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Goma è pietrificata ma non disperata

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Sulla lava fumante per scaldare i fagioli

L'avevano portato via d'urgenza il giorno in cui la lava avanzava implacabile ad inghiottire muri e tetto del Centro che lui, assieme ad un'équipe di laici e di missionari aveva messo in piedi, per aiutare i bambini più poveri. Per tornare a Goma, padre Silvio Turazzi, il missionario saveriano in carrozzella, ha affrontato la fatica di salire e scendere dagli aerei che volano in Africa.

Ho rivisto Goma pietrificata, come una Pompei africana. Le famiglie rimaste sul lastrico sono 14.000. All'entrata della città,sventola una bandierina che la gente ha issato per segnalare l'attività del vulcano. Oggi è gialla, per avvertire che il vulcano è attivo, ma non pericoloso.

Nonostante il pericolo, i ragazzi hanno già cominciato a montare sopra quella crosta fumante, a piedi scalzi, per assecondare la fantasia di scaldare il pentolino dei fagioli.

La Pompei africana rinasce

La gente, come sciami d'api, segue le ruspe che frantumano la lava e aprono strade. Sospinti da cocciuta speranza, recuperano resti di lamiere bruciate, mattoni, travi di legno. Chi raccoglie, chi ripara, chi vende, chi innalza baracche con materiale di ricupero.
Donne che vanno verso i distributori d'acqua, che portano sulle spalle sacchi di carbone, che vanno in cerca di medicine. Loro devono far crescere i figli.

Chi non ha avuto la casa incendiata, ha ospitato due o tre famiglie di sfollati. Una stuoia. Un pugno di riso e fagioli. I cuori trasformano la speranza in energia.
Sono molti gli esempi di condivisione: dall'ospitalità all'aiuto per riaprire un piccolo commercio.
Un'anziana signora che aveva perduto irreparabilmente, sotto la lava, la botteguccia in cui vendeva olio rosso di palma, è stata aiutata a riprendere il suo piccolo commercio da donne arrivate da lei con il dono di una bottiglia d'olio.

Poco più in là rinasce l'attività artigianale. Si fabbricano pentole, padelle, lampade a petrolio, fornelli, zappe. Rinasce anche il mercatino, ricostruito con lamiere bruciacchiate.
Riprendono anche i mezzi di trasporto. Biciclette di legno, per trasportare in città la verdura della campagna; motociclette che fungono da taxi.

Passa la paura. Si progetta il futuro

Ho notato che la paura passa. La gente si rivede. Si progetta il futuro. E' il miracolo della sopravvivenza. E l'affermazione della speranza sulla fame e sulla stanchezza.
Tra le onde della lava pietrificata, emergono due pareti della cattedrale rimasta sepolta. Sono il simbolo della comunità cristiana che ha piantato la tenda in quello scenario di tante fragilità. Non poteva essere altrimenti.

Anche la chiesa è attiva nell'opera di ricostruzione. Sentiamo tutto il valore e la energia del vangelo. Dio è amore perché ha messo la sua tenda in mezzo a noi. Noi l'abbiamo visto e riconosciuto sul volto di Gesù crocifisso, coperto di sangue, fratello di ogni uomo che soffre. E le comunità rinascono. Ricostruiscono con quello che possono trovare di utile.

La grande prova ha rinsaldato il gruppo degli operatori al servizio dei più poveri. Il Centro nutrizionale dei bambini e le scuolette sono state rimesse in piedi. "Il piccolo ospedale - commenta il responsabile - è stato allestito nei locali che la lava non ha cancellato. Il numero dei casi gravi è sempre alto, ma è difficile accoglierli tutti, per mancanza di posti. Continua tuttavia il lavoro di prevenzione nei quartieri, dove seguiamo 1.260 bambini. Abbiamo bisogno di mais, soia, sorgo...".

A pensarci bene, è paradossale. Ma sono proprio i bambini a confermare che la strada della pace in Congo nasce nel baratro del vulcano, che ha ridestato tanta solidarietà. Come dire che neppure l'eruzione del vulcano può mandare in riserva il serbatoio della speranza.

Si firma la pace e si fa la guerra

Il vulcano non sembra più intenzionato ad infierire sul morale degli africani. La guerra, invece, continua. Continua da otto anni.
Recentemente, un osservatore dell'Onu aveva sentenziato: "In Congo si firma la pace e si fa la guerra". I fatti sembrano dargli ragione: la situazione è critica; il sangue non ha smesso di scorrere; gli sfollati sono tanti.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha denunciato ancora una volta i militari e i politici, assoldati da gruppi finanziari e minerari internazionali che hanno interesse a che la guerra continui. Perché il sottosuolo è ricco di oro, di diamanti e di cobalto, il minerale per fare i telefonini.

Tuttavia ad uno sguardo appassionato, non sfugge che a Goma esiste lo scampolo di una terza forza costruttrice della storia dei popoli. Tra i signori della guerra e le multinazionali della globalizzazione economica, si fa strada anche una fitta rete di scambi e di rapporti interpersonali, l'energia genuinamente umana che dona alla gente semplice la certezza di non sentirsi sola, di non sentirsi abbandonata nella ricerca del bene di tutti .
E' "la società civile", che ha sopperito alla mancanza di mezzi ed ha riaperto scuole e dispensari, con quel poco che si riesce ancora a trovare. Tutti si sentono responsabili di tutto.

La solidarietà spicciola, da persona a persona

Sono tornato recentemente da Goma. L'incontro con questo popolo, che dà prova di tenacia nelle avversità, è sempre per me un'esperienza forte. Un popolo fiero, dignitoso. Sempre in piedi, anche nell'abbandono. Un popolo che non si piega alle continue angherie dei padroni di turno.

I loro volti sono solcati dalla sofferenza, ma non sono rassegnati alla morte.
Soprattutto ho appreso da loro che siamo tutti chiamati ad una solidarietà spicciola, da persona a persona, da famiglia a famiglia, da gruppo a gruppo, da movimento a movimento.
Forse era proprio necessario che i nostri fratelli di Goma patissero l'eruzione di un vulcano, affinché anche noi scoprissimo il valore della fratellanza universale.

Non me la sono sentita di augurare loro: "Coraggio!". Perché, ancora una volta, ho imparato io da loro come afferrare il dono della vita e custodirlo.



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