Il regalo più bello è far conoscere Gesù
Immaculée Zihalirwa Badesire è una saveriana congolese, originaria di Bukavu. Dal 2007 missionaria in Camerun e in Ciad, descrive qui gli anni vissuti a Nouldayna, nel nord del Camerun.
Era il gennaio 2008 quando sono arrivata per la prima volta a Nouldayna, ben accolta dalla mia comunità. Ero la prima africana. Benché le sorelle avessero già annunciato la mia venuta, la gente, vedendomi, mi prendeva per la loro domestica, “una giovane camerunese del sud che è venuta a lavorare con le suore”. Alle sorelle dicevano: “Avete una straniera con voi”. Anche se le sorelle spiegavano che ero una di loro, non ne erano convinti.
P. Tonino Melis, dopo una breve introduzione alla lingua masa, mi disse: “Va’ fra la gente, imparerai”. Così ho fatto. I bambini sono stati i primi ad accogliermi: venivano a casa nostra per insegnarmi il Padre Nostro, l’Ave Maria e il segno della Croce nella loro lingua, mi accompagnavano in giro per farmi conoscere l’ambiente. Benché essi parlassero masa e io francese, riuscivamo a capirci. A poco a poco mi hanno fatto entrare nelle loro case. Presso i masa, se un bambino porta a casa un ospite, gli adulti lo accolgono. “È la mia amica!”, dicevano i bambini ai genitori, che mi rispettavano molto. Quando hanno capito che ero una missionaria, hanno cominciato a darmi fiducia e a pormi molte domande. “Sono qui per crescere e camminare con voi”, dicevo loro.
In seguito, ho lavorato nella pastorale dei bambini, poi dei giovani e delle donne cattoliche. A poco a poco, da straniera sono diventata per la gente una persona di casa, la figlia, la sorella minore, la sorella maggiore, la madre… tutti i tipi di amicizia. Questo mi dava gioia. Quando abbiamo cominciato la catechesi, è stato bello per me vedere la gente imparare a fare il segno della Croce, vedere persone tristi illuminarsi nel tracciare su di sé questo segno. Alcuni chiedevano di seguire la catechesi, diversi giovani ricevevano il battesimo e gli altri sacramenti… Mi dicevo che il più bel regalo che posso fare alla gente è far loro conoscere Gesù Cristo, crescere insieme nella fede. Non avevo cose da dare se non il mio tempo: parlare di Gesù Cristo a chi non lo conosceva mi dava gioia e ne dava anche al popolo di Nouldayna.
L’essere cattolica e religiosa non impediva le relazioni con i fedeli della religione tradizionale e con i musulmani: sono nate amicizie che ci hanno fatti crescere insieme. I primi a volte mi chiamavano per mostrarmi come facevano i sacrifici. E pensavo che a partire da quanto praticano, dal loro modo di pensare Dio, dalla loro cultura, avrei iniziato l’annuncio del Vangelo. Raggiungerli nella loro cultura mi ha molto aiutato per parlare di un Dio che già conoscevano e anche per andare oltre, ovvero parlare loro di Gesù Cristo, che ci mostra il volto di Dio. Poco alla volta, alcuni diventavano cristiani, altri no, ma restavamo comunque amici.