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La missione chiama: La cosa più bella, Voler bene

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Qual è la cosa più bella che una persona può fare? "Voler bene", ossia dare il meglio di sé. Così mi ha detto Carla, una mamma. È la sapienza umile che porta alla luce della vita. L'uomo è una scintilla di eternità. Secondo un'interpretazione rabbinica, il Signore disse a Mosè: "Dovunque tu vedi le tracce di un uomo, là io sono davanti a te...". Anche nel suo stato di morte, di vuoto e d'inquietudine, Dio è vicino a lui.

Si nasce per amare. Questo ci ha insegnato il natale di Gesù, una lezione che continua quando e dove si dà corpo alla bontà di Dio; quando si coopera al suo disegno sull'umanità: fare di essa una famiglia, unita dall'amore, e portarla a vivere la sua stessa vita divina.

È un progetto grande, bellissimo... Nessuno di noi poteva pensarlo e tanto meno sostenerlo. Ma Dio può. Per realizzarlo egli si è fatto fratello nostro. È la novità che solo Dio poteva rivelarci: la novità di un amore che ha spinto Dio ad assumere un volto umano, ad assumere carne e sangue, l'intero essere umano. "Incarnandosi, il Figlio di Dio Gesù Cristo si è unito a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo" (GS 22).

Gesù è fratello per ciascuno di noi, uomo o donna; entra in una relazione di appartenenza, di vero amore. Noi siamo il suo interesse.

Non cerca cose o beni. È povero. Egli sa ascoltare: vive il silenzio dell'ascolto contemplativo del Padre. Conosce la fatica del lavoro quotidiano, vive l'amicizia, condivide i pesi e rischi di tutti. Riconosce il ruolo di chi ha autorità, ma è profondamente libero; è legato all'amore e alla verità che vengono dall'Alto.

Spinto dallo Spirito Santo, Gesù annuncia il regno di Dio: il Padre misericordioso, il dono di sé e il servizio, il perdono e l'amore reciproco, la certezza del futuro nella casa del Padre. Chiama a sé quelli che vuole e "ne costituisce dodici che stiano con lui e anche per mandarli a predicare".

Sulla croce, sigilla con il sangue la sua parola. "Ma Dio l'ha risuscitato dai morti - afferma Pietro con coraggio, insieme ai suoi compagni - e di questo noi siamo testimoni". Gesù è vivo, e continua nella chiesa l'opera di redenzione affidatagli dal Padre: liberare e radunare i figli di Dio dispersi.

Bakhita è un esempio significativo che il Papa ricorda nella sua enciclica "Spe salvi". Bakhita, africana del Darfur, in Sudan, rapita ancora bambina, picchiata a sangue, venduta come schiava. In Italia scopre che c'è il Signore "Paron", che è la bontà in persona e che Egli l'ama. Bakhita si sente amata e attesa: "Io sono definitivamente amata e qualunque cosa accada, io sono attesa da questo Amore. E così la mia vita è buona".

Bakhita è stata "redenta"; non è più schiava, ma libera figlia di Dio, oggi santa della chiesa. La speranza, che l'aveva redenta, non poteva tenerla per sé. Questa speranza - pensava e voleva Bakhita - doveva raggiungere molti, raggiungere tutti.

Amare nella fraternità è la via sicura della missione, la risposta alle sfide di oggi, sulle orme di Gesù, fratello universale.

Penso con gratitudine a tutti i missionari e le missionarie; penso ai nostri saveriani nel fango del Bangladesh o con gli sfollati del Congo, ancora in balia dell'insicurezza e della fame legate alle calamità e alle guerre.

Sono "segni" di una missione umile, perché confida in Dio; rispettosa dei tempi e dei doni dello Spirito; propositiva e contenta di offrire l'annuncio del vangelo di Gesù a chi è nella ricerca; solidale, perché condivide le gioie e le speranze, le angosce e le tristezze degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto.

Insegnaci, Signore, a nascere alla vita; a saper amare nella concretezza della fraternità; a dare a tutti i frutti dell'albero della croce.



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