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Il 3 ottobre scorso ci ha lasciati papà Enrico Rota Martir. Nella missione in Amazzonia, i famigliari mi tenevano informato sulla sua situazione di salute, che andava pian piano peggiorando. Dopo vari interventi, a cui si era sottoposto ogni volta con pazienza, il Signore lo ha chiamato a sé. Sono contento di aver avuto la possibilità di tornare dal Brasile e stargli accanto negli ultimi giorni di vita.

La sua vita è stata intensa, piena di soddisfazioni e difficoltà. Papà Enrico ha saputo valorizzare ogni momento della sua vita e, al momento opportuno, l'ha consegnata al Signore con fiducia e serenità. Vorrei lasciarvi qualche altro pensiero, tratto dall'omelia che mio fratello don Agostino ha fatto nella Messa di commiato, il 5 ottobre a Bonate Sopra.

Le mani sporche di terra

L'ultimo confine che papà ha attraversato è stato quello della morte: il passaggio dalla terra al cielo. Nella sua lunga esistenza, papà Enrico è stato un esperto di attraversamenti di confini, soprattutto in sella alla sua inseparabile vespa, munito di una semplice mappa, un sacco a pelo e qualche provvista; con tanta fiducia nelle persone che incontrava sul percorso e nella Provvidenza divina.

La prima cosa che Dio gli ha chiesto, credo, sia stata di mostrargli quelle sue mani da contadino: robuste, incallite e sempre "sporche", impossibili da lavare perché amalgamate con la terra, con il lavoro quotidiano nei campi; quelle mani pronte a donare, ad aprirsi con il sorriso sul volto per condividere i frutti della terra con chiunque: con il povero, con l'amico, con il parente, con l'oratorio, con la scuola materna, con i rom.

Mani che diventavano come il "tabernacolo vivente", quando ricevevano il corpo di Gesù nella Messa quotidiana. Immagino allora il sorriso soddisfatto di Dio, perché ora quelle mani "sporche di terra" potranno finalmente e fieramente stringersi nel suo abbraccio di Padre.

Quei foglietti magici

Caro papà Enrico, come non ricordare quei foglietti scritti a mano su carta, che all'improvviso sbucavano dalla tua tasca per la preghiera dei fedeli. Trasmettevano, con parole semplici ma efficaci, il tuo cuore aperto sul mondo, il desiderio di un mondo più giusto visto dagli occhi dei più piccoli; quei piccoli che abbracciavi fisicamente nei tuoi viaggi missionari in Brasile, in Bosnia o al campo rom di Coltano, o spiritualmente, con i bambini di Haiti, dell'Africa o dell'Asia.

Ora, lassù, sei il nostro riferimento, il nostro appoggio su cui puntare nel cammino della vita. Ora i biglietti scritti (soprattutto quelli che nascono nel cuore) te li mandiamo noi, certi di avere un recapito sicuro.

Dal cielo ci accompagnerai con il tuo sorriso, aperto e disponibile ad ascoltarci e a consigliarci, come sempre hai cercato di fare.



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