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Sono morti perdonando i carnefici

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Hanno amato la chiesa

Lo spazio ci impedisce di raccontare anche solo qualcosa dei tredici martiri. Ne abbiamo scelti quattro, per il particolare rapporto che hanno avuto tra loro e verso cui i saveriani hanno avuto un legame speciale. L'esempio di vita e le circostanze del martirio sono simili per tutti.

Ezequiel, musicista e marito ideale

2006 3 Mess Martiri Ezequiel2I due fratelli Ezequiel e Salvador erano figli di Isacco Huerta, di origine spagnola, e di Florencia Gutiérrez, una donna oriunda di Tequila, di carattere energico e di fede profonda, nella quale aveva educato i cinque figli. Due, José Refugio ed Eduardo, erano diventati sacerdoti nella diocesi di Guadalajara. Ezequiel, durante e dopo gli studi liceali, aveva coltivato l'inclinazione per la musica sacra. Abile suonatore di organo e apprezzato tenore, aveva creato e diretto cori di voci bianche. Era molto richiesto ovunque, tanto da sentirsi dire che “non c'era funzione religiosa senza che Ezequiel svolgesse la parte canora e musicale più importante”.

A 28 anni aveva sposato María Eugenia García. Da lei aveva avuto 10 figli, di cui solo due ancora viventi: il gesuita Ezequiel e la signora Trinidad. Ezequiel era un ottimo marito, tanto che i familiari della sposa le dicevano: “Uno come lui non lo incontri neanche se lo cerchi con il cero pasquale!”.

La vita di Ezequiel era organizzata attorno all'Eucaristia: ogni giorno, al mattino partecipa alla Messa e faceva la comunione; la sera faceva l'adorazione notturna. Quando nel 1926, le chiese furono chiuse e il culto proibito, lui era stato incaricato di custodire la chiesa di san Filippo Neri.

Il mattino del 2 aprile 1927, Ezequiel era stato prelevato a forza dalla sua abitazione dagli sbirri del generale Ferreira e condotto in caserma. La sposa lo aveva salutato con queste parole: “Non preoccuparti, Ezequiel. Se non ci rivedremo in questa vita, ci vedremo in cielo”. Il giorno dopo, domenica delle Palme, è stato fucilato insieme a suo fratello Salvador.

Salvador, il mago delle macchine

2006 3 Mess Martiri SalvadorSalvador era di 4 anni più giovane di Ezequiel. Due caratteri diversi: Ezequiel era gironzolone ed estroverso; Salvador era serio, rispettoso, affettuoso. Dopo le medie, aveva lavorato in un'officina meccanica; poi era diventato tecnico di esplosivo in una miniera e, infine, si era dedicato alla manutenzione di locomotive ferroviarie.

Sposatosi con Adelina, aveva avuto 11 figli, dei quali vivono ancora il dottor Eduardo e la suora salesiana María Dolores. Alla sposa, malata di epatite, Salvador aveva fatto una promessa: “Quando muoio, la prima cosa che chiederò al Signore è che ti liberi da questo dolore”. La risposta di Adelina era stata immediata: “Preferisco portarmi il dolore per tutta la vita, piuttosto che tu muoia”. Dal 3 aprile 1927, quando le diedero la terribile notizia che Salvador era stato fucilato, Adelina non accusò più le coliche epatiche di cui spesso soffriva.

Anche Salvador partecipava alla Messa quotidiana, era iscritto all'adorazione notturna e si consigliava con il direttore spirituale. La domenica, dopo Messa, portava la famiglia in campagna o al lago o a visitare lo zio prete. Era riuscito ad aprire un'officina meccanica propria ed era diventato famoso in tutta la regione come “il mago delle macchine”.

Il 2 aprile, alcuni uomini della polizia segreta erano venuti a dirgli di andare al comando di polizia per riparare una macchina. Raccolti i ferri del mestiere, Salvador era andato con loro. Torturato, rispose con il silenzio. La sera l'avevano portato in cella, dov'era suo fratello. La domenica mattina, erano insieme al luogo del martirio. Il becchino, presente all'esecuzione, ha raccontato che Ezequiel era stato fucilato subito dopo aver detto al fratello: “Li perdoniamo, vero?”. Salvador si era chinato davanti al corpo crivellato del fratello e, facendo il segno della croce, aveva detto: “Ti onoro, fratello, perché sei già martire di Cristo”. E subito fu stroncato, uniti nella stessa sorte.

Luis Magaña, il giovincello coraggioso

2006 3 Mess Martiri Luis MaganaLuis era nato il 24 agosto 1902 ad Arandas, il cui motto è “terra povera, ma gente laboriosa”. Altra caratteristica di questo popolo è la sua religiosità e fedeltà alla chiesa. Gente devota alla Vergine del Rifugio e a san Giuseppe, ricca di vocazioni sacerdotali e religiose. Luis aveva vissuto queste doti della gente di Arandas a livello di virtù.

Cominciava la giornata con la Messa e la comunione; poi si dedicava al lavoro nella conceria del padre Raimondo, dal quale aveva imparato il mestiere e lo stile di vita. Malgrado il lavoro ingrato della conciatura delle pelli, Luis lavovara sempre con entusiasmo e allegria. La giornata si chiudeva con il rosario in famiglia.

