«Al di là» delle cose, L’infinito della nostra vita
Novembre, con gli alberi spogli e i lunghi tramonti, ci parla delle realtà umane e terrene che finiscono e, insieme, dell'infinito in cui siamo immersi. Quando nelle notti africane guardo le stelle, non riesco a sottrarmi al fascino della volta infinita e della vita che sento pulsare sopra di me e, insieme, alla sensazione della mia piccolezza e dei limiti del mio vivere.
L'esperienza del limite è di tutti i giorni. Ci accompagna per dirci che c'è, che deve esistere un Essere che trascende i limiti, proprio perché è lui che li ha posti.
La tenerezza di Dio
Dice un filosofo che il mondo in cui viviamo è l'unica realtà che possiamo conoscere, ma che essa ci rimanda a un «al di là» e a un «Altro» che non possiamo analizzare, ma che è impossibile eliminare dall'orizzonte della mente e del cuore umano.
Noi cristiani questo «al di là», questo «Altro», lo chiamiamo Dio: l'Amore infinito che ci fa esistere; la pienezza di misericordia e di tenerezza, di cui spesso parla papa Francesco. Dio chiama tutti alla comunione. Per questo ha mandato suo Figlio a farsi "carne", uomo limitato come noi, che nel suo volto d'uomo - che guarda e parla, sorride e piange, ci chiama e ci attende - ci fa vedere il volto invisibile e indescrivibile del Padre.
Per farci comprendere almeno un po' dell'amore del Padre, Gesù ha scelto di morire sulla croce. Ma il Padre l'ha richiamato alla vita nuova e gloriosa costituendolo Signore, in grado di attirare tutti alla vita eterna. Il Risorto è ora «al di là» del nostro mondo, nell'infinito; anzi è lui stesso l'infinito, quell'«al di là» dove ci attende tutti.
Per una felicità inesauribile
Certamente quando sentiamo parlare della morte, il nostro cuore si agita e ha paura, perché nessuno è mai venuto dall'«al di là» a raccontarci come là si vive. Ma la fede ci dice che l'«al di là» non è un baratro vuoto e oscuro, ma è Colui che ha detto: Io sono la vita e la luce del mondo; è la casa paterna dove già si trovano i nostri cari.
Egli non solo ci attira a sé, ma dà significato, orientamento e pienezza alla nostra vita, perché colloca i nostri pensieri e progetti, attività e desideri, sofferenze e speranze, sull'orizzonte del regno di Dio e li iscrive nell'eternità. Nella città celeste «non ci sarà più né lutto né pianto», assicura l'Apocalisse. Vivremo invece, come dice sant'Agostino, nell'«insaziabile sazietà» della visione di Dio, in quella comunione che sarà la nostra inesauribile felicità sempre più vera e nuova.
Quando sarà la nostra ora...
Non giudichiamo chi, sentendo questi discorsi, incrocia le dita e fa gli scongiuri. Grazie a Dio, la fede ci sostiene e ci rincuora, perché sappiamo che il nostro Fratello maggiore, il Primogenito della nostra stirpe, dopo essere passato per la porta stretta della morte, è rientrato nell'infinito di Dio dove, attende che arriviamo anche noi, quando sarà la nostra ora, per stare sempre con lui e con chi ci ha preceduto.
L'attesa di quel giorno può farci paura, ma non ci abbatte, perché sappiamo che chi crede in Gesù e a lui si affida, vive già fin d'ora in Dio. "La fede, ha detto papa Benedetto, è decidere di stare con il Signore per vivere con lui". E quando verrà la nostra ora, basterà aprire gli occhi e lo vedremo come egli è, vedremo finalmente il volto paterno di Dio.
Facciamola conoscere a tutti
Questa consolante certezza non possiamo tenerla solo per noi, ma ci impegniamo a farla conoscere ai nostri fratelli e sorelle che non la conoscono o l'hanno perduta per strada, soprattutto a quelli che soffrono e non sanno che il dolore di oggi è parte della gioia del domani nell'«al dilà», in Dio.
Questa è la missione cui tutti siamo chiamati. Questa è la nuova evangelizzazione.