Facendo la capanna in mezzo a loro
Padre Pino Leoni di Meldola è sempre impegnato nella pastorale indigenista della prelatura dello Xingu in Amazzonia. Da tre anni lavora con fr. Raymundo e il diacono Santiago nel villaggio di Moikàràkòi n mezzo al popolo kayapò. Ecco alcune vicende della sua vita missionaria
La giornata comincia con la messa, alle sei del mattino. Tutti rispettano quel momento: "i wajanga (uomini dello spirito) stanno parlando con Dio". Poi qualcuno viene a prendere il caffè con noi e la nostra capanna comincia a popolarsi. Alle otto sono a scuola; ma i bambini hanno già voglia di giocare. Allora vengono i più grandi. Resta tempo per preparare il pranzo, mangiare, fare la siesta, pregare.
Alle due riprende la scuola con le bambine, che alle tre e mezza, lasceranno i banchi alle ragazze. Alle cinque finiscono le lezioni. Si fa il bagno, si visita la gente, ci si ferma nella casa dei guerrieri ad ascoltare i discorsi degli anziani. Cena e poi, per gruppi, veglia, fin quando arriva il sonno.
Durante le feste seguiamo il ritmo della comunità. Ci si prepara alla celebrazione con la raccolta degli alimenti (caccia e pesca durante una, due o più settimane) e con la confezione degli ornamenti. Noi missionari siamo considerati della famiglia kayapò e partecipiamo, assieme alla categoria a cui apparteniamo, in tutto. Io faccio parte degli anziani, categoria privilegiata.
Gli anziani conoscono la vita, le tradizioni, il rituale e sono ascoltati; al momento delle refezioni sono serviti per primi.
I tre mesi da giugno ad agosto sono stati quelli della malaria. Tutti l'hanno passata e, quando si stava superando l'epidemia, un fatto grave è piombato sul villaggio. Il 13 settembre, verso le 11 del mattino, pochissimi si trovavano nel villaggio: quasi tutti erano a pescare o a lavorare nei campi.
Un ragazzo stava friggendo del pesce nella sua capanna. Un attimo di disattenzione e il fuoco s'appicca all'olio e quindi alla paglia del tetto. Fuori sole e vento forte. In meno di un'ora 24 delle 27 case ridotte in cenere e pali fumanti. La nostra capanna con tanto materiale della scuola e carte varie s'è bruciata meglio delle altre. Grazie al Signore nessuno ha sofferto la più leggera scottatura.
Io mi trovavo assieme ad un missionario austriaco, evangelizzatore e antropologo tra i kayapò negli anni sessanta, in visita ad un'altra comunità indigena. Santiago e Raymundo mi hanno raccontato tutto via radio. Mi sono sentito a disagio ... lontano da quel disagio. Adesso la gente sta continuando la costruzione del nuovo villaggio, già iniziata prima ancora dell'incendio, sulla sponda del fiume Riozinho, a 15 km più a sud.
Abbiamo sentito la solidarietà dei vicini e dei lontani come non mai. I Saveriani della regione amazzonica hanno aperto un "Fondo emergenza Moikàràkò". Il missionario austriaco, prima di partire, ha lasciato del denaro per iniziare una "Società-Fondazione Amici dei Kayapò". Don Adriano Ranieri con Pino Naldi della parrocchia di Villa - Grappa, ci hanno portato roba e soldi, frutto dei loro sacrifici e di tante altre persone generose. Abbiamo fatto subito una bella spesa per comprare riso fagioli e indumenti.
Siamo sereni e, dopo l'incendio, più ... leggeri, con una gran voglia di discernere i segni dei tempi, la Presenza e i semi del Verbo ci aiuteranno a fare la nostra parte perché i Kayapò abbiano vita e vita in abbondanza. Qualcuno suggerisce anche di "lasciare lì" e tornare alla missione delle nostre comunità parrocchiali, magari dopo una scappatina in patria. Altri ammirano la nostra scelta.
Mi pare d'essere dove Dio vuole. Sono contento, in pace. Ringrazio tutti quelli che mi insegnano, con la vita di ogni giorno, ad amare il Signore e a fare quello che Lui fa sempre, privilegiando i poveri e facendo (... rifacendo) la capanna in mezzo a loro. Un grazie a coloro che con mille iniziative (pesche comprese), continuano ad aiutare generosamente la nostra missione. Che il Signore e la Madonna li ricompensino.