É stato uno dei soci fondatori dell'adorazione notturna al Santissimo Sacramento, che ad Arandas iniziò alla fine del 1922. Era un catechista, assiduo collaboratore nelle attività della parrocchia e leader nell'associazione cattolica della gioventù messicana. Era anche un appassionato studioso della dottrina sociale della chiesa, che praticava con gli operai della sua piccola impresa. Incoraggiava la lettura e la pratica dell'enciclica di papa Leone XIII, Rerum novarum , pubblicata nel 1891.

Luis aveva scelto di non prendere le armi, anche se contribuiva pregando e inviando viveri a coloro che erano impegnati nella resistenza. Poco prima che iniziasse l'insurrezione popolare, Luis aveva sposato Elvira, una ragazza orfana e laboriosa, da cui ebbe un figlio e poi una figlia, María Luisa, che vide la luce cinque mesi dopo la morte del papà.

Luis era finito nella lista dei sospetti sostenitori dei cristeros . Il mattino del 9 febbraio 1928, alcuni soldati erano entrati in casa per arrestarlo. Non trovandolo, avevano portato via suo fratello Delfino, promettendo di fucilarlo se Luis non si fosse presentato quel giorno stesso. Tornato a casa e saputo dell'accaduto, si lavò e si vestì a festa. Dopo il pranzo, si inginocchiò davanti ai genitori per la benedizione, abbracciò tutti e andò dritto dal generale Martínez: “Sono Luis, che voi cercate. Se cercate me, lasciate libero mio fratello”. Il generale ordinò: “Vediamo se questo giovincello è coraggioso come sembra. Libera l'altro e questo fucilalo subito davanti la chiesa”.

Una testimone ricorda le sue ultime parole ai militari: “Non sono mai stato cristero né ribelle. Sono solo cristiano. Già da ora vi perdono e prometto che sarete i primi per cui pregherò, appena giunto alla presenza di Dio”. Sulla facciata della chiesa, c'è ancora la piccola croce di legno che suo padre Raimondo pose, a ricordo del figlio martire. Aveva solo 26 anni.

Anacleto, il “Gandhi messicano”

2006 3 Mess Martiri AnacletoAnacleto Gonzalez Flore è il capolista di questo gruppo di martiri messicani, assassinati tra il 1927 e il 1928 durante la persecuzione religiosa, agli ordini del presidente Calles. Ne è stato l'ispiratore e il “maestro”. Aveva fondato la “Unione popolare”, il movimento operaio impegnato a formare i suoi membri nella dottrina sociale della chiesa e a resistere attivamente alla repressione dei diritti religiosi. Lo chiamavano “maestro Cleto”.

Per la sua presa di posizione a favore della resistenza pacifica e non violenta durante la guerra cristera (1926-1929), Anacleto è diventato il “Gandhi messicano”. Secondo di dodici fratelli, apparteneva a una famiglia povera ma dignitosa, aveva lavorato con il padre, tessitore di coperte. Aveva frequentato gli studi teologici in seminario, da esterno, come studente povero; ma poi si rese conto che la sua vocazione era diversa e aveva continuato gli studi con molto sacrificio. Nel 1917, una legge aveva dichiarato invalidi i titoli conseguiti in scuole non statali. Così “il maestro” aveva dovuto ricominciare gli studi finché, a 33 anni, era riuscito a convalidare il titolo di avvocato.

Seguendo la Rerum novarum di Leone XIII, aveva dato vita a opere sociali e a un circolo di studi in sociologia; era leader nell'associazione cattolica della gioventù messicana e nella san Vincenzo; faceva conferenze, scriveva articoli e aveva fondato “ La palabra ”, un settimanale cattolico a difesa della libertà religiosa costituzionale. Era ormai considerato il leader dei cattolici della regione, cercando di rafforzare gli aspetti organizzativi e di coordinamento. Diceva: “I giovani ci sono; manca la gioventù”.

Aveva scritto: “Non ci siamo mai preoccupati di difendere i nostri interessi materiali, perché questi vanno e vengono. Difendiamo gli interessi spirituali, perché sono necessari per la salvezza. Non possiamo accettare che siano profanate le chiese o esiliati i sacerdoti che battezzano i nostri figli, ci danno il Pane eucaristico e, nell'ora della morte, ci aiutano con i sacramenti a raggiungere la vita eterna”.

Pur convinto che la sola forza morale avrebbe vinto, alla fine, Anacleto fu costretto ad allearsi con la “Lega nazionale per la difesa della libertà religiosa”, che invece favoriva la rivendicazione armata. Il 1° aprile fu il giorno del grande olocausto. Il giorno prima, i soldati del generale Jesús María Ferreira avevano prelevato dalle loro case Luis Padilla, Anacleto e i due fratelli Jorge e Ramón Vargas. Furono torturati per sapere dove erano nascosti il vescovo e gli altri compagni. Luis avrebbe voluto confessarsi, ma “maestro Cleto” gli disse: “No, fratello, non è tempo di confessarsi, ma di chiedere perdono e di perdonare. Chi ci attende è un Padre, non un giudice!”. I quattro amici, inginocchiati e con le braccia in croce sul petto, stavano recitando l'atto di dolore. Gli spari stroncarono la loro preghiera. Il “maestro” aveva 39 anni, Luis e Jorge 28, Ramón 22.



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