In… famiglia
Quando li vedevo luccicare sotto il sole, sulle spiagge del lago Tanganika, pronti poi a finire nei sacchi di iuta e a partire per tanti paesi, mi chiedevo cosa pensassero della vita. Erano stati pescati la notte, al chiaro di luna da pescatori con le piroghe a bilanciere. Si erano fatti attirare dalle lampade e in gruppo erano finiti nelle reti. Ora erano là. Mi veniva spontaneo pensare ai loro genitori che li avevano fatti crescere. Li avevano seguiti nei loro primi guizzi nell’acqua, magari dicendo loro di stare attenti ai pesci grossi, sempre affamati, o agli ippopotami che si divertivano a scocciare i più piccoli di loro. E così mi tornava alla memoria quello che mi diceva mio padre, quando era piccolo. “Cerca di comportarti bene, il cuscino su cui dormirai la sera è quello di avere la coscienza a posto; quando ti senti solo rivolgiti alla mamma di Gesù che ti darà i buoni consigli…”. E altre cose. In particolare, la sua testimonianza di uomo e di cristiano che sapeva pagare di persona, che viveva per la famiglia e per la comunità. Sono cose che non si dimenticano più.
Allora perché parlare dei pesciolini, degli ndagala? Forse non sapevano che il loro destino fosse soddisfare la fame dei pescatori e delle loro famiglie. Non capivano, ma intanto in modo spensierato giocavano tra le onde. Come successe una notte, al ritorno dal viaggio con il battellino, quando la luna era uscita in tutta la sua bellezza. Loro accorrevano felici, danzando sulle onde e lasciandosi illuminare di gioia, felici che qualcuno si ricordasse di loro. Magari nell’ombra, i loro genitori godevano di quella luce riflessa…