo è stato, finché non abbiamo attraversato il cancello che ci separava dalla colonie de vacances dell’oratorio St. François Ndosho, a Goma, il primo giorno. Letteralmente.

I bambini ci hanno messo circa cinque secondi a considerarci loro amici, correndo ad abbracciarci, toccarci, ridere con noi; da lì in poi è stato tutto un ballare e cantare insieme, senza pensare all’imbarazzo o a quelle regole che, spesso, ci imponiamo da soli e che ci costringono a stare sull’orlo delle cose. Ogni volta che un bambino mi chiamava con il mio nome e mi urlava uno dei suoi “ciao” un po’ nasali mi sentivo sempre più a casa, finché, senza nemmeno accorgermene, ho iniziato davvero a sentirmi una congolese. Come se lo fossi da sempre.

Vorrei potermi soffermare sui sorrisi e sull’accoglienza per tutto il tempo, perché come ci è stato detto più volte sarebbe stupendo trasmettere soprattutto il bello dell’Africa – che è tanto, in ogni situazione, anche quando non c’è proprio niente che ti faccia venire la voglia di cercare la bellezza da nessuna parte. Ma è impossibile non pensare alla rabbia e alla vergogna provati nel rendersi conto che ogni pensiero razionale ed ogni soluzione ai problemi con cui ci si scontra lì sono, tutto sommato, incompleti. Siamo abituati fin da piccoli a vedere le cose in termini di “tutto o niente”, e per quanto ci sforziamo non riusciamo mai ad addentrarci davvero in tutto ciò che sta in mezzo; in Africa non esiste niente di tutto questo, e spesso mi sono chiesta dove fosse finita la ragione, la giustizia, l’amore. Ho visto l’umanità calpestata e umiliata ancora e ancora, e mi sono sentita inutile, quasi fuori posto. Poi mi sono resa conto che ero partita con l’idea di salvare il mondo e di donare tutta me stessa agli altri, mentre pian piano stavo realizzando che il dono più grande che si può fare agli altri e l’amore più puro sta nell’imparare a lasciarsi amare. Incondizionatamente.

E forse è stato questo, in fondo, il senso della nostra Missione: l’amicizia vera, autentica, senza niente di sottointeso, che riesce a superare ogni barriera di spazio, cultura, idee e che non ha bisogno di parlare italiano, francese o swahili.

Il Congo mi ha aperto strade che mai avrei pensato di percorrere e riscoprire parti di me stessa che non avevo forse mai neanche notato; mi ha stupita, affascinata, e mi ha letteralmente rubato il cuore. Ma, soprattutto, mi ha aperto gli occhi: finché avrò abbastanza coraggio ed umiltà per prendere in mano la mia vita e, allo stesso tempo, avrò la forza per abbandonarmi alla condivisione più semplice, sarò sempre la benvenuta; in Congo e, ne sono certa, nel resto del mondo.

 


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Pubblicato
31 Agosto 2019
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