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Quante volte mi sono sentito porre questa domanda nelle conversazioni di questi tempi, e io stesso me la sono posta senza trovare una risposta soddisfacente: “Ma dove stiamo andando?”. In questi ultimi mesi abbiamo assistito ad avvenimenti sconcertanti. Sono rinati conflitti che si credevano conclusi, ma che l’ostinazione e l’irragionevolezza umana stanno riprendendo, come per esempio in Burundi, una situazione che riguarda da vicino noi saveriani e saveriane.

Leggiamo e sentiamo commenti di inimmaginabile disumanità sui naufraghi del Mediterraneo. E poi continua la cronaca nera “famigliare” che riguarda cioè le famiglie, coniugi che fino a ieri sembravano andare d’amore e d’accordo e d’improvviso si rivelano assassini.

Non è sempre stato così

Queste cose ci sono sempre state”, dicono quelli che vogliono sminuirne la gravità. Ma come si fa a sdrammatizzare l’uccisione della moglie e dei figli o del marito o dei genitori?

In questi ultimi mesi ci sono stati due fatti “estremi”. Il gesto folle di quel pilota tedesco che, forse emulando i fatti dell’11 settembre 2001, ha portato il suo aereo a schiantarsi contro una montagna delle Alpi francesi uccidendo 149 passeggeri, ignari e del tutto estranei ai suoi problemi personali. “Un giorno tutto il mondo parlerà di me”, avrebbe detto il pilota alla sua fidanzata. Una forma di narcisismo cinico e criminale.

Due settimane dopo, in occasione della Pasqua (non si poteva scegliere coincidenza più atroce!), gli Al Shabaab somali massacravano 148 giovani studenti all’interno del campus universitario di Garissa in Kenya, solo “perché cristiani”, appartenenti cioè a una religione diversa da quella degli assassini.

Questi fatti sono sintomatici del momento attuale e fanno sorgere l’interrogativo: “Ma dove stiamo andando?”. Essi richiamano alla mente una frase dell’Amleto di Shakespeare: “Time is out of joint - il tempo è fuori dei cardini”.

Si direbbe che stiano venendo meno quei principi cardine che permettono uno svolgimento razionale della vita.

Il fascino della morte…

È vero, di simili tragedie ce ne sono sempre state, ma oggi nel tempo dell’informazione globalizzata tutto è così inter-connesso che non possiamo non essere sollecitati a prendere posizione: ci lasceremo attrarre dal fascino perverso della morte, oppure, in nome della vita, ci decideremo a resistere a una follia che si sta diffondendo come un’orribile normalità?

Siamo in presenza di fatti che rivelano una mentalità che ha smarrito i valori e i criteri morali fondamentali: il valore della vita umana, il rispettodella persona, il dialogo come soluzione dei conflitti, la solidarietà, la compassione e la tolleranza in un mondo che sembra avvitarsi in un narcisismo che vede solo se stesso, i propri bisogni e i propri interessi, disposto per questo a eliminare senza pietà chi non li condivide.

È bello spaccare tutto…”, ha detto un manifestante anti-Expo a Milano. Dobbiamo riconoscere di essere davanti a un generale scollamento di quei valori che, collegati tra di loro, sostenevano l’esistenza e che ora invece finiscono per scontrarsi tra di loro e auto distruggersi.

Siamo alla bancarotta dell’umanesimo, effetto paradossale del moltiplicarsi dell’informazione che invece di collegare le persone, le isola rendendole più vulnerabili nella loro solitudine.

Il rilancio della convivenza

Mentre il “sacro” e le religioni stanno riprendendo forza, è urgente ricuperare i valori iscritti dal Creatore nel cuore di ciascuno, sui quali tutti possiamo essere d’accordo e che rendono possibile una pacifica convivenza. Deve rinascere - e tocca a noi esserne i diffusori - un umanesimo che sembra nuovo, ma è più antico della modernità, che punti al rilancio della convivenza civile nel rispetto della persona e della sua dignità, cominciando dai più poveri e più deboli.

Si ricostruirà così la comunione e l’unità del mondo, pur nel rispetto delle diversità religiose, politiche, economiche o sociali.

La missione della chiesa, lo dice in tutti i modi papa Francesco, è quella di rimettere in circolo la “essenza del vangelo”.

Riprendiamo allora la strada della missione, usciamo verso il nostro mondo affermando la centralità della misericordia come il papa ci chiede di fare nell’anno santo della misericordia, per riportare al mondo la pace e la gioia che Gesù ci ha donato.



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