Pellegrinaggio su e giù per Venezia
Il 3 giugno si è realizzato un sogno, cullato per tre anni dai partecipanti al SUAM (che raggruppa i missionari del NordEst). Insieme ad alcuni amici del Cammino catecumenale, ci siamo ritrovati a Venezia, ai giardinetti di piazzale Roma, per iniziare il pellegrinaggio sui luoghi dove Francesco Saverio e compagni hanno cominciato ad essere chiamati “gesuiti” (“Se qualcuno vi chiederà chi siete - disse loro Ignazio - direte che siete della Compagnia di Gesù”).
Così, lasciando piazzale Roma, ponte dopo ponte, siamo arrivati in campo S. Margherita con visita veloce alla chiesa dei Carmini. Costeggiando le fondamenta, siamo entrati in fondamenta san Sebastiano, dove il proprietario del palazzo Balbi-Mocenigo (di fronte al ponte della Maddalena e alla chiesa dell’Anzolo Raffaele) ci ha permesso di entrare e di salire al secondo piano. Qui, il 24 giugno 1537, il vescovo Negusanti li ordinerà presbiteri, nel saloncino dove lui era ospitato e che ora è stato ristrutturato. Veniva utilizzato la domenica come cappella. Dice la storia che il vescovo provò una grande gioia. I Gesuiti erano molto stimati a quel tempo, perché si dedicavano alla cura degli ammalati, sia agli incurabili che all’ospedaletto.
Seguendo il nostro cammino, siamo arrivati davanti all’ospedale degli incurabili, in cui lavorò Francesco Saverio. Qui fece il medesimo gesto di Francesco d’Assisi di fronte a un malato e qui ebbe il sogno dell’indiano sulle spalle, futura meta del suo apostolato. Poi, ancora più avanti, scavalcando il ponte dell’Umiltà, abbiamo immaginato come doveva essere il primo insediamento dei gesuiti dietro la basilica della Salute (che a quel tempo ancora non c’era), con il priorato della Trinità, la chiesetta dell’Umiltà e i locali della loro prima casa religiosa.
Via, fino a punta della Dogana per ritornare verso la Salute, salutare la Madonna e pregare insieme con lei. L’ebbrezza del passaggio del Canal Grande sul traghetto è stata breve, ma entusiasmante. Arrivando in piazza san Marco, e poi nella visita alla Basilica, i nostri occhi erano pieni di tanta bellezza, eredità di chi ci ha preceduto. Poi via ancora, verso san Giovanni e Paolo, la chiesa dell’ospedale (san Lazzaro dei mendicanti). Lungo le fondamenta siamo arrivati alla chiesa dei Gesuiti e abbiamo pregato ancora il nostro santo che ci aiuti ad essere testimoni del Vangelo.
Un saluto a Tintoretto nella chiesa della sua parrocchia a Madonna dell’Orto. Un passaggio al Ghetto e infine un saluto veloce a santa Lucia. Alle 16,57 siamo arrivati davanti alla stazione. Qui si potrebbe dire “fine dei nostri servizi”. Ma noi continuiamo come annunciatori e testimoni, orgogliosi di aver conosciuto un po’ di più colui che ha gridato a tutti il suo amore per Cristo e per i fratelli e sorelle.