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Aspettiamo Qualcuno? Il dramma del Natale commercializzato

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Siamo in Avvento. La liturgia ci invita alla vigilanza e all’attesa. Ma che cosa attendiamo? La nascita di Gesù, certamente. Ma anche il regno di Dio, che Egli porta e che deve radicarsi qui in terra, in attesa del suo ritorno.

Il commercio dell’attesa

La prima attesa, quella del Natale, l’abbiamo già consegnata al commercio. È già presente e brilla nei supermercati: il bambino Gesù occhieggia già sugli scaffali dei negozi, mentre la stella dei magi è arrivata con buon anticipo, secondo le leggi della concorrenza, e si è moltiplicata nelle mille lucine ad intermittenza e nelle luminarie delle strade e dei centri commerciali. Il Bambinello è già stato clonato nel rubicondo babbo natale. Ha ancora senso attenderlo per la notte di Natale? Ormai l’abbiamo incontrato al supermarket, l’abbiamo consumato e i cartoni sono già stati consegnati alla raccolta differenziata dei rifiuti…

Il dramma è che per Natale rischiamo di non attendere più nessuno. Gesù, lui non ne soffre, perché sa salvarsi e rimanere il totalmente Altro, malgrado i nostri tentativi di addomesticarlo. Può sempre nascere, come la prima volta, tra i poveri e i disprezzati della campagna di Betlemme. Loro hanno in anteprima il vangelo: “Non temete. Vi annunzio una grande gioia: oggi è nato per voi il Salvatore”. Il dramma non è quindi di Gesù, ma nostro.

Ecco il nostro dramma!

Padre Teilhard de Chardin, un gesuita francese, scienziato e teologo, ha elaborato una teologia e una cosmologia secondo cui Gesù è il “Punto Omega”, cioè il punto di convergenza cui tendono non solo i popoli, ma tutto l’universo. Lo scienziato se ne esce con una parola che dovrebbe scuoterci: “Il dramma dei cristiani - egli scrive - è che non attendono più nessuno”. Credono di aver tutto: hanno la verità in tasca, si sono fatti un’identità ben definita e cristallizzata, da difendere con ogni mezzo. Non hanno più niente da conquistare. Sono cristiani senza avvento: non hanno più bisogno di cercare; credono di avere già in tasca un biglietto sicuro per il cielo. Per loro il regno di Dio è cosa fatta, come se la nostra cultura cristiana fosse già il regno di Dio.

Anche noi rischiamo di dimenticare che quel regno, che Gesù è venuto ad inaugurare per conto di suo Padre, deve estendersi e approfondirsi. Sì, abbiamo in mano il biglietto d’entrata, ma non possiamo addormentarci nella nostra sicurezza.

È l’ora della sveglia

La liturgia dell’avvento è piena di trombe profetiche che suonano la sveglia: svegliatevi, alzatevi, siate pronti, la notte sta per finire e giunge l’aurora! Svegliarsi ed essere pronti per che cosa? Per il regno di Dio che continua a venire e attende da noi l’impegno di annunciarlo a coloro che non lo conoscono, si chiamino islamici, buddhisti, non cristiani o non praticanti. Tutti siamo destinati a quel regno “di giustizia, di amore e di pace”, aurora di giustizia rispetto alla notte delle ingiustizie, delle contrapposizioni, dell’odio e delle guerre. Un mondo diverso da quello attuale, e da costruire.

“Gloria a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà”, cioè a quegli uomini che Dio ama. Così cantano gli angeli di Natale. Ma non saranno forse anche loro un gruppo di pacifisti, magari noglobal, così poco affidabili, perché contrari a ogni guerra, anche a quella santa del Bene contro il Male?

Un dono non commerciabile

Certo: noi, cristiani del Natale, siamo degli incorreggibili pacifisti, perché crediamo che il Signore si è fatto uomo per instaurare il regno di Dio Padre, che è aperto a tutti: a chi viene dal mondo occidentale e a chi sembra nemico dell’occidente e della nostra cultura. E noi missionari lavoriamo per il dialogo tra le religioni e le culture. Siamo per la pace e per una “civiltà dell’amore”, una civiltà con le porte aperte a tutti. Siamo portatori di una speranza e quindi di un’attesa che non deve spegnersi.

Sì, un altro mondo, diverso dall’attuale, è possibile se ci apriremo a quella speranza che ci viene con il Bambino. Una speranza che non è commerciabile, perché è un dono che attendiamo, ancora una volta, da Dio.

Il mondo nuovo alla fine ci sembrerà un miracolo, come la nascita del Figlio che celebriamo nel silenzio della notte di Natale. Egli ha realizzato la speranza dell’umanità e noi l’accogliamo con la fede e l’amore di Maria. Questa speranza è ormai una certezza, che sostiene ogni nostra speranza.

Buon Natale e buon anno a tutti voi!



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