Da straniera a figlia in Camerun
Quand’ero malata, le sorelle si prendevano cura di me, ma questo non ha impedito alla gente del villaggio di preoccuparsi di me. Vedendomi sempre raffreddata, a mia insaputa le donne hanno ottenuto da Lina, la nostra responsabile, il permesso di condurmi in un ospedale in Ciad. Mi sono messa in viaggio come Abramo, dando loro fiducia. “Non preoccuparti delle spese: ci pensiamo noi!”, mi hanno detto.
Una mamma è partita con me. Arrivate al fiume Logoni, ha pagato la traversata in piroga, poi il bus e infine il carretto a cavallo che ci ha condotte fino all’ospedale. Mi ha portato dal medico e gli ha spiegato la mia malattia. Quando lui le ha chiesto se fossi sua figlia, gli ha risposto: “Sì, è mia figlia”. Io ho taciuto.
Dopo la terapia, occorreva passare là la notte. “Fuori fa troppo freddo per te!”, ha detto la mamma. È andata a chiedere al medico se c’era un ufficio dove ripararmi. “È una suora?”, ha chiesto il medico. “Sì”, ha risposto la mamma. Il medico, protestante, mi ha messo a disposizione una stanza. La mamma l’ha messa in ordine, ha cercato l’acqua calda perché mi potessi lavare, poi è partita verso il mercato.
Queste sue attenzioni mi hanno colpito e mi hanno fatto credere alla parola di Gesù che dice nel vangelo di Marco (10,29-30): “Riceverete il centuplo…, insieme alle persecuzioni”. Ho veramente ricevuto il centuplo in missione. In questo dono di passare da straniera ad amica, a figlia, a sorella, a madre, ho visto un frutto della missione e ho capito che il legame spirituale è più forte di quello del sangue. Ringrazio il Signore e la mia congregazione di essere in missione.
Quando la gente ha saputo che dovevo partire, ci sono stati dei pianti; le persone venivano a salutarmi. Alcuni bambini mi hanno detto: “Ci hai insegnato a pregare; là dove andrai, insegnalo anche agli altri bambini. Ci hai voluto bene e anche noi te ne abbiamo voluto; che tu possa trovare ancora dei bambini che ti vogliono bene”. I giovani mi hanno detto: “Siamo contenti di averti avuta come nostra sorella maggiore”.
E io rispondevo loro: “Anch’io sono contenta di avervi avuto come fratelli e anche come figli. Voi siete i miei figli non biologici ma spirituali e questo resterà per sempre impresso nella mia vita”. Allo stesso modo, le mamme. Vedendo i bambini pregare il rosario, gli adolescenti son venuti a dirmi: “Quando li abbiamo visti pregare, abbiamo voluto imparare anche noi”. Questo mi ha dato la gioia e la certezza che lo Spirito Santo è all’opera.