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Dalle foreste dell’Amazzonia

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Intervista a Padre Filippo

È tornato per breve tempo a causa di un lutto familiare, p. Filippo Rota Martir, da Bonate, e ci ha parlato con entusiasmo della sua missione. Eccone la sintesi.

C'è un motivo per cui hai preferito fare il missionario in Brasile?

Mi ha impressionato l'allegria di questo popolo, la sua ospitalità, la cordialità e, in particolare, perché sono stato sempre colpito dalla vivacità della Chiesa brasiliana. Sono partito nel 1995. I primi mesi li ho trascorsi in Brasile a studiare la lingua portoghese. E poi sono andato a lavorare, per circa due anni e mezzo, nella parrocchia di Tomé-Asu, che si trova a 200 Km da Belém nel nord del Brasile.

È una zona attraversata da tanti fiumi e tutta colorata di verde per la fitta vegetazione che la ricopre. L' estensione della parrocchia era il triplo della diocesi di Bergamo, con una popolazione di 60.000 abitanti. Da un anno circa mi trovo nella parrocchia di Bujaru, che è più vicina a Belém, ha un'estensione di 1.500 Kmq e gli abitanti sono intorno ai 20.000.

Come è organizzato il tuo lavoro missionario?

Consiste soprattutto nell'animazione delle comunità parrocchiali che sono giovani, in crescita, e per di più senza sacerdoti locali. Al primo posto c'è la celebrazione dei sacramenti dell'Eucarestia e della Riconciliazione, la catechesi delle famiglie, l'organizzazione delle varie forme di vita cristiana. Un punto importantissimo è la responsabilizzazione dei laici: l' evangelizzazione è in stretta dipendenza del loro impegno diretto  nella preghiera, nelle tante forme di catechesi e di assistenza sociale.

Con me c'è anche un altro missionario, non sacerdote. Con lui cerchiamo di visitare e accompagnare nelle loro attività cristiane, le tante piccole comunità, una cinquantina, nelle quali è suddivisa la parrocchia. Arriviamo a far visita a loro tre o quattro volte l'anno. Sono gruppi di famiglie che, essendo troppo lontane dalla città, creano al loro centro una piccola Chiesa, un luogo di incontri per potere ritrovarsi senza difficoltà, e organizzare meglio le loro attività di preghiera, di catechesi, di promozione umana e di assistenza caritativa.

In queste comunità vengono scelte delle persone responsabili dei vari settori sono loro che organizzano le celebrazioni liturgiche, il culto domenicale, la formazione dei ragazzi e dei giovani, l'assistenza dei malati, ecc. Queste persone vengono scelte nelle assemblee comunitarie e il missionario deve poi organizzare per loro corsi di formazione almeno due o tre volte l'anno e incoraggiarli nei loro compiti.

Come vivono la religione i brasiliani?

Naturalmente, rispetto all'Italia, la realtà è profondamente diversa. Occorre ricordare che l'evangelizzazione del Brasile è avvenuta in modo molto superficiale: Il Vangelo non è ancora penetrato nella vita, nel pensiero e nella cultura del Paese. Si sa che i primi missionari operavano solo per i portoghesi e raramente si addentravano nelle foreste per incontrare gli abitanti dei villaggi.

Al momento, a complicare il problema, ci sono le innumerevoli sette religiose, di origine protestante come la Chiesa del settimo giorno, l'Assemblea di Dio, la Chiesa quadrangolare, i Testimoni di Geova; di origine induista o buddista, che per lo più peccano di integralismo e di fanatismo, e spesso portano ad una religione disincarnata, staccata dalle problematiche della vita concreta.

Si sente spesso parlare dei "bambini di strada": il fenomeno è presente anche dove tu operi?

No, questo fenomeno è ben visibile nelle grandi città dove i ragazzini, per necessità di cose, devono abbandonare la propria famiglia e, per riuscire a vivere, devono ricorrere a mille espedienti, non sempre buoni. Da noi sono i nonni o i parenti che si prendono cura anche degli orfani.

Come si presenta il "pianeta scuola"?

