Tocca a me cercare chi si perde
Ci racconta il pastore… “Come ogni sera, contavo le mie pecore. Ne avevo cento ed ero contento di stare con loro. Una sera di marzo, c’era brutto tempo, ho cercato di farle entrare in fretta nell’ovile. Le ho contate e ne mancava una. Chissà dove era andata. Poi ho pensato che le avevo dato il nome di Birba, perché faceva sempre quello che voleva. Ho chiuso bene il cancelletto e ho detto al cane di custodirle bene. Ho preso il mio mantello, un bastone e la mia lanterna e sono andato a cercarla. Pioveva forte, ma volevo che a tutti i costi tornasse con le sue compagne…”.
Il pastore cominciò ad andare dappertutto, su per le montagne, in fondo ai burroni, ma di Birba nessuna traccia. Ormai era l’alba. Il pastore era stanco, affamato e assetato, ma non smetteva di cercarla, di chiamarla.
Lei, con tutte le altre, faceva parte della sua vita e non poteva perderla. Si siede un attimo per riposare e riprendere le forze, quando “sogno o sono sveglio” (si stava dicendo) sente la sua voce. Si alza in piedi subito. La stanchezza gli era passata tutta e corre verso una roccia e la vede. E lei, Birba, tutta infreddolita, forse si era anche spezzata una zampa.
Pieno di gioia, se la mette sulle spalle. Non le dice niente e corre per riportarla a casa. Per strada incontra gli altri pastori e dice di andare da lui che farà una grande festa, perché l’aveva ritrovata. Ora non la lascerà più, le starà sempre vicino.
È vita della sua vita e senza di lei, come delle altre novantanove, non può farne a meno. Tutte sono importanti per lui.