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Educare alla mondialità, Un mappamondo...

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Il Papa da tempo insiste, e l'ha fatto anche recentemente, che l'educazione è oggi un'emergenza priorita­ria del nostro tempo e della nostra chiesa: "una grande sfida per ogni comunità cristiana e per l'intera società".

Siamo in un tempo in cui da molte parti si denuncia la difficoltà di trasmettere i valori alle nuove generazioni. Genitori, educatori, sacerdoti e religiosi sono unanimi nel dire quanto difficile sia educare la gioventù di oggi. Colpa solo dei giovani? Non necessariamente.

C'è una crisi educativa

C'è una tendenza culturale che non favorisce l'accettazione dei valori del passato. Ma c'è anche una generazione di a­dulti che si sentono inadeguati e incapaci di trasmettere un'eredità viva, che essi stessi, forse, non hanno ricevuto nel modo migliore e quindi non osano proporre ai giovani d'oggi.

Davanti a questa crisi educativa, i vescovi italiani, seguendo le indicazioni del Papa, hanno deciso di fare dell'educazione il tema del prossimo piano pastorale. "Con il termine educazione - afferma Benedetto XVI nell'ultima enciclica sociale Caritas in veritate (n. 61) - non ci si riferisce solo all'istruzione o alla formazione al lavoro, entrambe cause importanti di sviluppo, ma alla formazione completa della persona".

Si tratta di far crescere la persona del giovane - e anche di noi adulti - secondo un progetto, per il quale bisogna avere chiaro in testa chi è la persona umana. Sembra tanto ovvio, ma forse non è sempre così. Ci sono molte visioni della persona umana e del senso della sua esistenza.

Niente bastoni tra le ruote?

Alla radio nazionale ho seguito una conversazione sul senso della vita. Tra i molti intervenuti nella discussione, ha attirato la mia attenzione un tizio che, con grande sicurezza, affermava che il senso della vita è di... non averne alcuno, in modo che la persona proceda libera, senza ostacoli o bastoni tra le ruote... Un altro diceva che nessuno ha diritto d'intervenire e interferire nella crescita del giovane, perché ciascuno ha diritto di educarsi da se stesso! Meno male che altri davano risposte differenti e rispettose della trascendenza della nostra vita, altrimenti ci sarebbe stato davvero da scoraggiarsi.

Ma, alla fine, educare che significa? È accompagnare ciascun individuo, lungo tutta la sua esistenza, nel cammino che lo porta a diventare persona e ad assumere quella "forma" per cui l'uomo è autenticamente uomo: quell'identità che il Creatore ha pensato per ciascuno di noi quando, creandoci, ha voluto che esistessimo. È Dio che ha in mano il progetto della persona. E l'educatore, insieme all'educando, deve soltanto accompagnarlo là dove Dio lo vuole condurre, assecondando la creazione di Dio che continua lungo tutto l'arco della vita.

Un'educazione libera e creativa

Tornando alle parole di Benedetto XVI, dette a Viterbo, l'educazione "è un processo di «effatà»: di aprire gli o­recchi, il nodo della lingua e anche gli occhi", come ha fatto Gesù nel vangelo del sordomuto. Ciò non potrà avvenire, però, senza l'opera paziente e qualificata di educatori credibili e autorevoli, capaci di "generare" in un conte­sto di fiducia, di libertà e di verità.

L'educazione dovrà mantenere il contatto con la tradizione viva in cui siamo in­nestati, che lungi dal ridursi a pura conser­vazione del passato e dall'imprigionare le ri­sorse più nuove e originali, permette di in­dirizzare proficuamente l'aspirazione di ogni uomo a una vita piena e felice. Questo manifesta l'importanza della comunità umana e cristiana nella quale l'educazione avviene.

L'orizzonte del mondo

Secondo la rivelazione cri­stiana, diventare uomo equivale a diventare figlio, fratello, parte di una famiglia. Per essere una proposta umanizzante, l'educazione deve tener presente anche l'orizzonte del mondo, per evitare ogni deriva particolaristica, che potrebbe poi sfociare in forme di razzismo e di xenofobia, come purtroppo stiamo vedendo.

Noi missionari richiamiamo costantemente proprio questa dimensione mondiale, che altrimenti resterebbe in ombra. Siamo certi che essa contribuisce a dare spessore e verità alla proposta educativa.

L'abbé Pierre raccomandava che ogni famiglia cristiana avesse in casa una carta geografica del mondo, perché i genitori potessero mostrare ai figli che la loro famiglia non ha confini; o meglio, che la loro famiglia è in comunione con le altre famiglie del mondo.

Non potrebbe essere questo un modo per crescere i figli meno egoisti, liberi da esigenze e da capricci che non sono educativi?



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