Nei villaggi la scuola è garantita fino alla quarta elementare. Successivamente, sia per l'inesistenza di strade che per la mancanza di mezzi di trasporto, è impossibile raggiungere quei centri abitanti più popolosi in cui ci sono le scuole medie. Praticamente è assicurata dallo Stato la scuola elementare, ma senza un vero obbligo scolastico.

Lo scorso anno la Chiesa brasiliana ha riflettuto a lungo sul problema "scuola" ed ha cercato anche di sensibilizzare il governo perché concentri di più le forze in questo settore che è il più importante di tutta la società: il paese potrà progredire di più, se sarà migliore l'istruzione e la formazione della gioventù.

In questo anno giubilare anche noi vorremmo compiere un gesto che aiuti a creare più uguaglianza in quelli che sono i diritti fondamentali di ogni persona: stiamo chiedendo a tutti, comprese le autorità, perché si arrivi a garantire la scuola media in ogni area, anche in quelle più interne dove ora molti alunni sono impossibilitati a continuare gli studi per mancanza di scuole. Attualmente i ragazzi che dall'interno vogliono frequentare le scuole medie del centro di Bujaru, devono alzarsi alle tre del mattino, viaggiare 5 o 6 ore, partecipare alle lezioni, e ritornare poi a casa in giornata: sono ammirevoli, ma è un'impresa che li scoraggia!

Se invece ci fosse una scuola in ogni area abitata, sarebbero risolti tanti problemi e il futuro di molti ragazzi sarebbe meno oscuro.

La situazione sociale delle famiglie com'è?

È povera. In città c'è qualche remota possibilità di trovare anche un' occupazione. Nelle campagne ci si arrangia coltivando riso, fagioli e manioca: ma dalla loro vendita non si guadagna nemmeno il loro valore. Chi poi lavora la terra altrui, è costretto alla fame, perché sottopagato. I dipendenti della Prefettura o del Comune percepiscono un salario mensile di circa 200.000 lire, ma il costo della vita è molto più alto, forse più che da noi. In Brasile il divario tra ricchi e poveri è spropositato.

Il Paese ha molte ricchezze ma nel governo c'è la volontà di tenere bassi i salari. È uno scandalo che il 70% delle risorse e dei beni sia in mano al 10% della popolazione! Ed è uno scandalo politico, perché il governo brasiliano gestisce stampa e televisione e crea l'opinione che gli è più comoda. Mantenere bassa la cultura crea un terreno più governabile. Addirittura in vista delle elezioni gli uomini della politica son soliti regalare banconote, cibo, indumenti, per accaparrarsi il voto, ma poi gli eletti dimenticano quanto han promesso e finiscono per curare solo i loro interessi.

La Chiesa brasiliana è impegnata in qualche iniziativa di rilievo?

Sì, è chiamata Missione Popolare e vuole affrontare, all'inizio del nuovo millennio, il problema dei lontani  degli indifferenti all'annuncio del Vangelo, che sono in gran numero anche in Brasile. Si cerca in concreto di instaurare dei rapporti di amicizia e di fiducia con le famiglie che non sono praticanti. La cultura brasiliana, molto  accogliente e ospitale, favorisce questi incontri e, attraverso l'amicizia, si può arrivare anche alla fede accolta e vissuta. Questa Missione parte dall'Episcopato e dai sacerdoti, ma è affidata ai laici che possono con più facilità raggiungere anche i più lontani e aiutarli, con l'aiuto della grazia, ad accogliere il dono della fede.

Nella diocesi dove tu lavori come si presenta il clero?

Innanzi tutto il vescovo è italiano ed è un salesiano. Il clero è numericamente più che ridotto, 15 sacerdoti in tutta la diocesi. C'è un seminario maggiore e uno minore, ma i sacerdoti brasiliani sono ancora pochi; le vocazioni sono lente a maturare e per vedere i frutti credo che si dovrà aspettare ancora un po’. Stiamo facendo la proposta vocazionale ai giovani e speriamo che siano molti a rispondere a questo appello; ma cerchiamo di "investire" anche nella formazione dei laici perché hanno un ruolo importante nella comunità, nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella politica.

Dalla loro testimonianza dipenderà il futuro della Chiesa brasiliana e della sua evangelizzazione.



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