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Fino a quando faranno fatica a trovare una casa?

L'ascensore si arresta al quarto piano, e dalla porta spalancata del suo appartamento l'amico Antonio ci aspetta sorridente. Davvero l'ospitalità africana fiorisce rigogliosa anche nel Nord Est. Adesso egli può ricevere i visitatori in una vera abitazione, pulita e ordinata, che la signora Clara cura in maniera esemplare. Non è più quella specie di corridoio dei primi anni, dove bisognava improvvisare un angolo per mettersi a tavola, e dove i bambini dovevano spesso usare il letto per studiare.

Ma anche allora era una gioia andarlo a trovare ed ascoltare le notizie sempre più rassicuranti: i bambini crescevano bene, la prospettiva di un lavoro regolarmente riconosciuto si avvicinava sempre più, la signora con i suoi servizi presso le famiglie  contribuiva al sostentamento comune. E c'era la scoperta esaltante della libertà: finito l'incubo di un tempo, dove ogni persona sconosciuta poteva costituire un pericolo, dove gli uomini in uniforme rappresentavano sempre una minaccia, dove il problema essenziale era quello di passare inosservati, facendosi perdonare il fatto di vivere.

Certo non era questo il Burundi dove ci eravamo incontrati per la prima volta. Raccolto in un sorriso timido, con i grandi occhi spalancati su di me: lo vidi così, in quel pomeriggio di marzo, mentre osservava incuriosito il prete straniero impegnato faticosamente, sotto il sole equatoriale, lungo il sentiero che saliva al lago. Allora il piccolo Antonio frequentava le elementari, ed i genitori commentavano con orgoglio i suoi successi scolastici. Lo rividi 5 anni più tardi, adolescente impegnato nei suoi studi. Imperversava ancora l'apocalisse del 1972, che aveva inondato la nazione di sangue e pianto. Ma il seminario diocesano rappresentava un'oasi dove la vita continuava: e così Antonio poté sopravvivere.

In seguito le nostre strade si separarono. Lo ritrovai una ventina d'anni dopo, a Bujumbura. La laurea in scienze economiche gli aveva schiuso l'accesso ad un'attività professionale presso la Banca di Stato, un incarico già impegnativo a livelli importanti. Clara insegnava nella scuola elementare del quartiere, e così durante la giornata doveva ricorrere ad una collaboratrice.

La casa era spaziosa, in una zona tranquilla, a pochi minuti d'auto dall'ufficio. Ma ecco nel luglio del '95 scoppiare la guerra civile; ben presto Antonio divenne una persona da eliminare, insieme con la sua famiglia. Ricordo la sua Peugeot con quei tre fori rotondi che segnavano il cofano dalla parte dell'autista: occhiaie cupe da cui pareva affacciarsi la morte.

Impossibile dimenticare la sera in cui uno sconosciuto aveva estratto la pistola e improvvisamente aveva aperto il fuoco. E così il mio amico decise: riuscì ad inviare in Europa i bambini e la moglie per cure, e più tardi ottenne un permesso per recarsi a visitarli. Accomodati sulle poltrone del salotto chiacchieriamo fra noi. Adesso Antonio è regolar mente assunto in una società edile. Lo stipendio per quanto modesto consente di mantenere la famiglia, anche perché Clara è impegnata in una cooperativa di assistenza ai disabili.

I bambini frequentano le scuole pubbliche. Diana mi elenca la serie degli "ottimi" con cui ha concluso la seconda media; rimane ancora un "distinto" nella lingua italiana, che certamente scomparirà entro l'anno venturo. Gildo, il maschietto, è meno esigente: si accontenta di un "ottimo" in religione e di un altro in ginnastica. Ma oggi il mio amico non sorride più. Purtroppo sta scoprendo quanto è duro vivere in un Paese straniero, dove ogni mattino rinnova l'incubo di una giornata buia da  trascorrere con pena, di un lavoro che è diventato una sofferenza.

Il passaggio da bancario a manovale non gli pesa, ma diventa insopportabile dovere fare il manovale con certa gente. Perché purtroppo esistono fra noi strani personaggi che non hanno ancora scoperto la gioia di incontrare persone giunte da lontano e continuano invece ad arroccarsi dietro sospetti e prevenzioni assurde. Si sa l'extracomunitario per definizione è il diverso, il nemico, quello che ci porta via il lavoro e smercia la droga. Ogni occasione diventa buona per fargli constatare che lui resta l'essere inferiore.

E il muratore analfabeta conosce le maniere per umiliare il suo manovale laureato. Basta mettersi d'accordo in tre o quattro: il primo lo invia a cercargli la malta, e subito dopo un secondo esige la carriola; a questo punto un terzo chiamerà ad alta voce uno che gli passi la reggia, mentre il quarto strepiterà per avere subito un aiuto per spostare un ponteggio. E così ben presto echeggeranno le urla contro il negro sporco, il negro fannullone, il negro che non sa nulla e pretende di farsi pagare.

"Qualche volta ho sentito che non ce la facevo più a resistere ed ho avuto la tentazione di reagire con la violenza. Ma ho pensato alla mia famiglia, ai miei bambini, ed ho continuato a sopportare. Ma fino a quando?".

Ecco la domanda: fino a quando? Fino a quando continueranno ad esistere fra noi queste cose? Fino a quando le grettezze e le chiusure che ci disonorano tutti e impediscono che la gioia di Dio si estenda a tutti i suoi figli? È una domanda che pongo a tutti voi, amici lettori. Cerchiamo tutti insieme una risposta.



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