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I diritti umani di tutti, Un campo della missione cristiana

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Che noi missionari parliamo spesso della libertà negata ai popoli più poveri, dei diritti umani conculcati e della fame nel mondo, è ormai un luogo comune che ci procura anche qualche richiamo da parte dell'autorità della chiesa, per ricordarci che l'evangelizzazione e la missione sono un fatto "religioso" e non possono essere ridotte a "fare attività sociali". Parole sante.

Una tragedia vergognosa

Questa volta però ci sentiamo in buona compagnia. Benedetto XVI lo scorso 4 maggio ha scosso le coscienze parlando della "tragedia vergognosa di un quinto dell'umanità che soffre la fame". L'ha fatto nel corso di un importante discorso rivolto alla pontifica Accademia delle scienze sociali, che teneva il suo convegno su "La dignità della persona umana e dei diritti umani, punto di incontro tra la dottrina sociale della chiesa e la società contemporanea".

Oggi si parla molto dei diritti umani, dopo che per tanto tempo la chiesa li ha guardati con qualche sospetto, visto che comprendevano anche il diritto alla libertà religiosa, il diritto di ogni persona di seguire quella religione che ritiene vera. In seguito al Concilio, questa paura è svanita e ora la dignità della persona umana e i suoi diritti fondamentali sono ritenuti la concretizzazione della regola d'oro del vangelo:  "Come volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fate a loro".

Il rispetto universale

Nel suo discorso il Papa ha riaffermato che "se tutti gli esseri umani sono creati a immagine e somiglianza di Dio, allora condividono una natura comune che li unisce gli uni agli altri e che richiede rispetto universale". Non è un'affermazione da poco. La carta dei diritti umani traduce in termini laici verità che il vangelo proclama da duemila anni: che cioè Dio ama ogni uomo e ogni donna e che ogni essere umano è chiamato ad amare Dio liberamente. Ciò mostra che "ognuno, indipendentemente dalla sua condizione sociale e culturale, per natura merita libertà".

Eppure ancora oggi nel mondo ci sono persone ridotte in schiavitù, limitate nell'uso della loro libertà, obbligate a seguire decisioni prese da altri e a pagarne il conto. La chiesa, e in particolare i suoi missionari, in molte parti del mondo è perseguitata, proprio perché promuove le persone e rivendica in nome di Dio la loro dignità e libertà, quando chiedono di decidere del proprio futuro; proprio perché sta vicina e sostiene chi si impegna nella difesa dei diritti umani.

Oggi non ci sono forse più quelle forme rozze di schiavitù, fatte di catene, ceppi e fruste che i missionari incontravano una volta; ma la difesa dei diritti della persona umana è diventata oggi una frontiera della missione sulla quale anche noi saveriani abbiamo avuto i nostri martiri.

Ci sono gravi problemi sociali

Nello stesso discorso il Papa ha detto che non basta celebrare i diritti della persona umana. Bisogna mettere ogni persona in condizione di usufruirne liberamente. E ha richiamato l'attenzione "su alcuni dei più gravi problemi sociali degli ultimi decenni, come la crescente consapevolezza, sorta in parte con la globalizzazione e con l'attuale crisi economica, di un contrasto stridente fra l'attribuzione uguale di diritti e l'accesso diseguale ai mezzi per ottenerli".

In parole più semplici: non basta riconoscere a tutti il diritto di lavorare e di produrre, se poi non possono vendere i loro prodotti; non basta riconoscere a tutti il diritto all'istruzione, se poi non possono andare a scuola; non basta riconoscere a tutti la libertà religiosa e il diritto di pregare come vogliono e dove vogliono, se poi non si permette di costruire i luoghi di culto. Sono realtà che noi missionari vediamo e di cui cerchiamo di rendere coscienti le comunità cristiane dei nostri paesi d'origine.

Chi ha ragione?

Finché parliamo delle nostre attività religiose e anche sociali, tutti ci approvano; ma quando invitiamo il nostro mondo a cambiare stile di vita e a limitarsi nei bisogni, spesso fittizi e comunque non necessari; quando puntiamo il dito sulle responsabilità del nostro mondo nel mantenere situazioni inaccettabili nei paesi poveri, allora siamo accusati di uscire dal nostro campo "religioso", di fare politica, di non essere più dei veri missionari. Chi ha ragione?

Ha ragione il Papa, e noi con lui. Gliene siamo grati e, come sempre, gli facciamo buona compagnia.



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