Il pastore “Meraviglio”, Una bella favola da rivivere
L’immagine dei bambini che, schiacciando il naso alla finestra, guardano fuori mentre scende la neve, mi fa ricordare tanti momenti dell’infanzia. Un misto di nostalgia e di meraviglia preparava il cuore dei bambini al Natale. Ripenso alla storiella che ci raccontavano del pastore “Meraviglio”, uno dei pastori che fecero visita a Gesù.
Testa distratta e cuore attento
"Meraviglio” era un tipo con la testa fra le nuvole. Si incantava davanti a tutte le cose e perdeva il senso del tempo. Quando si metteva a giocherellare con il cane o con un agnellino, si scordava persino delle pecore al pascolo. A volte veniva pescato in aperta campagna dagli acquazzoni, perché era rimasto troppo tempo incantato a fantasticare con la forma delle nuvole.
Addirittura, quando gli angeli quella notte avevano portato il grande annuncio, si era precipitato tutto curioso alla grotta, dimenticando però di portare qualcosa in dono. Infine, si era messo a coccolare il Piccino, senza degnare di un saluto né Maria né Giuseppe. Agli occhi dei compagni era un distratto, uno poco affidabile, che non sapeva stare con i piedi per terra e non aveva i modi giusti di stare al mondo.
Ma Maria l’aveva perdonato. Anzi, l’aveva lodato davanti a tutti, proprio perché il cuore del pastore “Meraviglio” era tanto vicino al mistero che si stava compiendo, da saperlo accogliere nel migliore dei modi: con gioia e ammirazione.
L’avvento sempre più corto
Ma torniamo ai nostri tempi, alla nostra società e cultura. Mi chiedo se ancora in noi sia rimasto il senso dell’attesa, della meraviglia e soprattutto la capacità di saper guardare agli avvenimenti e alle cose con il senso del mistero. Penso poi alla capacità di tanti uomini e donne del mondo di avere ancora desideri, speranze e attese di salvezza, che permettono loro di vedere ed accogliere Dio, che diventa Bambino e irrompe nella loro storia.
Mi turba il pensiero che forse noi non siamo sufficientemente desiderosi o bisognosi di salvezza. La affidiamo alle sicurezze che ci vengono dal possedere cose e dal non temere imprevisti, alle cose sempre uguali che si ripetono senza sorprese. Soprattutto, la poca fede non ci permette di vedere la salvezza nelle situazioni di sofferenza e di disagio, di novità o di piccolezza. Mi turba ancor più il fenomeno dell’avvento accorciato, perché siamo proiettati con mesi di anticipo a pensare già alla festa del Natale: regali, spese, pranzo eccetera.
Il Natale celebrato nell’occidente consumista ci ha tolto la gioia dell’attesa, la fatica di cercare, la sfida a cambiare.
Il Natale della speranza
Quest’anno, nella comunità saveriana di Desio, costruiamo un presepio nuovo. I nostri giovani amici, che la scorsa estate hanno visitato le missioni del Brasile settentrionale, vogliono aiutarci a vivere il mistero del Natale come lo vivono i cristiani brasiliani. Vogliono farci capire come lo attendono e vivono i poveri di quella terra. I nostri giovani sono stati molto colpiti da questa esperienza. Sentono che la loro vita ha un senso e un sapore diverso.
L’incontro con la gente del Brasile, è stata l’occasione di un incontro con il Signore, che chiama a farsi fratelli e sorelle di tutti. I loro occhi sono stati come gli occhi del pastore “Meraviglio”. Hanno scoperto la presenza di Dio nella carne: un presepio vivente, non più solo folcloristico o artificiale. E hanno scoperto che la luce del Natale non sono addobbi fuori di noi, ma è una luce che emana dal cuore, tanto da farci diventare uomini e donne di speranza.
“Divenire speranza”: questo è l’invito di quest’anno, dedicato alla missione. Ci domandiamo: come trasformare il Natale in un’esperienza quotidiana e concreta della presenza del Signore in mezzo a noi?
Come attenderla e accoglierla? Come viverla e gustarla? Come annunciarla e mostrarla agli altri? Come… come…?