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Il popolo che venne dall'acqua

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Mostra Kayapò, dai saveriani per tutto maggio

Oggi in Brasile, suddivisi in circa 225 gruppi, vivono poco più di 350.000 indios. Prima delle conquiste operate dalle popolazioni del vecchio continente europeo, essi erano alcuni milioni. Centinaia di questi gruppi sono scomparsi per sempre. Tra i popoli sopravvissuti, vi è quello dei Kayapò. Essi abitano la foresta amazzonica, in un territorio grande più di un quarto dell'Italia e sono appena quattromila persone. "Kayapò" è il nome che altri hanno loro attribuito.

Loro, invece, si auto definiscono "il popolo che venne dell'acqua". Vivono in 17 villaggi, ognuno dei quali è un'entità a sé. Costruiti in zone isolate, i villaggi Kayapò presentano, una struttura circolare con in mezzo la casa degli uomini. Questa è il centro propulsore ed organizzativo di tutta la vita del villaggio. Il mito racconta che il modello circolare del villaggio è stato copiato dalle arnie delle api selvatiche.

L'esposizione si propone di far conoscere gli aspetti più significativi di questa cultura. In particolare tre aspetti: la pittura corporale, l'arte delle piume e gli oggetti di artigianato.

La pittura corporale

Ispirandosi alle decorazioni della pelle o corazza di alcuni animali della foresta, i Kayapò dipingono il proprio corpo nei colori rosso e nero, secondo la tradizione del loro illustre e mitico antenato Bepgororotì. Dipingersi è un segno di appartenenza al gruppo e di riconoscimento individuale.

L'arte delle piume

Anche a confronto con gli altri popoli indios, i Kayapò eccellono nell'uso di ornamenti confezionati con vistose piume di uccello. Lo spettacolo di colori creato da questi ornamenti, portati durante le solenni celebrazioni, è decisamente impressionante.  È come se tutto un popolo mettesse le ali, per inseguire l' antico sogno umano di poter volare come un uccello.

Gli oggetti di artigianato

Persino i loro utensili domestici e gli strumenti per la caccia sono sempre ornati con quel tocco d'estro che li fanno sembrare esseri viventi. Ogni oggetto ha bisogno di una seconda pelle, per poter anch'esso vivere e manifestare la propria bellezza. Allo scopo, i Kayapò ricorrono all'uso di paglia e di fibre vegetali, con intreccio ornato.

L'impegno dei saveriani

I missionari saveriani vogliono offrire la possibilità di conoscere questa cultura, così diversa dalla nostra. È un'opportunità per educare i giovani ad apprezzare e a capire che la diversità culturale ed espressiva è una ricchezza da scoprire e valorizzare. Tutto ciò è di stimolo, in un momento in cui la nostra società si trova sempre più penetrata da persone, valori ed espressioni di culture diverse, provenienti da tutto il mondo.

È stato possibile realizzare questa mostra, assolutamente prima ed inedita al mondo, grazie alla instancabile attività e alla coraggiosa intraprendenza del saveriano padre Renato Trevisan, che per oltre 10 anni ha vissuto con il popolo Kayapò, nel nordest del Brasile. Durante questi anni, padre Renato ha continuato a raccogliere oggetti e manufatti di questo popolo fino a raggiungere una quantità significativa - circa 500 pezzi - per realizzare la mostra.

I missionari saveriani, da molti anni, sono impegnati nel difendere la cultura e i diritti degli indios Kayapò, nel conservarne e farne conoscere i costumi e le tradizioni. Sono felici di poter presentare i valori di questo popolo ai cittadini italiani. L'iniziativa è stata accolta con grande successo dal pubblico di Parma, Brescia, Salerno e Udine. A Desio, la Mostra rimarrà aperta al pubblico dal 28 aprile al 1 ° giugno, nella casa dei saveriani. L'arte, la cultura e l'ingegno di questo popolo meraviglierà i visitatori, che attendiamo numerosi.



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