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Giubileo, la vera Porta Santa: spalancare il cuore per ricevere l'altro

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La presenza sempre più massiccia degli extracomunitari nel nostro Paese e il flusso migratorio sono un segno dei tempi che sollecita l’attenzione e l’impegno del cristiano d’oggi. Non si tratta d’un evento naturale, passeggero come un acquazzone. Sono fatti umani, e come tali vanno fronteggiati. Sbagliato è chiudere gli occhi e affidarsi al caso. Vanno regolarizzati, d’accordo; burocrazia ed amministrazione sono direttamente chiamate in causa; ma deve essere la ragione e non la paura a dettare le scelte. A maggior ragione viene chiamata in causa la Chiesa e i suoi membri, i cosiddetti cristiani. Nel mondo gli immigrati sono 120 milioni. L’Italia è al quarto posto in Europa; alla Lombardia spetta il primato delle presenze.

Alla celebre frase: "Italiani, popolo di navigatori, di santi e di poeti", potremmo benissimo aggiungere "popolo di emigranti". Non dobbiamo dimenticare infatti che nel secolo scorso più di 27 milioni di nostri connazionali hanno fatto l’esperienza di trasmigrazione in cerca di fortuna in ogni parte del mondo. Questo esodo massiccio ha messo le radici e sopravvive nei 50 milioni di discendenti italiani che vivono all’estero. Un popolo che non ha memoria, rischia di non avere storia. Oggi tra noi, ex popolo di emigranti, regna ancora una profonda paura nei confronti degli stranieri; un timore che spesso si esprime in atteggiamenti di rifiuto e di opposizione verso tutto ciò che è a noi estraneo o che "proviene da fuori".

Chi fugge dalla guerra non è un clandestino; chi cerca onestamente un lavoro non è un ladro.

Spesso, quando crediamo di parlare "di loro", non facciamo altro che parlare "di noi". L’immigrazione a volte è l’immagine della nostra società, della nostra vita, del nostre paure. Tempo fa ho portato un regalo al nipotino d’un mio amico, sette anni. Si trattava d’un’ingegnosa costruzione in legno, ottenuta dal lavoro dei ragazzi Rom che abitano nel centro di Cormano (Pisa) del quale si parla nel Paginone di questo numero di "Missionari Saveriani": "Dio parla in zingaro?". Volevo mostrare al bambino la laboriosità dei piccoli zingari. Nel porgergli il regalo, dopo avergli spiegato chi l’aveva costruito, gli chiesi: "Ma tu sai chi sono gli zingari?". "Sì – mi rispose di getto con tutta la sua ingenuità – sono quelli che rubano!".

Il cardinal Martini, arcivescovo di Milano, come è suo costume, invita tutti i suoi fedeli a riflettere, senza abbandonarsi agli opposti estremismi: "La nostra vuole essere una solidarietà che non scavalca la legge, ma che promuove una vita più nuova e favorisce anche una soluzione dei problemi degli emigrati nel loro Paese d’origine, che impegna non solo la singola nazione, ma l’intera Europa a una capacità nuova di intervento.

Stranieri: non solo braccia

C’è qualcosa di inquietante e di disarmante nell’isteria che si rifiuta di distinguere il delinquente dall’immigrato, che riduce l’immigrazione ad un problema di ordine pubblico, che vuole ignorare il burrascoso contesto internazionale, fucina degli spostamenti di massa. Sì all’accoglienza, ma in una cornice di legalità, valorizzandone le potenzialità positive, e garantendo tutte le condizioni di legalità.

Il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, ha più volte affermato e difeso gli aspetti positivi dell’immigrazione. Ecco uno dei suoi ultimi interventi:

"L’ingresso dei lavoratori stranieri deve essere visto come una ricchezza, specie in un Paese come il nostro, dove diminuisce il numero dei giovani. Dobbiamo guardare all’immigrazione con spirito costruttivo".

"Spalancate le porte a Cristo" ama ripetere Papa Wojtyla. La vera porta santa da spalancare non è quella imponente di bronzo della basilica di s.Pietro, ma la porta nascosta degli "scantinati della storia". La convivialità delle differenze: l’atteggiamento per cui le diverse culture non solo vengono rispettate, ma neppure isolate. Né ospiti, né stranieri, perché per la Chiesa nessuno è estraneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano. Il Pontefice, di fronte ai 30 mila migranti radunati in piazza s.Pietro è tornato a declinare le ragioni dell’accoglienza in una Chiesa in cui "tutti sono concittadini dei santi e famiglia di Dio". Festa di popoli, colori, culture: neri, asiatici, indios; gente del mare e del circo. Cori, orchestre, e un violino zigano. "Non si può essere cristiani e razzisti – ha detto il Papa. – E se servono leggi prudenti e lungimiranti per evitare gli effetti negativi delle migrazioni, esse debbono valorizzare il positivo della mobilità umana, nel rispetto di ogni persona".

Abbiamo chiesto braccia, e sono arrivati uomini. Il difficile passaggio dalla visione dell’emigrazione intesa come problema, alla scoperta dell’emigrazione del volto umano. La promozione della persona non va assolutamente confusa con la beneficenza o l’assistenzialismo. Essa è testimonianza della carità evangelica, il cui fine è l’inserimento della persona e della famiglia immigrata nella società di accoglienza con dignità pari a quella degli autoctoni nei diritti e nei doveri, nelle libertà e nell’opportunità di realizzazione personale e sociale. È una liberazione dell’uomo secondo l’ispirazione evangelica. "Ero forestiero, e mi avete ospitato" ha detto Gesù. Ciò richiede un impegno a passare da una solidarietà congiuntuale ad una solidarietà strutturale. A passare quindi da una solidarietà che riguarda le condizioni primarie di sussistenza, ad una solidarietà che comprenda tutte le espressioni d’una vita di relazione: lavoro, abitazione, scuola, formazione professionale, spazi e tempi dell’aggregazione.

"I gesti semplici e disarmati – ha scritto Tonino Bello – cambieranno il mondo".

Nell’epoca della globalizzazione la Chiesa e i suoi fedeli sono chiamati ad operare perché questo nostro mondo, del quale ormai si parla abitualmente come d’un villaggio globale, sia davvero più unito, più solidale, più accogliente; perché al centro dei fenomeni della mobilità sia posto sempre l’uomo e il rispetto dei suoi diritti.

Come cristiani dobbiamo credere alle parole di Teilhard de Chardin: "Il meglio finisce sempre per succedere, e il futuro è migliore di qualsiasi passato".


Quale Cristo?

Il tuo Cristo è ebreo, la tua auto è tedesca, le tue scarpe sono italiane, la tua democrazia è greca, il tuo caffè è colombiano, la tua vacanza è esotica, i numeri che usi sono arabi, la tua scrittura è latina,

e il tuo prossimo è solo uno straniero?



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