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Dio mi è sempre stato vicino, Sono felice di essere a Taranto

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Padre Carlo Primosig è arrivato nella comunità saveriana di Taranto prima di Natale. Gli diamo il nostro fraterno benvenuto. Si presenta a tutti gli amici, raccontando qualcosa della sua avventurosa vita missionaria.

Dio è stato davvero buono con me! Mi ha dato tutto il necessario e molto di più. Non so se sono un bic­chiere grande o piccolo. Ma so che Dio lo ha riempi­to completamente: mi ha dato il massimo. Né posso dire che se Dio mi avesse dato questa o quell'altra cosa, avrei potuto dare di più o fare meglio. Se non ho fat­to il mio dovere o non ho corrisposto alla sua grazia, la colpa è solo mia.

Devo ringrazia­re il Signore per tante cose: la vita, la vocazione, la missione in Africa, il tempo passato a Parma, presso la procura delle missioni in contatto diretto con le difficoltà quotidiane dei missionari... Ringrazio Dio anche per i tanti amici che mi ha dato, in Italia e all'estero. Sono amici veri, che non solo mi invitano a cena, ma apprezzano e condividono l'ideale missionario. Sono tutti doni di Dio.

Prete da 40 anni

Ma più numerose sono le cose per le quali devo chiedere perdono. L'ho fatto tante volte e Dio mi ha sempre perdonato, mi ha voluto davvero bene. Non mi ha mai abbandonato. Mi è stato sempre vicino, anche quando io non sapevo o non volevo. Gesù è stato solidale con me, ha pagato per me, ha saldato il mio debito.

Sono stato ordinato sacerdote nel 1967, insieme ad altri 30 giovani saveriani, tutti scel­ti e amati da Dio. Oggi siamo rimasti 22: cinque hanno scelto un'altra strada e tre sono morti. Uno di loro, sicuramente il migliore, è morto martire in Bu­rundi per aver detto la verità dal pulpito, rimproverando i militari di aver compiuto un massacro. Sapeva che la sua vita era in pericolo, ma è rimasto al suo posto. È il martire p. Ottorino Maule, di Gambellara (Vicenza).

Quel giorno a Bukavu...

Tante volte mi sono accorto che Dio mi era vicino. Quando ero a Bukavu, in Congo, volevamo ce­lebrare una Messa in suffragio delle tante vittime innocenti uccise, morte in prigione o semplicemente fat­te scomparire. La cattedrale era circon­data da soldati che impedivano alla gen­te di avvicinarsi e ai sacerdoti di entrare, dicendo che non era domenica e quindi non c'era la Messa.

Siamo potuti entrare in chiesa da una porta laterale. Eravamo solo sacerdoti, alcu­ne suore e qualche catechista. Stavamo per cominciare la Messa, quando sono entrati i soldati armati e ci hanno fatto uscire, indossando i paramenti sacer­dotali. Con i fuci­li puntati, ci hanno fatto sedere per terra davanti la chiesa, vietandoci di parlare o muoverci. Siamo rimasti così due ore, ma eravamo tranquilli, senza paura.

Più forte di bombe e schegge

Anche durante il bombarda­mento della città di Bukavu, nell'ottobre del 1996, Dio ci è stato vicino. Era notte fonda ed ero steso vestito sul letto. In una mano avevo la corona del rosario e nell'altra la tor­cia elettrica, perché era saltata la luce. Sentivo lo scop­pio delle bombe molto vicine; erano bombe speciali che scoppiavano a qualche decina di metri dal suo­lo proiettando le schegge verso terra. Sentivo il rumore dei frammenti che cadevano sul tetto di lamiera della nostra casa. Ma non provavo paura, ero tranquillo; non pensavo neppure di poter essere colpito.

Al mattino, ancora con il buio, mi sono alzato per accompagnare alcune suore e novizie all'aeroporto. Solo al mio ritorno ho visto i buchi prodotti dalle bombe sul tetto del nostro ufficio, sul portone d'ingresso e sul muro di cinta. Solo allora mi sono reso conto di come la morte ci fosse passata vicina. Eravamo una trentina di saveriani, cacciati via dalle missioni occupate dai ribelli. Bastavano pochi metri e sarebbe stata una strage. Allora i superiori ci hanno consigliato di tornare in Italia. Ho obbedito, e qui sono rimasto.

E ora sono felice di essere nella comunità saveriana di Taranto, per continuare la mia vita missionaria.



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