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Racconta il vangelo di Giovanni: “Gesù versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto” (Gv. 13,5) . Dopo aver lavato i piedi ai discepoli, Gesù dice loro di fare altrettanto.

E la sua opera continua. Vedo mamme e giovani portare acqua e cibo nelle prigioni, cristiani delle comunità di base assistere ammalati poveri e soli nelle loro abitazioni o negli ospedali, organizzare il lavoro comunitario per riparare strade e ponti, o coltivare i campi per i più bisognosi. Spesso gli affamati sono saziati, i nudi vestiti, i malati curati, i carcerati visitati. Così fanno le nostre comunità di missione rispondendo alle necessità immediate.

“L'amore è possibile - scrive papa Benedetto XVI - e noi siamo in grado di praticarlo perché creati a immagine di Dio. Vivere l'amore e, in questo modo, far entrare la luce di Dio nel mondo, ecco ciò a cui vorrei invitare con la presente enciclica”. L'amore di Dio e del prossimo è il centro dell'esistenza cristiana. L'attività caritativa rende visibile, in qualche modo, il Dio vivente.

Il vangelo è bello! Davvero. Fa germogliare la gioia semplice come i fiori sugli alberi in primavera. È la gioia del dono di sé che tutti possono vivere, qui e ora. Chi opera secondo questa logica, vive la fede come amicizia con Dio incarnato e, come lui, si fa carico dei bisogni materiali e spirituali del prossimo, condividendo la propria vita con loro. Condividere, spiega don Benzi, è far entrare l'altro, che è rifiutato da tutti, nel tuo cuore. Solo così è possibile sentire la solitudine di chi è solo, il disprezzo di chi è disprezzato, l'abbandono di chi è abbandonato. È il dono di sé che concretizza anche in noi il cammino della croce e apre alla risurrezione.

Lo stanno vivendo tanti fratelli e sorelle, con le loro comunità, nei vari paesi del mondo. Insieme a loro, anche i giovani saveriani che studiano a Parma, e vengono da Indonesia, Messico, Italia, Brasile e Spagna: Utomo e Melecio hanno deciso di fare “il tuffo” e vivere per sempre nella nostra famiglia missionaria; Daniele, Michel e Miguel diventano sacerdoti per sempre .

Guardando il Crocifisso scopriamo che tutti abbiamo qualcosa da condividere. Penso a tanti ammalati, a missionari che portano nel loro corpo le stimmate di Cristo. Non è la sconfitta. È la grazia a caro prezzo . Con la sua passione il Signore Gesù si è unito al nostro dolore. Quale dignità per il nostro dolore! Il dolore ci unisce a Cristo, che vive con noi la passione, la spogliazione; perché liberi da noi stessi, possiamo accogliere e donare l'amore che ci apre alla vita stessa di Dio.

Viene il momento, oscuro e luminoso, in cui tutti possiamo sperimentarlo. I nostri poveri corpi, il nostro spirito umiliato diventano il luogo del combattimento che prepara l'incontro con la vita. Anche l'ora nona è tempo di missione. Continua il dono della giornata terrena, illuminata dalla presenza del Risorto. Ieri Marco, un operaio elettricista in pensione, me lo ha insegnato: “Cosa farebbe ora Gesù?”. Immagino Gesù con la tuta o con la sedia a rotelle, aperto al Padre e ai fratelli. Egli è con noi. Non è visibile con gli occhi, ma è il più presente . E lui ripete:

Andate, ditelo a tutti! Tutti e ciascuno siete amati dal Padre mio. Tutti e ciascuno potete amare! Andate, raccontate a tutti quanto vi ho detto! Ditelo con la parola, ma nella corrente della vita, sul lavoro, in piazza, in famiglia. Ditelo con un amore che si fa gioia, perdono, resistenza, servizio… Andate, ditelo a tutti”.

Vissuti con Cristo, servizio e dolore esprimono amore. Allora la vita cammina verso la luce e la festa senza fine. Con vera amicizia, lo dico a tutti i lettori di “Missionari Saveriani”: Buona Pasqua!



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