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Scuola di missione: Le grandi gioie del missionario, Saverio /8

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Nelle sue lettere, il Saverio ci fa partecipare anche ai momenti di gioia che egli prova in mezzo ai travagli della vita missionaria.

Spesso è una gioia che nasce dalla speranza, legata alle possibilità che egli intravede in nuovi campi di lavoro: Celebes, Amboina, le isole del Moro, Ternate, e soprattutto il Giappone e la Cina. A gennaio 1548, dall’India meridionale, egli scrive a sant’Ignazio: “Ho grande speranza, e questa è tutta in Dio nostro Signore, che in Giappone molti si faranno cristiani. Provo tanta consolazione interiore nel fare questo viaggio, essendo molti e grandi i pericoli di morte... In effetti, ho una grandissima speranza in Dio che in quei luoghi la nostra santa fede crescerà molto” (Lettera 70).

Altre volte la gioia è legata ai frutti di conversione, ottenuti tra coloro che sono già cristiani. Nel novembre 1545, Francesco scrive da Malacca: “A San Thomé (India), ho trovato un mercante. Parlai con lui delle cose di Dio. E fu Dio a fargli sentire che esistevano altre mercanzie con le quali egli non aveva mai commerciato, di modo che abbandonò nave e merce, e tutti e due andammo a Macassar, essendosi deciso a vivere in povertà per tutta la vita, servendo Dio nostro Signore” (Lettera 52).

Lo riempie di gioia il servizio missionario: “Finito in un villaggio, vado in un altro e in questo modo cammino di luogo in luogo facendo cristiani, e ciò con molte consolazioni, assai più grandi di quelle che potrei scrivervi per lettera o spiegarvi di persona” (Lettera 48).

E dal Giappone scrive: “Le fatiche di lavorare con gente educata, desiderosa di conoscere con quale legge dovrà salvarsi, porta con sé una grandissima gioia. A Yamaguchi, dopo che il duca ci diede il permesso per predicare la legge di Dio, erano tante le persone che venivano a chiedere e a discutere, da sembrarmi veramente di poter dire che nella mia vita non ho mai ricevuto tanta gioia e allegrezza spirituale” (Lettera 96).

Francesco esulta in modo particolare per la fede e il coraggio apostolico dei neo convertiti. Dei nuovi cristiani dell’India meridionale egli scrive: “Il piacere di vedere la gioia dei cristiani non mi faceva sentire le fatiche corporali. D’altra parte, vedevo quanto lavoravano i cristiani nel discutere, vincere e persuadere i pagani affinché si facessero cristiani, e mi confortava la gioia con cui ognuno mi raccontava” (Lettera 20).

Queste esperienze avvengono spesso anche oggi. I più entusiasti evangelizzatori sono proprio i neo convertiti.

Ciò dimostra la potenza di Dio, che va oltre le risorse umane e gli sforzi dei missionari.



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