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Leggiamo nella Evangelii gaudium: “In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario” (n. 169).

Questa frase di papa Francesco va presa sul serio. Mi torna spesso in mente in questi giorni, mentre percorro le strade della gente qui in Burundi, dove mi trovo da alcune settimane. Vedere gente, molta gente, lungo le strade è un segno di speranza e di pace: la gente qui sente subito quando la terra scotta e si chiude in casa sulle colline.

Durante la guerra queste strade erano vuote e avvolte in un silenzio funebre; e chi vi si avventurava lo faceva con il cuore in gola e pregando il rosario con grande fervore. Parlo per esperienza…

Verso una vita normale

Oggi le strade sono piene di gente, uomini e donne che vanno e vengono, che chiacchierano tra di loro, ridono di quello che raccontano, si fermano a salutare e a bere nei piccoli bar, sostano ai mercatini improvvisati per comprare banane, pomodori, patate, cavoli e altri prodotti dei contadini. Sono frotte di scolari in uniforme che rumorosamente vanno a scuola o tornano a casa.

E insieme a tutto questo mondo umano, pecore, capre, mucche e anche qualche scimmia che sopravvive in quella che era la foresta. Davvero c’è di tutto su queste strade controllate dai militari che, controvoglia, sono presenti con il loro kalashnikov e pattugliano le importanti arterie stradali.

Passando in mezzo a questo mondo variegato e colorato, perché gli africani - soprattutto le africane - amano i colori sgargianti, è un trionfo dei colori che si inserisce nel contesto verde dell’ambiente. Guardando questa folla si vede l’anima di questo popolo sofferente, che ora si trova ancora una volta a un tornante critico della sua storia, vittima dell’ingordigia e della sete di potere di pochi signori che sfruttano questa gente e la fanno soffrire, intrattenendo una situazione intollerabile.

Una nuova minaccia

In questi ultimi mesi una nuova minaccia plana su questa popolazione inerme e indifesa: le prossime elezioni politiche che ogni cinque anni vengono ad agitare il Paese. Non si tratta, come dovrebbe essere, di un’occasione positiva per cambiare la situazione, ma un’ulteriore fonte di preoccupazione.

Le prossime elezioni sono particolarmente critiche, perché l’attuale presidente, in linea con la migliore tradizione africana, non vuole lasciare il potere ma intende presentarsi una terza volta, anche se la costituzione lo proibisce. È vero che la gente non si lascia più imbrogliare dai politici e ha già mostrato di non gradire questa previsione. Ciò nonostante, il partito a cui appartiene il capo insiste e la tensione cresce.

Martirio e schiavitù

Anche l’assassinio delle nostre tre sorelle saveriane è entrata nella mescola del malcontento popolare, perché tutti chiedono di sapere la verità sui responsabili del fattaccio, visto che la versione ufficiale non convince nessuno. Lo si è visto e detto in un’oceanica manifestazione popolare, che ha sorpreso tutti per le sue dimensioni e per spontaneità. È bello e consolante vedere la gente che reagisce, ma quanta paura per l’avvenire! I ricordi della guerra civile sono ancora freschi.

In questi giorni sono stato spettatore di una storia di schiavitù che mi ha impressionato. Una ragazzina esile, un’orfanella che avrà appena 10-12 anni, è stata incamminata… verso la schiavitù. La parola non è esagerata, perché la poveretta è stata mandata a servire in una famiglia della capitale che si permette di avere una “bonne”, una serva a basso costo e che la farà lavorare da mattina a sera, e non potrà lasciare la casa dei padroni neppure per la Messa domenicale… Che tristezza!

La speranza nel cuore

Il papa ha detto e ripetuto che la “tratta dei minori” è un crimine intollerabile, eppure esiste ed è praticata anche da cristiani che vanno in chiesa. La storia di questa bambina mi pare la parabola della condizione di tanti uomini e donne di questa nazione, che soffrono sotto il giogo dell’ingiustizia e non possono liberarsene.

Il lato buono è che la gente oggi sta prendendo coscienza, ne soffre, prevede giorni difficili, e tuttavia non perde quella speranza che la fede cristiana ha seminato nel cuore di chi soffre,

e qui celebra la Pasqua con tanto entusiasmo. “Il Signore è veramente risorto!”, e noi con lui!



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