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Bambini di Nazareth, amici di Gesù

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A Nazareth il sole si alza presto. Le mamme si ritrovano alla fontana del paese per riempire le loro brocche d’acqua e per chiacchierare un poco. Anche Maria, come al solito, aveva lasciato la sua casa presto. Giuseppe sta ancora dormendo, perché il giorno prima aveva lavorato molto ed era stanco.

Anche Gesù vorrebbe rimanere a letto, ma quel giorno cominciava la scuola e i suoi amici lo stavano già chiamando, davanti alla porta. Erano Giovanni, Amos e Daniele. E allora Gesù deve alzarsi.

Una rapida sciacquata agli occhi, un pezzo di pane in bocca, la bisaccia a tracolla con quello che serve per leggere e scrivere e si precipita in strada, non senza aver dato un bacio a Giuseppe. “Allora si va? - chiede tutto allegro - vediamo chi arriva prima!”. E via di corsa. Anche gli altri bambini del paese stanno correndo. Tanta polvere per la strada, ma non ci fanno caso. L’importante è arrivare per primi. Il maestro li aspettava e, come per incanto, tutti rimangono in silenzio.

Entrano uno per uno nella stanza e ciascuno si cerca un posticino a sedere. È il primo giorno di scuola e non possono fare confusione. Sul muro ci sono dei rotoli scritti in una lingua che nessuno conosce, ma la pazienza del maestro li avrebbe aiutati a conoscere cose nuove.

E così, giorno dopo giorno, “crescevano in età, sapienza e grazia”. Ma non si dimenticano di giocare. Ogni giorno inventano un nuovo gioco. Gesù poi è uno specialista, tanto che, intorno a lui, si forma un bel gruppetto, oltre ai suoi tre amici del cuore. Ogni tanto le mamme li chiamano per fare qualche servizio. Anche se malvolentieri, si alzano in fretta e vanno. Poi riprendono ciò che hanno lasciato. Ogni tanto, vedono passare i soldati romani e sentono i discorsi dei più grandi. Non ci capiscono molto, ma vedendo quei visi seri, si rendono conto che non tutto è un gioco e che anche loro dovranno, prima o poi, prepararsi alla vita. Intanto, però, si dicono: “Lasciateci giocare ancora un po’… Ci piace molto”.​



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