La missione chiama: Un sangue di ''gruppo zero''
Sono convinto. Per rispondere ai gravi problemi di oggi - guerra, migrazioni, fame, crisi economica - e vivere "in pace", nonostante tutto, abbiamo bisogno di aprirci all'accoglienza e alla condivisione. I problemi del mondo si ripercuotono nel nostro quotidiano: il costo del gas, la sporta della spesa, la badante e il vicino di casa che viene da lontano...
Ma altrove i problemi sono molto più gravi. "All'ambulatorio della missione - scrive p. Armando Coletto - ho visto solo bambini piccoli e non manca giorno che non si alzino le grida della morte. Qui ci si cura solo quando ci sono i soldi".
Per combattere la "povertà iniqua" - ricorda papa Ratzinger - che opprime tanti uomini e donne e minaccia la pace di tutti, occorre riscoprire la sobrietà e la solidarietà, valori evangelici e universali. Ciò comporta scelte personali e collettive di giustizia e di sobrietà. Ma abbiamo bisogno di luce e di energie profonde per orientare il nostro cammino verso la pace. È la strada della missione: rendere presente e visibile l'azione di Cristo.
Non nascondo la gioia dell'incontro con Cristo nella liturgia di ogni giorno. La storia terrena di Gesù, culminata nel mistero pasquale, è l'inizio di un mondo nuovo capace, con la grazia di Dio, di creare una nuova umanità. Insieme a tanti posso dire: "Grazie Signore, perché ti sei unito al nostro cammino. Tu sei vicino a quanti soffrono, sei con i perseguitati dell'India e dell'Irak, con gli sfollati del nord Kivu, sei vicino ai delusi della vita. Tu ci apri al programma di "fraternità e condivisione", che solo può renderci felici e che ci coinvolge tutti".
I segni di condivisione sono accanto a noi; dobbiamo saperli leggere. Un amico malato di tumore scrive: "Che il Signore mi aiuti a «vivere dando vita», finchè Lui vuole". Penso a don Mario, che ha accolto 5mila ragazzi e bambine nel centro salesiano di Goma (Congo) e tanta gente della città che apre la porta a sfollati sconosciuti e condivide il poco che ha con chi non ha più nulla.
Sì, gli uomini dovrebbero scorgere nei cristiani tracce di vangelo vissuto, tracce di vita capaci di narrare la "differenza cristiana". E questo lo possiamo se ognuno di noi si sente profondamente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo. Oggi siamo chiamati a risposte planetarie. Non si può combattere la miseria e costruire la pace, se non si fa quello che scrive san Paolo ai cristiani di Corinto: "fare uguaglianza", riducendo il dislivello tra chi spreca e chi manca del necessario.
Scrive il beato Conforti: "Formiamo un'immensa famiglia, perciò la carità (come anima della giustizia) deve creare comunione dei beni". Conforti è un riflesso forte e chiaro di Gesù; è risonanza viva del suo amore per quanti non lo conoscono e non l'hanno ancora incontrato; è uomo di questo tempo convulso e disorientato, che vede la chiamata alla fraternità "necessaria" per la sopravvivenza dell'umanità.
È il disegno di Dio: tutti siano una cosa sola; tutti i popoli siano una sola famiglia. Gesù offre e spiega il suo vangelo vivo nei santi. Con Guido Conforti, Gesù stesso rinnova il suo mandato: "Andate, incontrate tutti, offrite la pace, invitate tutti alla cena". Guardando il Crocifisso, Guido abbraccia con lui i popoli della terra; riunisce con un legame di amore tanti discepoli, per continuare con la forza dello Spirito Santo l'evento della Pentecoste.
Se il Signore ti chiama, non avere paura, dona te stesso. Condividere tempo, energie, affetto, intelligenza, è un dono particolare. Un "io" aperto al programma universale per la grande famiglia dei figli di Dio realizza in pieno la propria umanità.
È un "io per tutti", come un sangue spirituale di gruppo zero.