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Dalla Colombia, un anno dopo

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E' già passato un anno da quando ho salutato Alzano per tornare in Colombia, da dove ero partito nel 2003 per rientrare in Italia. Allora sembrava un "castigo" lasciare la Colombia... Invece, il Signore mi ha dato la possibilità di recuperare la salute e di trascorrere cinque anni tra voi. Quello che mi avete donato lo porterò sempre con me.

Attualmente, sono nella parrocchia dov'ero otto anni fa. Questo è un vantaggio, perché conosco la gente  e la situazione, anche se molte cose sono cambiate. È una delle 60 parrocchie della diocesi, con 130 sacerdoti tra diocesani e religiosi e 17 studenti nel seminario. Se penso che la diocesi di Bergamo con la metà degli abitanti ha quasi 900 sacerdoti, senza contare i religiosi... La mia parrocchia ha 18mila abitanti e io ho un bel daffare.

I "ministri" della parrocchia

L'aiuto dei laici è fondamentale. Oltre ai classici catechisti, ci sono vari gruppi di preghiera. Da questi, un po' alla volta, sono nati i ministri straordinari dell'Eucaristia (tra l'altro, portano la Comunione ai malati e agli anziani), i ministri della Parola, i ministri dell'accoglienza (accolgono i fedeli all'entrata della chiesa), i ministri della carità (distribuiscono alimenti a circa 50 famiglie povere) e tanti altri.

C'è anche un gruppo dell'infanzia missionaria, che in una parrocchia di missionari non poteva mancare. E si sono formati anche due gruppi giovanili; ma questo è il settore pastorale più difficile. I giovani spesso sono alla deriva: i modelli sono quelli statunitensi, droga e alcool scorrono con tutte le loro conseguenze.

A me rimane il compito della formazione e di seguire i vari gruppi. Non è sempre facile guidare, consigliare, risolvere gli attriti che nascono, accompagnarli nel loro cammino di fede, a livello comunitario e personale. Il lavoro è continuo: dà soddisfazioni, ma anche qualche grattacapo... Dio però non ci lascia mai soli e noi continuiamo il nostro servizio in mezzo alla gente.

Corruzione e ingiustizia

Tutto questo va inserito nel contesto generale di Bogotà, megalopoli caotica, inquinata, violenta e con gravi problemi, impossibile da risolvere. Un piccolo esempio. Per portare un certificato all'ufficio delle entrate ho dovuto attraversare tutta la città: un'ora e mezza di autobus in mezzo a un caos incredibile, in piedi, pigiato come una sardina!

Il narcotraffico e la guerriglia continuano a flagellare il Paese, anche se in modo minore rispetto a qualche anno fa. Però, quello che più condiziona la vita dei colombiani è la corruzione e l'ingiustizia sociale a tutti i livelli. Fare il missionario qui è molto diverso che in altre regioni del mondo. Non si parla di villaggi sperduti nella foresta e di lunghi viaggi per raggiungerli. Non ci manca niente, possiamo trovare di tutto; ma accanto al benessere materiale c'è tanta miseria, in particolare a livello umano e spirituale.

La "fraternità" del Conforti

Il grande compito della chiesa è stare vicino alla gente, aiutarla ad affrontare una realtà disumana e trovare la forza nel Signore per essere artefice del cambiamento. L'animazione missionaria e vocazionale non è semplice. La missione fuori dalla Colombia non attrae i giovani. Infatti, c'è un solo saveriano colombiano, padre Pretel, che da sei anni lavora in Congo.

Funziona bene, invece, la "Fraternità del beato Conforti". È un gruppo di persone che da 14 anni s'impegna a recitare ogni giorno il rosario missionario, secondo le intenzioni del nostro istituto. Le adesioni sono aumentate e adesso ci sono due gruppi a Bogotà e un gruppo a Cali, Buenaventura e Meddellin. Ogni due anni celebriamo con loro un congresso nazionale.

Approfitto per fare a tutti voi gli auguri per una santa Pasqua. Cristo Risorto porti pace e felicità a tutti!



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