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"Se aiuto i poveri, mi battono le mani"

Lo scorso luglio, mentre boccheggiavamo per la canicola e non finivamo di lamentarci della siccità, a Roma c'era l'assemblea generale della Caritas internazionale, che raggruppa 164 Caritas di altrettanti paesi dei cinque continenti.

La Caritas è un'espressione visibile della chiesa locale, "la carta di presentazione della chiesa", come disse il cardinale Martini.

Pensavo a queste cose, mentre leggevo le critiche a questa organizzazione di buoni samaritani, apparse sulla stampa laica. In sostanza, si rimproverava alla Caritas internazionale di far politica.

Il bene di tutti

Ma si può dire che denunciare le situazioni di miseria e di degrado, che affliggono la gente, sia ingerirsi indebitamente nella politica?

E' noto che politica viene da polis; una parola greca che vuol dire città, stato, comunità umana. Far politica vuol dire cercare il bene di tutti e non solo di qualcuno o di qualche settore della comunità.

In questo senso, la Caritas, come ogni cristiano, deve fare questo genere di politica: deve curare quei mali della città che nessuna amministrazione sa curare. La Caritas è davvero il buon samaritano che vede e si ferma e dà una mano a chi, caduto nelle mani dei briganti, si trova sul bordo della strada senza riuscire a riprendere il cammino.

La verità dà fastidio

Certo fa fastidio quando la Caritas avverte - e lo scrive nel suo documento - che in questi vent'anni (dal 1972 al 1995) la ricchezza nel mondo è cresciuta di otto volte e gli investimenti di 17 volte; ma che, nello stesso tempo, il benessere si è concentrato in mano di pochi, sempre più pochi. Sicché la massa dei poveri è cresciuta, ad una velocità che è pari a quella della concentrazione dei beni, di cui abbiamo appena parlato.

Si cita sempre, come caso emblematico, questo intollerabile divario: dodicimila donne indonesiane, che lavorano per fabbricare le scarpe sportive della Nike, ricevono un salario complessivo (cioè tutte insieme) inferiore a quanto la stessa compagnia Nike dà ad un giocatore di basket, che sponsorizza le scarpe Nike.

Un pugno nello stomaco

La povertà cresce... anche nei paesi ricchi. In Canada, per esempio, i bambini poveri sono saliti dal 14,5 al 21 per cento. Nel 2000 nel mondo, sono morti un milione e trecento mila bambini, per malattie collegate alla cattiva qualità dell'acqua.

Le cifre fornite ai primi di luglio dal Programma di sviluppo delle Nazioni unite (UNDP) sono un pugno nello stomaco: un miliardo e mezzo di persone vivono con meno di un dollaro al giorno; 800 milioni di persone (il 15 per cento della popolazione mondiale) soffrono effettivamente la fame; 115 milioni di bambini non possono accedere alla scuola elementare; 500.000 donne ogni anno muoiono di parto o di gravidanza; 14 milioni sono gli orfani dell'Aids; un milione e mezzo di persone muoiono di malaria...

Globalizzare la solidarietà

Per tutto questo deterioramento della situazione generale nel mondo, la Caritas internazionale punta il dito sul capitalismo selvaggio, chiamato anche globalizzazione economica.

E il Papa, nel suo messaggio alla riunione della Caritas, non ha mancato di affermare un altro aspetto della situazione: la globalizzazione della solidarietà non è solo raccomandabile in se stessa, ma è il modo più adeguato per contrastare il fenomeno del terrorismo internazionale, che trova ragioni o pretesti (alla fine non c'è più differenza, quando ci scappano dei morti) proprio nel sottosviluppo del mondo, provocato e mantenuto dall'attuale sistema economico neo-liberista.

Ingerenza o dovere?

Questi non sono forse problemi politici? E allora, denunciarli è ancora una "indebita ingerenza", oppure è un sacrosanto dovere? Non è forse quello che dovremmo fare tutti?
Se i bambini che muoiono di fame, o non vanno a scuola, o rimangono orfani per l'Aids, fossero i nostri bambini, non faremmo certamente qualcosa, anzi tutto quello che possiamo, per salvarli?

Ma tant'è: le risorse, sì, sono di tutti. Ma i bambini da sfamare… chi li ha, se li tenga! E chi si mette a denunciare queste brutte piaghe dell'umanità diventa uno che fa indebitamente politica.

Viene in mente quello che diceva don Helder Camara, l'indimenticabile arcivescovo di Recife:

"Quando io aiuto i poveri, tutti mi battono le mani; quando invece denuncio le cause che fanno male ai poveri, allora sono un comunista"



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